Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Lettera aperta del 2 luglio 2017

Inserito il 29 Giugno 2017 alle ore 16:58 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 2/7/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Don Lorenzo Milani 50 anni dopo

Inserito il 29 Giugno 2017 alle ore 15:43 da Don Gianni Antoniazzi

Il 26 giugno 1967 moriva il celebre sacerdote “progressista”, scomodo per alcuni, profetico per altri. Fu anzitutto educatore nel villaggio di Barbiana. Oggi Papa Francesco lo indica come riferimento

Concluse le lezioni, mentre molti hanno completato gli esami, propongo qualche riflessione sulla nostra scuola.

Lo faccio ricordando un illustre educatore, don Lorenzo Milani che nel 1954, a 31 anni, fu mandato in esilio a Barbiana, borgo sconosciuto degli Appennini. In piena crescita economica il progresso lì non era arrivato: niente acqua, né luce, né strade. Ci vivevano quaranta anime. Eppure in pochi anni, grazie a questo prete, Barbiana diventò un luogo conosciuto a tutti e non solo in Italia.

Nacque lì, nel 1958, il testo “Esperienze pastorali”, visto da molti come concreto e profetico contributo al Concilio Vaticano II. La Curia romana lo vietò ufficialmente, ma non ne impedì la pubblicazione. Del 1965, è invece ricordato col titolo “L’obbedienza non è più una virtù”: pur rivolto ai cappellani militari formò la coscienza di molti sacerdoti. Nel maggio del 1967 fu data alla stampa la “Lettera a una professoressa”, libretto rosso del movimento del sessantotto italiano.

Per don Milani la scuola è introduzione alla vita, anello fra passato e futuro, laica (non laicista), frutto di insegnanti che esercitano non per professione, ma per vocazione, che sanno amare, che mettono gli alunni a conoscenza della realtà. Il testo è letto da alcuni come fine dell’autorità degli insegnanti, della voglia di studiare dei ragazzi, dello stare in disparte dei genitori, insomma, il “donmilanismo”.

Comunque la si voglia vedere, queste indicazioni lungimiranti potrebbero sostenere il ripensamento della scuola contemporanea, che talora rischia di allontanarsi dalla realtà.

don Gianni

Siamo alle minacce?

Inserito il 25 Giugno 2017 alle ore 10:19 da Plinio Borghi

Siamo alle minacce? Vi sono parecchi atteggiamenti nei quali Gesù rivela in pieno la sua natura umana. Il più significativo per me resta quando i mercanti al tempio gli fecero saltare la mosca al naso per aver ridotto “la casa del Padre a una spelonca di ladri”. E giù fustigate, ribaltamento di banchi e soldi sparsi ovunque. Forte! Beh, neanche oggi scherza più di tanto e sostanzialmente ci rinfaccia tutta l’attenzione che Dio ha per noi, quasi riecheggiando la prima lettura: se il Signore è al nostro fianco, di che cosa possiamo aver paura? Infatti ci rimprovera il nostro timore per gli uomini, che alla fin fine minacciano solo il corpo, ma non l’anima, portando l’esempio del valore di due passeri, da non mettere in confronto con noi, o di un capello della nostra testa: in entrambi i casi nulla potrà accadere che il Padre non voglia e solo il Padre ha il potere di gettare corpo e anima nella Geenna. Ecco, siamo alle minacce a causa della nostra poca fede e della scarsa capacità di rendergli testimonianza. “Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”. Minaccia con aggiunta di ricatto. Mi piace questo Maestro che si rapporta al nostro livello. Quante volte, per molto meno, siamo disposti a coartare il prossimo! “Se no ti fa quel che te digo mi…”. “Xe tre volte che ciamo mi e lu gnanca ′na volta. S’el speta che mi lo ciama ancora…”. “Dighe ch’el me vegna darente dopo quel ch’el me ga fato e…”. E via dicendo: il florilegio delle nostre minacce e ricatti non ha fine. Almeno il Messia ne ha ben donde e ce lo ricorda San Paolo nella seconda lettura, quando lo pone in antitesi con Adamo: per colpa di un solo uomo siamo stati intaccati tutti dal peccato e per il sacrificio di un altro uomo, il Cristo, ne siamo stati liberati. Dopo di che brancoliamo ancora nella più becera incertezza se il nostro Salvatore ci sollecita a rivelare ai quattro venti ciò che ci ha predicato? Siamo ancora titubanti di fronte agli uomini, se abbiamo Dio al nostro fianco, come dice Geremia nella lettura citata? Dice: sì, è vero, ma.. e la misericordia? Non cerchiamo di confondere capre con cavoli e di mescolare le idee: la misericordia si ottiene solo con atti di coraggio; coraggio nel riconoscersi manchevoli e coraggio nel riprendersi. I tiepidi il Signore li rigetta dalla sua bocca: lo dice nell’Apocalisse.

