Lettera aperta del 2 aprile 2017
Inserito il 29 Marzo 2017 alle ore 18:48 da Redazione CarpinetumAbbiamo inserito nel sito lettera aperta del 2/4/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Sabato scorso l’Unione europea ha celebrato se stessa. Sopra la capitale vuota giravano gli elicotteri militari, per le strade deserte c’erano i blindati speciali e 5 mila agenti sono stati pagati per assicurare la calma di fronte a qualche sparuto manifestante. In tutto: qualche migliaio di persone.
Nella sede isolata, i responsabili dell’Unione firmavano fogli bianchi, privi di vita per il futuro, e assicuravano la spartizione dei risparmi europei ai soliti noti. In mancanza dell’applauso di qualche amico, avrebbero voluto almeno l’attenzione dei nemici, ma anche quella non c’è stata. Questa è la nostra Europa. Per sessant’anni abbiamo immolato energie e valori sull’altare di Bruxelles ed ora par di raccogliere un pugno di mosche.
Sempre sabato scorso, il Papa venuto dalla fine del mondo, incontrava a Milano le folle, quelle vere. A Monza c’era un milione di persone e lo stadio di calcio, sempre vuoto per le partite di Milan e Inter, era zeppo di cresimandi che urlavano in trionfo.
Un uomo mite, che va ai servizi chimici come tutti gli altri, mangia in compagnia di carcerati e si attarda a salutare gli ultimi.
Le due situazioni, messe a confronto, stridono e fanno disperare per il futuro dei più giovani. Per carità: guai uscire dall’Europa. Anche Darwin ripeteva che nella storia ha più probabilità di sopravvivenza della specie chi si unisce e sa improvvisare soluzioni.
Serve dunque unità fra gli stati, non però un’Europa come questa che non propone vita, gioia, speranza, fecondità e futuro.
don Gianni
La fede ha bisogno di miracoli? Sembra una domanda retorica, se non fosse che tendenzialmente noi, diffidenti per natura (sebbene talvolta cadiamo nella creduloneria più becera), invochiamo il miracolo come prova di una certa attenzione o come soluzione ai nostri problemi ordinari o, ancora, come ultima risorsa, esperiti invano tutti gli altri tentativi. Tant’è vero che le vie verso i luoghi delle apparizioni o i santuari più famosi sono sempre frequentatissime. Anche nella gran parte delle nostre preghiere, sotto sotto, cerchiamo la cosiddetta concessione di una grazia speciale; gli stessi voti sono una sorta di do ut des: se mi concedi questo io mi impegno a fare quest’altro. Non siamo in buona sostanza tanto differenti da quei passanti che provocavano Gesù sulla croce: “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce e salva te stesso!”. Allora non bisogna credere ai miracoli? E come no! Siamo circondati dai miracoli, basta saperli riconoscere; la nostra stessa vita è un continuo miracolo. Il nato cieco che il vangelo di oggi ci presenta non si lagna, non chiede (se non l’elemosina), non invoca. Tuttavia il Messia si ferma, sputa per terra, con la polvere (che da quelle parti non manca mai) forma del fango che applica sugli occhi del disgraziato e, tale Padre tale Figlio, dal fango fa scaturire una vista inesistente. Il miracolo, però, non è per lui, che infatti scambia il Fautore per un profeta, ma per noi che osserviamo, perché la nostra fede ne esca più salda, come premette il Maestro al versetto 3, non riportato nel brano in lettura. In tanti altri casi, dopo, aggiunge: “Va, la tua fede ti ha salvato”. Quindi alla domanda iniziale la risposta è no, anzi, semmai è proprio il contrario e se la nostra fede è forte non solo compirà miracoli, ma saprà pure riconoscerli e trarne nuova linfa. Ma se non c’è, inutile sperare nel miracolo, non serve, come disse Abramo al ricco epulone nella parabola che lo vede protagonista con il povero Lazzaro. Anche il miracolato in argomento alla fine crederà, ma non per essere stato guarito, bensì perché “ha visto” e “ha capito”. San Paolo ci dice che pure noi eravamo tenebra e ora siamo luce del Signore. Allora bando a ricerche inutili, usciamo dall’alveo della preghiera stantia, facciamolo come Gesù ci ha insegnato, chiediamogli, come fecero gli apostoli, di rafforzare la nostra fede e comportiamoci, come dice Paolo, da figli della luce, rendendoci riconoscibili innanzitutto attraverso le opere di carità.
Immagino che tutti siamo già al corrente di questa notizia. Dal momento però che c’è sempre qualche distratto giova ricordare che in questa domenica, 26 marzo, c’è il cambio dall’ora solare a quella legale. L’orologio va portato avanti di un’ora (dalle 2 alle 3) con la conseguenza di perdere un po’ di sonno durante la notte. Raccomando dunque di prendere nota: capita ogni anno che qualcuno si presenti in chiesa col vecchio orario e si meravigli per la Messa ormai conclusa.
