Inserito il 31 Dicembre 2017 alle ore 11:20 da Plinio Borghi
La “crasi” inevitabile che deriva dalla concomitanza delle due festività, la Santa Famiglia e Santa Maria Madre di Dio, fa schizzare la figura della Madonna al di sopra di ogni altra presente; un po’ come è successo la settimana scorsa tra la IV d’Avvento e il Natale. Va da sé che il centro di tutto è e rimane Dio, che in questo periodo contempliamo nella sua incarnazione in quel Bambinello di Betlemme. Tuttavia, è Lui che ha voluto intervenire col Suo progetto di salvezza nella nostra storia, scegliendo, per renderla concreta, le nostre stesse vie ed era pertanto logico che la figura di Sua Madre avrebbe assunto quel ruolo che ogni madre di famiglia ha per noi, compreso quello di essere il perno attorno al quale tutto ruota, l’angelo del focolare, la grande donna che sta dietro ad ogni grande uomo ecc. ecc. Non sto qui ad elencare tutte le doti di una mamma, perché ognuno che legge le conosce benissimo. Ne rilevo una in particolare: quella di essere mediatrice fra i famigliari e non di rado interceditrice, specie per conto degli elementi più deboli. Ed è proprio questo il ruolo che caratterizza Maria da sempre e al quale il Creatore stesso non si è sottratto, sancendone la funzionalità addirittura con la sua assunzione in cielo, prima fra le creature che un giorno seguiranno il medesimo percorso, e incoronandola (poteva far di meno con Sua Madre?) Regina degli angeli e dei santi. Con ciò, la festa della Santa Famiglia ci ricorda anche il ruolo essenziale di Giuseppe, che, nonostante le grandi figure da cui era circondato, non ha perso un net del suo protagonismo, anzi, diciamo che ne ha sicuramente guadagnato, dal momento in cui si è reso conto, pur non capendo, che attraverso la sua sposa si stava realizzando un enorme progetto, il progetto divino per eccellenza, che lui avrebbe dovuto favorire e non intralciare. Giuseppe è e rimane un richiamo per tutti noi, che, ciascuno per la propria parte, siamo chiamati non solo a corrispondere alle aspettative di Dio nei nostri confronti, ma anche ad essere a nostra volta strumenti di salvezza. Il primo passo, essenziale, è quello di perseguire in primis, sempre e ovunque la pace, rifuggendo e condannando ogni forma di conflitto, comunque inutile. Non a caso il capodanno è stato proclamato giornata mondiale della Pace. A tutti rivolgo l’augurio contenuto nella prima lettura dell’uno, dal libro dei numeri, che invito ad andarsi a rileggere.
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Inserito il 28 Dicembre 2017 alle ore 16:03 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 31/12/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 28 Dicembre 2017 alle ore 15:33 da Don Gianni Antoniazzi
Nell’ultimo giorno dell’anno la comunità si raccoglie nel ringraziamento per l’amore di Dio è questo il senso del canto del “Te Deum”. Un atteggiamento prezioso che va riscoperto.
Il Vangelo ricorda l’episodio di 10 lebbrosi guariti da Gesù per la loro fede. Uno soltanto fra loro torna a ringraziare per il beneficio ricevuto: era uno straniero. E il Signore sottolinea che per questo motivo egli riceve la salvezza in modo compiuto. Il vero miracolo non è la guarigione fisica, ma entrare nella dimensione della gratitudine.
In effetti per nessuno di noi è facile ringraziare. Non è un elemento spontaneo nel linguaggio del bambino. Presuppone la comprensione dell’altra persona, la vittoria sul proprio ego e la capacità di non sentirsi autori della propria esistenza.
Per essere grati bisogna comprendere e accettare l’esistenza dell’altro, capire che da lui riceviamo molto e non siamo capaci di bastare a noi stessi. Bisogna riconoscere questo fatto: “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?” (2 Corinti 4,7). Un uomo maturo non vive avvolto di cupidigia e di voglia di potere. Capisce che la più grande ricchezza è suscitare vita e riconosce che la sua stessa vita è sempre un dono, fiorito e sostenuto dalle mani di Dio.