Lettera aperta del 25 giugno 2017

Inserito il 21 Giugno 2017 alle ore 19:32 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 25/6/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Cosa dà scandalo?

Inserito il 21 Giugno 2017 alle ore 19:09 da Don Gianni Antoniazzi

È impossibile che non avvengano scandali ma guai a chi li compie: meglio per lui una pietra al collo (Lc 17,1-2). La Chiesa resta sempre fragile altrimenti non sarebbe servita la Croce. Riconosciamo però dov’è lo sbaglio

A Staranzano del Friuli un capo scout s’è sposato civilmente con un assessore di maggioranza: maschi entrambi. Il cappellano, da 40 anni in parrocchia e molto più vecchio del parroco, ha organizzato una cerimonia stravagante, ostentata sui social in segno di protesta alla Chiesa. Pazienza: fatti isolati, che oltretutto mostrano mancanza di unità e di buon gusto dentro certe comunità cristiane.

C’è di più: vicino a Napoli, Nello Ruggiero, parrucchiere di Sant’Antonio Abate ha pensato di sposarsi con se stesso, con pubblicità su una radio locale (Radio Cusano Campus). Si tratta ancora di un fatto bizzarro e del tutto singolare. Non tocca il Vangelo che da anni viene riproposto con coraggio, anche per l’alta proposta sull’amore di coppia.

Altra cosa, invece, è il matrimonio di sabato scorso. In una chiesa di Venezia si sono celebrate delle nozze che forse poco avevano a che fare con la fede e la comunità di Cristo. Alice Campello (modella blogger) e Alvaro Morata (calciatore del Real) hanno organizzato una celebrazione avvolta dalla vita mondana, ripresa sui social, una commedia o forse un teatrino con grande sperpero di denaro. Fatti simili continuiamo a compierne molti. Questi eventi generano confusione (scandalo) in chi con fragilità cerca il Vangelo. Pare infatti che la Chiesa insegua la mentalità del mondo. Dopo questi eventi non è facile, in parrocchia, proporre alla gente il matrimonio come Gesù l’ha pensato, specchio del suo amore completo per ciascuno di noi.

A Roma si è avuto il coraggio di reagire di fronte a certi eventi organizzati dalla mafia. Qui la mafia non centra di sicuro ma c’è il dio mammona che rischia di rovinare anche gli affetti più sacri.

don Gianni

“Una caro”, un’unica carne

Inserito il 18 Giugno 2017 alle ore 09:44 da Plinio Borghi

“Una caro”, un’unica carne. Quante volte, dalla Genesi in poi, ne abbiamo sentito parlare con riferimento al rapporto di coppia! Ed è l’unica condizione, peraltro, per generare e salvaguardare la specie: andate e moltiplicatevi è l’ordine stesso del Creatore. Tuttavia, ci sono altri momenti in cui siamo un’unica carne, ad esempio nel ventre della mamma in attesa di venire al mondo; e anche dopo, saremo sempre per i genitori carne della loro carne e così continuerà ad essere in seguito, quando anche noi saremo chiamati a nostra volta a dare la vita. Ancora: il cibo che assumiamo per crescere è destinato a diventare nostra carne. In questo contesto si è inserito il processo di redenzione dell’altra parte di noi: lo spirito, l’anima, quella parte che la nostra intelligenza e la libertà di discernimento hanno rovinato tradendo la fiducia di Dio. Ebbene, Gesù non solo si è fatto “carne” come noi, ma ha anche voluto che la sua carne e il suo sangue diventassero cibo e bevanda che non periscono, affinché anche noi, assumendone, acquistassimo già oggi una vita destinata a non finire. Ha dovuto “sancire” tutto ciò attraverso l’estremo sacrificio e la successiva resurrezione, cosicché non avessimo alcun dubbio sulla veridicità del “prodotto”. Non era e non sarà la prima volta che il Padre soccorre il suo popolo per garantirne la sopravvivenza. La prima lettura di oggi, dal libro del Deuteronomio, ce ne ricorda alcune, tutte cose però destinate a risolvere problemi contingenti, nulla a che vedere con la vita eterna. Figurarsi quindi se l’Eucaristia non è stato il dono più bello che il nostro Messia ci possa aver lasciato, assieme alla lieta novella che ci ha rivelato, tutte cose delle quali non manchiamo di far memoria ogni qual volta celebriamo la Santa Messa! Ben venga pertanto una festa come quella odierna, nella quale le nostre orecchie sono allietate dal brano del Vangelo con le parole più belle, più sublimi e più dense di speranza che possano mai udire. Merita che sia una delle poche feste che ancora godono della Sequenza prima dell’Alleluia (Ecce panis), canto che vale la pena di recitare di quando in quando. Un ultimo richiamo va alle parole di Paolo, seconda lettura, che trasmette il valore della Comunione: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane”. Penso sia una sensazione di solidarietà unica, anche perché coinvolge vivi e morti.

