Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Di che amore vogliamo parlare?

Inserito il 31 Ottobre 2021 alle ore 10:01 da Plinio Borghi

Di che amore vogliamo parlare? Penso che non vi sia argomento più trattato al mondo sotto ogni aspetto, tanto che non è un’iperbole affermare che è l’amore che muove tutto. Non c’è pagina di letteratura, in prosa o in poesia, che non lo tiri in ballo; non c’è opera d’arte che non sia ispirata, direttamente o indirettamente, dall’amore; non c’è azione che non discenda comunque da esso, se buona per la sua presenza se cattiva per la sua negazione. La nostra stessa esistenza è frutto di un atto d’amore, quello divino che ci ha creato e quello di chi ci ha generato, entrambi della stessa natura e il secondo conseguenza di un preciso mandato ricevuto dallo stesso Creatore. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se Gesù ha sintetizzato tutta la Legge in un unico comandamento: ama Dio e ama il prossimo. Sembrano due atti distinti, tant’è vero che anche nel vangelo di oggi, interpellato in proposito, li definisce come primo e secondo. Di fatto è uno, perché non può esistere amore per Dio senza quello per il prossimo, solo attraverso il quale passa e il riconoscimento della Sua presenza e l’espressione più sublime della Sua creatività. A questo punto c’è da chiedersi se vi siano differenze di tipologia e quali siano, se anche il nostro Maestro fa i dovuti distinguo per l’amore cristiano. In effetti vi sono diverse espressioni sentimentali e affettive, ma non tutte possono essere assimilate all’amore pur discendendo la maggior parte dalla medesima radice, come lo sono senza dubbio il bene per il proprio partner e quello per i propri figli. Spesso, purtroppo, si travisa e si devia, per cui parecchie espressioni sono improprie e andrebbero reimpostate e incanalate nella giusta direzione. L’amore cristiano è un gradino più su e viene definito dallo stesso Gesù: “semplicemente” ascolto e messa in pratica della Parola, riassunta nel Vangelo. Anche qui c’è una gradualità, che parte dal riconoscere nel prossimo, specie se diseredato ed emarginato, la stessa figura di Cristo (ricordiamoci a tal proposito il cap. 25 di Matteo: ogni volta che l’avete o non l’avete fatto a uno di questi l’avete o non l’avete fatto a me) e arriva alla sequela totale col sacrificio di tutta la propria vita, cosa che il giovane ricco del vangelo qualche settimana fa non se l’è sentita di fare. Ma il punto di partenza sarebbe già una situazione accettabile dell’amore cristiano, per essere riconosciuti veri discepoli, per dare quell’esempio trainante che diventa testimonianza. Attenti, però, a non farne qualcosa di formale, che appaghi solo il nostro protagonismo, altrimenti diventa solo buonismo e non è più quell’Amore.

Torna l’ora solare

Inserito il 28 Ottobre 2021 alle ore 10:15 da Redazione Carpinetum

Da questa domenica, 31 ottobre, torna l’ora solare.
Gli orologi vanno portati indietro di 60 minuti.

Le Sante Messe avranno il solito orario.

Lettera aperta del 31 ottobre 2021

Inserito il 27 Ottobre 2021 alle ore 20:19 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 31/10/2021. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Lettera aperta e altre informazioni sulla parrocchia possono essere consultate anche tramite il nostro bot Telegram ufficiale:
https://t.me/ParrocchiaDiCarpenedoBot

Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.

La Santità è frutto di Cristo

Inserito il 27 Ottobre 2021 alle ore 20:11 da Don Gianni Antoniazzi

Non abbiamo bisogno di santi “di successo”, di persone occupate a fare il bene per proprio conto Ci serve gente capace di lasciarsi purificare dallo Spirito del Risorto: solo così ci sono i frutti veri.

I Santi e i beati degli ultimi decenni sono tanti: ultimo Albino Luciani ma con lui molti, quanti mai in passato. È segno anche di una fede che cresce, in tutto il pianeta. Eppure, si fatica a riconoscere i santi della porta accanto, quelli “vicini”. Non distinguiamo “l’amico di Dio” nella gente che collabora a stretto contatto con noi perché il nostro sguardo accentua le fragilità e le povertà della natura umana più che le ricchezze dell’animo.

Purtroppo, viviamo in una cultura in cui si privilegia il sensazionale. Come ha detto qualcuno, “anche la santità si misura in pollici”: molti cercano non il discepolo del Signore, ma l’ecclesiastico di successo, il trascinatore di folle, l’opinion leader, la star mediatica cui si chiede una parola a basso prezzo su qualsiasi evento. Una ricerca come le api: di fiore in fiore.
Sarebbe invece meglio la strada dei ruminanti che non si fermano ai fiori ma digeriscono l’erba del campo e portano latte in abbondanza.

