Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Chi abbandona Dio, adora il vitello

Inserito il 10 Novembre 2013 alle ore 08:02 da Don Gianni Antoniazzi

In un mondo che vorrebbe essere razionale trionfano superstizione e magia. Chi non vuol essere servo di Dio finisce sempre per piegarsi al primo “vitello d’oro”.

Diciamo che Dio “imbruttisce l’uomo e avvilisce la razionalità”. In compenso accettiamo superstizione e mancanza di rispetto. Basta ricordare alcuni fatti degli ultimi giorni.

Al passaggio del carro funebre c’è sempre qualcuno che fa gli scongiuri. Ma se nella cassa ci fosse una persona amata cosa diremmo di chi “si tocca”? E sempre a proposito dei morti, mai come quest’anno ho sentito gente lamentarsi perché le piante e i fiori sistemati sulle tombe sono spariti il giorno dopo. Che mancanza di rispetto! Mi riferiscono poi che qualcuno disperde le ceneri dei propri cari senza alcun riguardo, anche dove i cani fanno la pipì. Se fosse vero… Accusiamo Dio di disturbare le coscienze, ma l’uomo senza Cristo diventa superstizioso e senza rispetto. Sempre a proposito degli ultimi giorni: al posto dei santi festeggiamo Halloween. Una crescita? Fra alcool e droghe è stato un bollettino di guerra.

È inevitabile: rifiutato Dio ci si piega al primo vitello d’oro. La storia va così da sempre. A proposito, nella sera dei defunti il casinò ha organizzato una sfilata di conigliette di Playboy. Boh! Il mio cervello funziona male.

don Gianni

Lettera Aperta del 10 novembre 2013 e Gazzetta dei Carpini

Inserito il 8 Novembre 2013 alle ore 08:18 da Redazione Carpinetum

Pubblicata anche online lettera aperta del 10/11/2013. Come sempre aspettiamo i vostri commenti via email!

Pubblicato inoltre un nuovo numero della Gazzetta dei Carpini con le immagini dell’alzabandiera al Germoglio il 4 novembre 2013.

Essere piccoli

Inserito il 3 Novembre 2013 alle ore 13:02 da Plinio Borghi

Essere piccoli non è solo una questione di statura: è anche un modo di comportarsi a livello intellettuale, morale,  umano, spirituale, ecc.. Sono tutti aspetti in cui ci è richiesto di crescere per vedere le cose da una prospettiva diversa che ci consenta di coglierne il meglio e il verso giusto. Altro è farsi piccoli, in quanto il presupposto è che siamo già cresciuti sotto ogni punto di vista, ma per capire il senso vero della rivelazione e del progetto divino dobbiamo essere umili, consapevoli dei nostri limiti e disponibili ad accogliere il dono che ci viene riservato (sono venuto a portare il lieto annuncio ai poveri). I santi che festeggiamo questa settimana sono divenuti tali per aver capito fino in fondo questo meccanismo e altrettanto dicasi per i defunti che sono oggetto delle nostre preghiere, essi pure santi, tanto che li definiamo anime sante del purgatorio. Sotto questo profilo è emblematica la figura di Zaccheo nel vangelo di oggi. Egli viene definito “piccolo di statura” e desideroso tuttavia di vedere Gesù, per cui sale sul famoso sicomoro. Leggo il suo essere piccolo anche moralmente, perché era il capo dei pubblicani e aveva accumulato ricchezza sulle spalle altrui. Il Maestro lo gratifica di un’occasione irripetibile e lui, per coglierla, deve salire, deve vedere e quindi dà il via ad una crescita che viene sublimata dalla decisione finale che sgorga dopo averlo ospitato a casa sua: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Zaccheo è diventato un grande nella misura nella quale ha voluto capire e si è annullato nella salvezza che gli è stata concessa. Ma il problema è: qual è la strada che tutti possiamo e dobbiamo percorrere per crescere? Semplice, ci è indicata dal vangelo del giorno dei Santi: beati i poveri di spirito, gli afflitti, i miti, gli assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati a causa della fede. In sostanza è il discorso della montagna che si conclude con un “rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. La garanzia ci è anche confermata oggi nel libro della Sapienza: “Poiché (Signore) tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato”.

Quanti timori per San Martini

Inserito il 3 Novembre 2013 alle ore 07:51 da Don Gianni Antoniazzi

L’11 novembre è San Martino: in questi giorni i proprietari di terreni allontanavano dalla campagna i mezzadri che non avessero rispettato gli accordi.

Vita dura quella del mezzadro. Con la famiglia si impegnava a coltivare un terreno altrui dividendo poi i prodotti al 50%, compresa la tassa “poderale” (100 lire nel 1936) e l’assicurazione. Il padrone dava la casa, ma a San Martino era libero di cacciarlo se non avesse rispettato il contratto. Qualcuno diceva che la mezzadria era un retaggio medioevale e nel 1964 è stata abolita. Punto. Qui però mi pare che siamo passati dalla padella alla brace.

Un dipendente fino a giugno lavora per lo Stato (già il 50%). Poi continua a pagare l’IVA sui consumi, le accise sui carburanti, l’IMU (o non so che altro) sulla casa, assicurazione e bollo sull’auto, la tassa sulla TV, il modello Unico o il 730, e … E quando lavora per la famiglia? Altro che medioevo: siamo decisamente peggio.

Almeno i vecchi proprietari avevano l’attenzione a non soffocare i mezzadri perché capivano che soltanto insieme si poteva crescere, altrimenti si sarebbe fatta insieme la fame. Non sempre lo Stato sembra altrettanto lungimirante.

Sale dunque spontanea una preghiera più moderna: San Martino dacci tutto il mantello (non il 50%) che ci serve per il freddo delle tasse e induci sentimenti di carità anche in chi regola l’economia. Se poi la preghiera non funzionasse dovremo attendere il 23 aprile e rivolgere la supplica a san Giorgio perché ci liberi dal drago dei tempi moderni.

don Gianni

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