La Messa dei Santi Patroni

Inserito il 16 Giugno 2017 alle ore 12:16 da Redazione Carpinetum

Lunedì 19 giugno, alla S. Messa delle 18.30 festeggeremo con gioia i Santi Patroni. Per una parrocchia è questa una delle celebrazioni più solenni. Abbiamo perciò invitato anche gli altri sacerdoti della Collaborazione pastorale. Vi aspettiamo numerosi. Dopo la Santa Messa, se possibile, troviamoci a cenare in sagra.

Lettera aperta del 18 giugno 2017

Inserito il 14 Giugno 2017 alle ore 19:21 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 18/6/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

I nostri patroni

Inserito il 14 Giugno 2017 alle ore 18:54 da Don Gianni Antoniazzi

La fede non è un fatto solitario e neppure un’idea nata dalla nostra testa. La si vive tra fratelli che si trasmettono l’incontro col Signore Gesù, morto e risorto. Questo ci fa correre mano nella mano

Lunedì 19 la nostra parrocchia celebrerà la festa solenne dei Santi Patroni Gervasio e Protasio. Due figure tanto celebri nel Medioevo da essere ricordate in molteplici parrocchie del Nord Italia.

Tanto fu però diffusa la devozione quanto restano incerte le notizie sulla loro vita. Secondo una tradizione avrebbero professato la loro fede durante l’impero di Nerone assieme ai loro genitori, sospinti dall’esempio del vescovo di Milano, san Caio. Per altri sarebbero invece vissuti nella metà del III secolo, durante le persecuzioni ad opera di Decio, Valeriano o Diocleziano. Durante il V secolo un autore anonimo ha scritto la loro passione, rimanendo però sempre al limite tra leggenda e realtà.

Di certo i due fratelli, sostenuti dall’esempio dei genitori, hanno dato la vita per Cristo e tanto basta a renderli per noi una guida, in un momento nel quale è tutt’altro che facile trasmettere la fede alle nuove generazioni. Li consideriamo nostri modelli e tenendoli per mano corriamo incontro a Cristo.

don Gianni

l richiamo alla Trinità…

Inserito il 11 Giugno 2017 alle ore 10:25 da Plinio Borghi

Il richiamo alla Trinità ci accompagna in parecchi momenti della giornata. Di norma, se non siamo troppo addormentati, dovrebbe essere il primo ad aprirla appena svegli e l’ultimo a completarla prima di chiudere gli occhi, assieme al segno della Croce. È lo stesso richiamo che conclude buona parte delle preghiere, delle collette, dei salmi (da cui il detto “tutti i salmi finiscono in gloria”), degli inni. D’altronde, nel dogma della Trinità si riassumono i fondamenti della nostra fede, come abbiamo avuto modo di constatare in più di qualche occasione, non solo in riferimento alle tre Persone, ma soprattutto per quel che  rappresenta la loro unità: amore, fedeltà, reciprocità e via dicendo, tutti stimoli senz’altro utili anche al nostro modo di vivere e di rapportarci. Per la sua funzione conclusiva e riassuntiva, pertanto, la festa non poteva trovare migliore collocazione che a ridosso della chiusura del periodo liturgico più forte, durante il quale abbiamo avuto modo di conoscere il Figlio nel momento più sublime della sua missione salvifica, l’estremo sacrificio, ma anche e soprattutto nella vittoria sulla morte, senza la quale tutto il resto non avrebbe avuto alcun senso (infatti, dai sommi sacerdoti di allora ai detrattori dei giorni nostri, è l’unico argomento su cui si appigliano). Abbiamo avvertito il Padre in tre momenti concreti: al battesimo nel Giordano, sul monte Tabor durante la Trasfigurazione e nell’intervento stesso della Resurrezione; ma l’abbiamo conosciuto soprattutto attraverso il Figlio stesso: chi vede me vede il Padre. Abbiamo preso confidenza con lo Spirito Santo in diverse occasioni, che vanno sempre dal battesimo citato alla percepibile e concreta intimità di amore tra Padre e Figlio, dai vari poteri conferiti da Gesù stesso, che, alitando sugli apostoli, diceva loro: “Ricevete lo Spirito Santo” alla grande discesa celebrata domenica scorsa, attraverso la quale il senso del Messaggio portato dal Messia si è completamente rivelato; non parliamo poi di come, nel tempo, sia stato innesco, motore e sostegno di tutta la Chiesa, con quella barca di doni che si porta sempre appresso. Questa festa è pertanto di un’opportunità unica per riflettere su questi aspetti e su tanto altro, sopperendo così a tutte quelle volte che il riferimento è talmente abituale da scivolare dalla bocca senza coinvolgere più di tanto il cuore e quasi per nulla la mente. E allora oggi proclamiamo con più convinzione: “Sia veramente gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo!”.

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