Ci viene in aiuto la festa di tutti i Santi, la celebrazione che mette l’accento sulla santità feriale. Nel cuore dell’autunno, dopo tutte le mietiture, i raccolti e le vendemmie delle campagne, raccogliamo i frutti suscitati dall’amore e dalla grazia del Signore in mezzo agli uomini.

don Gianni

Nascere ciechi o diventarlo

Inserito il 24 Ottobre 2021 alle ore 10:04 da Plinio Borghi

Nascere ciechi o diventarlo: qual è lo stato peggiore? Ce lo saremo chiesti chissà quante volte vedendo qualcuno colpito da tale disgrazia. In entrambi i casi abbiamo un elemento che lenisce la situazione: i ciechi nati non possono sapere del tutto cosa non è stato concesso loro; chi lo è diventato dopo lo sa, ma almeno ha modo di avere un ricordo positivo, una conoscenza che rimarrà viva dentro di sé. È sufficiente per dare un appiglio alla sopportazione, piuttosto che niente? Non serve la risposta: è così e tanto basta a tenerne conto. Poi sarà compito di ciascuno, in base al carattere e agli interessi che si creerà nella vita, fruirne. Io, da “profano”, ho sempre pensato che a stare peggio sia la seconda categoria, specie se ci sono state delle circostanze causali favorite da un comportamento non corretto, per cui al danno si aggiunge anche la quota di rimorso per non aver potuto o saputo evitare il nefasto epilogo. Fin qui avremmo discorso di lana caprina, se non fosse che, sul piano religioso, quello della cecità diventa un preciso riferimento sulla questione della fede, il cui occhio pure ci apre a un mondo di verità e di prospettive altamente appagante. Anche qui esiste chi non ha mai avuto questo dono e quindi non può essere consapevole di ciò che gli è stato negato, anche se, purché vedesse quanto gli altri la tengono da conto e ne godono, avrebbe la percezione di qualcosa di molto prezioso. E c’è chi invece l’ha trascurata, non l’ha sufficientemente alimentata, l’ha fatta assopire fino a non riuscire più a vedere con quell’occhio speciale. Questi non solo ha danneggiato sé stesso, ma offre il brutto esempio anche ai primi, che soltanto attraverso lui avrebbero la possibilità di sentirne il profumo e di sognare. Ebbene, se costui avesse la possibilità di incontrare Gesù, come il Bartimeo del vangelo di oggi, cosa pensate che gli chiederebbe? “Maestro, fa che io veda di nuovo!” Nemmeno il figlio di Timeo (è raro che l’evangelista sia così anagraficamente dettagliato) era cieco dalla nascita e nell’impatto col Nazareno si rende conto di quanto aveva perso, per cui altro non gli poteva chiedere e, ottenuta la grazia, non c’è di che meravigliarsi se ha preso subito la decisione di seguirlo. Allora stiamo attenti: uno dei fattori che portano la cecità della fede è proprio l’indifferenza, la stessa che non ci consente di cogliere l’occasione del Signore che passa per farci rivivere l’entusiasmo di servirlo. E finire col morire da ciechi è proprio la peggior iattura!

Lettera aperta del 24 ottobre 2021

Inserito il 20 Ottobre 2021 alle ore 17:14 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 24/10/2021. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Lettera aperta e altre informazioni sulla parrocchia possono essere consultate anche tramite il nostro bot Telegram ufficiale:
https://t.me/ParrocchiaDiCarpenedoBot

Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.

Il tempo, dono prezioso

Inserito il 20 Ottobre 2021 alle ore 16:37 da Don Gianni Antoniazzi

Il tempo è unico: non si può acquistare né immagazzinare. Si sa che molti ne vorrebbero di più
e non sono contenti di come lo spendono. Per viverlo appieno serve maturità, riposo ed equilibrio

Fra le tante ricchezze c’è il tempo. Scorre rapidamente nei momenti sereni; sembra bloccarsi nelle circostanze dolorose. Secondo alcuni il Covid ha spento la speranza e rovinato la memoria dei fatti lieti. Così, senza futuro né passato, viviamo inquieti anche l’istante presente. Molti avvertono la stanchezza, se non addirittura uno stress quotidiano.

A san Pietro di Feletto c’è un affresco posto sulla facciata della chiesa. È un celebre “Cristo della domenica”. L’immagine è rivolta ai contadini cristiani. Attraverso segni simbolici elenca i lavori che, se compiuti in giorno di festa, provocano ferite a Cristo. Era parte di una catechesi che, per secoli, ha educato il popolo ad avere un giorno di riposo alla settimana. Serviva a sollevare lo sguardo dalla fatica e dagli impegni. Era lo strumento per contemplare con gioia la libertà di essere in pace. Era lo strumento per dare valore pieno al tempo.

