Il cibo non va mai sprecato…
Inserito il 9 Agosto 2015 alle ore 12:06 da Plinio BorghiIl cibo non va mai sprecato: è un sacrosanto principio al quale siamo stati abituati fin dall’infanzia e che si traduceva nel raccogliere dalla tavola anche il più piccolo tozzo di pane; non solo per una questione di povertà, ma, specie nel mondo contadino, per il riutilizzo di ogni risorsa residua. Tale impostazione trae vigore dalla nostra cultura cristiana, se proprio Gesù, dopo il miracolo dei pani e dei pesci, fa raccogliere gli avanzi e l’evangelista si premura di annotare che se ne riempirono dodici canestri. Immaginarsi quanto mi si apre il cuore nell’assistere a certe scene ad opera degli scampati da guerre, fame e persecuzioni nei loro Paesi! Delle due l’una: o è una loro iniziativa, nel qual caso dovrebbero perdere ipso facto lo status di rifugiati ed essere rispediti da dove sono venuti, o lo è di qualcuno dei “nostri” fomentatori di professione, che fornisce loro tanto di cartelli scritti in perfetto italiano. In questa seconda ipotesi vanno individuati questi incolti patrioti e, come si faceva un tempo, rinchiusi per un buon periodo a pane e acqua. Più modernamente, si mettano gli uni e gli altri a coltivar patate in una delle tante isole deserte di cui non difettiamo. Per coerenza e tornando al filo conduttore di queste domeniche, quale fine pensiamo ci sia riservata se rifiutassimo il Pane della Vita che il Messia è venuto a portarci? Sembra una domanda retorica; invece merita di essere valutata, perché Dio è buono, infinitamente buono, ma non “tre volte bon”, come diciamo noi alla veneta. Provate a prendere il Salmo Responsoriale “Gustate e vedete come è buono il Signore”, leggetelo come la negativa di una foto e già abbiamo una prima risposta a suddetta domanda. Un altro spaccato dal Vangelo: “I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti”, “volete fare la stessa fine?”, sembra dire Gesù. Attenti, però: accostarsi al Pane disceso dal cielo è selettivo, non è un’abbuffata o un modo passivo per mettersi al riparo. La parte finale della Sequenza della festa del Corpus Domini si concludeva con le parole: “Ecce Panis Angelorum, factus cibus viatorum, vere panis filiorum, non mittendus canibus” (Ecco il Pane degli Angeli, fattosi cibo dei pellegrini, vero pane dei figli, da non dare in pasto ai cani). Quest’ultima frase, oggi, forse per ragioni animaliste (?!), è tradotta “non dev’essere gettato”, ma è forte l’originaria versione, anche perché non penso che, nella fattispecie, per “cani” si intendessero i nostri simpatici animali domestici. C’è ben da meditare.