Così la nostra fede non è uno sforzo intellettuale o un ossequio a tradizioni, ma un rendimento di grazia (un’Eucaristia) per la vita, il tempo, la risurrezione, la completezza nelle nozze senza tramonto. Anche nel momento del dolore il credente riconosce che “tutto è grazia”, che l’amore del Signore precede, accompagna e segue la sua vita. “È veramente giusto, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie a Dio per Gesù Cristo, nostro Signore”. è tanto più prezioso, vista la chiusura narcisistica e individualistica del nostro ambiente europeo.
don Gianni
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Inserito il 24 Dicembre 2017 alle ore 09:41 da Plinio Borghi
Ormai ci siamo: è qui! Crastina die delebitur iniquitas terrae et regnabit super nos Salvator mundi (domani saranno cancellate tutte le malefatte della terra e regnerà su di noi il Salvatore del mondo): era l’aggiunta all’Invitatorio che s’inseriva all’ultimo giorno della novena di Natale e che si concludeva poi col versetto Prope est iam Dominus, venite adoremus (il Signore è già vicino, venite ad adorarlo). è quasi messa in ombra la liturgia di questa quarta domenica d’Avvento, che cade proprio a ridosso del Santo Giorno, tanto aleggia ormai nell’aria il profumo del Bambino che sta nascendo. Pure il clima mondano sta un po’ cedendo al fenomeno, è già festa. Tuttavia viene da chiedersi se e come si sia compreso fino in fondo il significato di ciò che stiamo vivendo. Difficile, anche per il più assiduo praticante, visto che il vangelo di oggi riprende il racconto dell’Annunciazione; probabilmente per invitarci ad assumere l’atteggiamento di apertura e di disponibilità tenuto da Maria, anch’ella attonita, in quella circostanza. Altrimenti, subentra una presunzione impropria che è peggio di una chiusura, perché non è dato a noi di penetrare il grande mistero, ma solo di prenderne atto. Infatti, nella Messa del giorno di domani si legge l’incipit del Vangelo di Giovanni, lo stesso che un tempo veniva proclamato alla fine di ogni Messa, proprio per stoppare “fughe in avanti”. “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta”, si dice ad un certo punto, al di là delle più recenti traduzioni. Chi erano e chi sono le tenebre? Proprio coloro che sono convinti di sapere una parola in più del libro, che credono di aver capito tutto, che di fronte al mistero non fanno “tabula rasa” dei loro pregiudizi e delle loro arroganze, della loro presunzione appunto: non comprenderunt, diceva esattamente il testo latino, si sono cioè rifiutati di “prendere” il “pacco regalo” così com’era; non si astengono dal volerne per forza analizzare il contenuto. Costoro saranno destinati a non vedere nemmeno la Gloria del Figlio unigenito, come lo stesso brano ci assicura. Noi sappiamo, ce l’ha detto il Battista, che in quel pacco c’è un progetto di salvezza e che è per tutti. Tanto ci basta per capire come la venuta del Messia, rivelazione del Padre, vada vissuta nella più ampia accoglienza e analogamente partecipata: non può essere un gesto passivo né ci è consentito di tenere la gioia tutta per noi. In questo senso l’augurio di BUON NATALE va rivolto con entusiasmo a tutti.
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Inserito il 21 Dicembre 2017 alle ore 17:46 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 24/12/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 21 Dicembre 2017 alle ore 16:33 da Don Gianni Antoniazzi
La cultura mondana offusca il senso del Natale e noi ci lasciamo andare a mille stupidaggini. Spetta ai cristiani di ritrovare l’annuncio del Vangelo e quindi raccontarlo senza paura di divisioni.
Dorotea Russo, dirigente della scuola “Italo Calvino” di Via Frigia (Milano), domenica 17 ha organizzato la “Grande festa delle buone feste”. Nessun riferimento al Natale, per non discriminare alcuno. Massimo Gramellini, giornalista acuto, scrive: “Quale enorme danno può creare nella psiche di un bambino la decisione arrogante, tipica della mentalità competitiva occidentale, di stabilire una gerarchia tra feste presunte grandi e feste medie, medio-piccole, festicciole e, non sia mai, festini…!”. E continua: “Anche la parola festa è senza rispetto verso chi non ha proprio nulla da festeggiare”.
In ogni caso, dunque, si finisce per urtare la sensibilità di qualcuno a meno che non si smetta di averne una di propria. “Nel mondo slavato dei non luoghi e delle non identità, l’unica soluzione è la negazione perpetua”, ha annotato Gramellini. Arriveremo alla versione “Non auguri di non buone feste di non Natale?”.
Chi cerca “Natale” nelle immagini di Google trova palline, gatti, luci, stelle, renne, babbi Natale, pupazzi, alberi, vischio, campanelle, candele, slitte, neve, spumante, panettone, anche donne mezze nude, ma nessun Cristo Signore fra le prime 500 immagini.
La colpa è di noi cristiani che non conosciamo più la ragione della nostra fede. Se siamo di Cristo annunciamo il Natale del Vangelo. Se riduciamo la festa ad un banale “vogliamoci bene” e a una preghiera per la pace, anche il più struzzo dei tacchini sentirà che la fede è in agonia e chiederà che, in Italia, il cadavere del Cristianesimo venga sepolto. L’annuncio del Natale ha un’energia esplosiva: Cristo-Dio rinnova per noi la sua presenza nella storia, la guarisce, la risana e noi nasciamo come Suoi figli. Se questo non ci rallegra ci siamo oramai assuefatti a tutto.
don Gianni
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Inserito il 19 Dicembre 2017 alle ore 19:45 da Redazione Carpinetum
Abbiamo pubblicato i sussidi per la Veglia di Natale realizzati negli ultimi tre anni dal Gruppo sposi.