L’immagine torna buona per quest’epoca. Nonostante l’evoluzione tecnologica gli impegni ci raggiungono, anzi, per alcuni, il week-end è il momento più stressante della settimana. Secondo la Genesi anche Dio nel settimo giorno riposa: così diventa il Signore. Se per Israele c’è il comando del riposo sabbatico, non è per tirannia, ma per la vita del popolo. È il modo per avere un tempo pieno. In fondo il lavoro più importante è realizzare sé stessi, non le opere. Che sia anche per mancanza di riposo autentico che accadono tanti incidenti nel lavoro quotidiano?

don Gianni

Voglia di protagonismo gratuita

Inserito il 17 Ottobre 2021 alle ore 10:00 da Plinio Borghi

Voglia di protagonismo gratuita: è la gamba sulla quale andiamo zoppi un po’ tutti. Ci piacerebbe che, senza tanto sforzo, ottenessimo un buon risultato negli studi, quel posticino in carriera cui tanto aneliamo, l’ammissione al concorso che ci aprirebbe parecchie porte, un piccolo successo per avere un trampolino di lancio verso qualcosa di più consistente e via dicendo. Invece la vita, nella quasi totalià dei casi, ci chiede sacrificio, determinazione e costanza, lasciandoci il più delle volte, a bocca asciutta o non completamente soddisfatti. Tuttavia, l’impegno non può stemperarsi, altrimenti otterremmo ancor meno: la gratuità non è quasi mai all’ordine del giorno e anche le botte di fortuna lasciano il tempo che trovano. Basti vedere la fine che fanno certe somme vinte alla lotteria, specie se cadono in mani sbagliate, o i soldi accumulati con investimenti fin troppo facili. Sono aspetti che evidentemente non hanno confini temporali o territoriali, se già ai tempi di Gesù e fra i suoi stessi apostoli serpeggiavano atteggiamenti di tal fatta che tendevano ad una sistemazione di prestigio, non in questa vita, ma addirittura nell’altra. Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, cullavano sogni di gloria e anelavano a sedersi nel Regno l’uno alla destra e l?altro alla sinistra del Salvatore. Le regole che valgono per questo mondo pieno di limiti, però, sono ancor più richieste per il mondo perfetto che ci riserva la vita eterna. Li aveva appena intrattenuti il Maestro sulle difficoltà di superare l’ingresso definitivo, con l’episodio del giovane ricco (v/il vangelo di domenica scorsa), per cui è stato perentorio e conseguente nel rispondere oggi: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo..?”. Era ovvia la risposta entusiasta dei due pretendenti: “Lo possiamo”, ma era chiaro che non sapevano ciò che effettivamente li avrebbe attesi. Senza nulla togliere alla veridicità della loro disponibilità, e il Messia gliene dà atto, l’occasione è buona per riprendere l?idea non tanto di un eventuale martirio eroico in difesa della fede, quanto di una fede espressa giorno per giorno nella carità, nel servizio agli altri, nei continui gesti di disponibilità, ad imitazione di Gesù stesso, che non è venuto per farsi servire, bensì per servire e dare la propria vita in riscatto per tutti. Quanto poi a “prenotare” il posto al banchetto celeste, è un’altra versione di protagonismo gratuito. Lasciamo fare al Padre e accontentiamoci di esserci.

Lettera aperta del diciassette ottobre 2021

Inserito il 14 Ottobre 2021 alle ore 10:31 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 17/10/2021. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Lettera aperta e altre informazioni sulla parrocchia possono essere consultate anche tramite il nostro bot Telegram ufficiale:
https://t.me/ParrocchiaDiCarpenedoBot

Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinit di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.

Tornare a vivere appieno

Inserito il 14 Ottobre 2021 alle ore 10:04 da Don Gianni Antoniazzi

L’anno scorso in questo periodo il Covid aveva rialzato la testa costringendoci alla prudenza
Durante le ultime settimane si registra invece una tendenza che fa ben sperare per il futuro.

Il salmo 89 riflette sul valore del tempo: “L’uomo è come l?erba; il mattino fiorisce e la sera è falciata e dissecca; la vita dura 70 anni, 80 per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica e si dileguano presto”. È necessario vivere il tempo da protagonisti: è breve e passa.

Tutti sanno quanto la parrocchia e le sue strutture siano state prudenti in questi mesi. L’anno scorso con l’apertura della scuola c’è stata una forte crescita nella pandemia. Al rovescio, in questo periodo i contagi continuano a scendere. Chi, se vaccinato, viene contagiato riduce di gran lunga le conseguenze. È forse arrivato il momento per iniziare una ripresa?

Certo, il pianeta è ancora esposto al Covid e le nuove varianti possono fiaccarci. Manteniamo i dispositivi sanitari. Grazie ai vaccini e al progresso della medicina possiamo però riacquistare serenità nell’avvenire. È importante dunque rialzarci e cominciare a percorrere anche strade nuove, se serve.

A breve ricomincia il doposcuola, il Ritrovo, le pulizie del patronato, il canto, i momenti conviviali al Don Vecchi. Chi purtroppo non ha potuto o non ha voluto fare il vaccino dovrà stare un passo indietro: troppo alto il rischio. Gli altri, però, possono accelerare. Serve ogni tipo di contributo: chi ha immobili sfitti riduca l?affitto; chi viene alla Messa delle 10:45 si rimbocchi le maniche e dia fiato alla preghiera. Ogni settore può fare qualcosa, il ventaglio è vasto e ce n’è per tutti.

don Gianni

« Articoli precedenti