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 26/3/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Domenica 2 aprile ci sarà un fatto nuovo. Abbiamo proposto alle coppie che si preparano al matrimonio cristiano di fare il loro “fidanzamento” in modo pubblico davanti all’assemblea della Messa delle 12.00.
In questo periodo storico, infatti, si rischia di vivere il Sacramento del matrimonio in modo alquanto privato. La liturgia è celebrata generalmente di sabato e vi partecipano soltanto le persone invitate dagli sposi.
È bene capire invece che l’amore di coppia rigenera tutto il territorio: dona freschezza, entusiasmo e calore al tessuto sociale e civile. Chi vuole, dunque, il 2 aprile alle 12.00, con parole proprie, farà la “promessa di fidanzamento” e in questo modo si pensa di attenuare la distanza fra i sentimenti privati e la vita pubblica.
don Gianni
Non c’è verso: la sete è sete. Ed è inevitabile di non poter pensare ad altro, se non a come calmarla. Chi di noi non ha provato a soffrirne un po’? Magari in automobile costretti ad una coda estenuante sotto il sole (quando non c’era l’aria condizionata) o durante una passeggiata in montagna dopo aver faticato e sudato e via dicendo: è il secondo dei bisogni urgenti e ineludibili (il primo sappiamo tutti qual è!). E quando riesci finalmente a sedarla, tutto ti appare in una dimensione diversa, ogni cosa riprende il suo posto nell’ordine delle priorità. Però non esiste solo la sete fisica: come si è più volte ribadito, l’uomo deve attendere alle necessità del corpo e dello spirito e quindi abbeverare l’uno e l’altro. A conferma, si è anche detto che è la curiosità a tenerci vivi e pertanto, di contro, senza detto stimolo la vita si ridurrebbe allo stato vegetale. È quella che ci introduce alla conoscenza e allarga la nostra ottica mentale, culturale, spirituale, ecc., tutte cose indispensabili ad abbeverare lo spirito. Guardiamo ora cosa succede a Gesù oggi: anch’egli ha sete, ovvio, e si avvicina al pozzo, senza disdegnare, coerentemente con la sua predicazione, il contatto con la Samaritana che vi giunge per attingere. In lei scatta subito la curiosità: “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me..?”. Nel Maestro la sete fisica è soppiantata da un altro meccanismo più impellente: trasformare quella donna, provata dalla sua esistenza disordinata, in profeta, in testimone. L’evangelista non riferisce più se sia avvenuto o no lo scambio dell’acqua materiale, bensì emerge, nel crescendo del dialogo, la scoperta di “un’altra acqua”, quella che ti fa passare ben altra sete e una volta per tutte. Nella Samaritana cresce la voglia di abbeverarsene e riconosce il Messia, lo riconosce fonte viva ed avviene la trasformazione: corre a raccontare ai conterranei e a rendere testimonianza. Tutti, mossi dal desiderio che la lunga attesa aveva alimentato, superano il divario fra Giudei e Samaritani e riconoscono in Gesù il Salvatore. Bella la conclusione nelle parole da essi rivolte alla donna: “Non è per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”. Da allora, la sorgente inesauribile continua a sgorgare e chi vi si approccia calma l’arsura dell’anima. Se avete qualche dubbio, approfittate di questo tempo giusto per provare e poi mi saprete dire se non è così.
Don Gianni, don Mario, don Claudio, il diacono Franco, il Consiglio Pastorale e tutti i parrocchiani fanno i migliori auguri a don Armando per il suo 88° compleanno e pregano il Signore perchè gli conceda buona salute e tanti altri di questi giorni per continuare nel suo ministero e nei numerosi progetti caritativi aperti.
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 19/3/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
In questo periodo dell’anno la primavera mette entusiasmo: è luminosa fin dal mattino presto, melodiosa per gli uccelli, piena di fragranza. In questo clima festoso ci prepariamo alla Pasqua, che garantisce la vittoria sulla morte. E mentre il Vangelo offre questa certezza, la vita sociale scorre col suo grigiore. Per esempio: lunedì 13 marzo, la Camera doveva discutere il disegno di legge sul testamento biologico. Su 630 deputati, pagati per rappresentarci, appena 20 erano seduti sui banchi di Montecitorio. Durante il dibattito sono rimasti in 10. Uno di quelli usciti a prendere il caffè si è rivolto ai cronisti dicendo: “È lunedì e non sono previste votazioni. Non fate circolare le immagini dell’aula vuota, è normale quando c’è la discussione generale. È sempre stato così”. Come se in aula si stesse parlando non del “fine vita” ma del commercio di banane fra Burundi e Guatemala. Ogni primavera ha le sue gelate e per la fede ne dovremo sopportare molte: noi credenti non ci perdiamo d’animo. Basta tenere a mente che la vita è sempre feconda mentre la morte porta soltanto rovina.
don Gianni