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Inserito il 17 Dicembre 2017 alle ore 11:02 da Plinio Borghi
Un sano protagonismo è quanto di più efficace e corretto si possa richiedere per portare avanti un ruolo di prestigio, soprattutto se l’azione implica il conseguimento di obiettivi impegnativi e rivolti a un bene comune, sia esso privato che pubblico. Comporta ovviamente l’assunzione piena delle proprie responsabilità e ciò non implica tuttavia l’arrogarsi titoli o funzioni che non competono ed esclude pertanto l’indebita invasione di campi altrui. La falsa modestia o, peggio, l’operare sotto vento per eludere implicanze dirette sono forme deleterie e intralciano il percorso. L’opposto è usare del protagonismo a soli fini personali, per appagare il proprio ego, senza alcun obiettivo se non quello di ostacolare gli altri, nella presunzione che la loro collaborazione ti metta in ombra: la classica malattia da protagonismo, molto più diffusa, purtroppo, e che è causa sovente di divisioni e contrapposizioni speciose, fenomeno che si riscontra palesemente in politica. Il Giovanni Battista che la liturgia odierna ci propone è un vero protagonista, investito di un compito non da poco: fare da apripista al Messia inquadrando le regole comportamentali per accoglierlo adeguatamente; non solo, ma indicandolo quand’è il momento, affinché non vi siano dubbi su chi sia la vera figura cui va rivolta l’attenzione. Si dà tanto da fare, il Battista: richiama, battezza e predica con autorità, tanto da essere scambiato egli stesso per il Salvatore atteso; ma egli correttamente non ingenera equivoci e, a chi lo interroga in proposito, precisa: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo”. Bello il dialogo che precede questa affermazione conclusiva: sembra quasi di assistere ad un’antesignana trasmissione de “I soliti ignoti” in onda su Rai uno dopo il TG! Dagli indizi sembrava che… e invece: “No, non sono io il Cristo”. E c’è una correlazione, in effetti: se si cerca bene e si arriva al personaggio scatta il premio. L’Avvento serve ad affinare la nostra ricerca, Gesù non lo si trova per caso e la strada da seguire è proprio quella che ci indica la “voce che grida nel deserto”. Ancora oggi, se si passa attraverso Giovanni il Battista, mediante una seria introspezione cui far seguire la vera conversione, allora saremo gratificati anche di quel Battesimo di Spirito e fuoco che solo Gesù è venuto a portarci. Il protagonismo di Giovanni Battista non si è esaurito duemila anni fa, ma è ancora attuale e funzionale.
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Inserito il 13 Dicembre 2017 alle ore 15:14 da Don Gianni Antoniazzi
Il Natale si avvicina a passi veloci e la celebrazione rinnova per noi la grazia dell’incontro con il Salvatore. Si badi bene: ogni appuntamento merita attenzione, ma non si può dimenticare che il centro è Gesù Cristo.
Durante un pranzo don Mario ci ha raccontato un episodio simpatico sui preti. Per la processione del Corpus Domini il parroco aveva mosso il paese: c’era la banda, le donne con drappi eleganti, i bambini con i cesti di fiori, le maestranze più rinomate e i chierichetti al gran completo; non mancava nessuno. Il sacrestano e gli aiutanti avevano preparato il baldacchino con i candelieri, l’ostensorio dorato, le torce e il turibolo con l’incenso. La corale aveva intonato i canti tradizionali e la processione si era incamminata per uscire di chiesa. In quel momento un chierichetto cominciò a tirare la tonaca del prete e quello borbottò: «Cosa vuoi adesso?». «Monsignore – disse il ragazzo – nell’ostensorio manca l’Ostia». Al chè il parroco, infastidito e contrariato, rispose: «Cosa pretendi? Sono solo, non posso mica pensare a tutto».
Il racconto vale per la nostra preparazione al Natale. Nei prossimi giorni avremo parecchi impegni perché la festa del Signore sia completa: cene e pranzi con i parenti, regali e addobbi, manifestazioni e recite. Non accada di dimenticare il “festeggiato”. Il modo migliore per scongiurare il pericolo è dedicare ogni giorno qualche istante alla preghiera, celebrare la Messa e fare comunione con Dio. Mi permetto di suggerire la lettura del vangelo di Marco e di invitare tutti, la notte del 24 dicembre a mezzanotte o il giorno del 25, alla celebrazione della Santa Messa.
don Gianni
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Inserito il 13 Dicembre 2017 alle ore 15:06 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 17/12/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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