Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Gli affari sono affari

Inserito il 31 Luglio 2022 alle ore 10:05 da Plinio Borghi

Gli affari sono affari e ogni buon affare giustifica un investimento adeguato. Certo, un margine di rischio c’è sempre, ci mancherebbe!, ma se è calcolato non può mai portare alla rovina. Poi c’è sempre quello che pensa di aver trovato il filone giusto e si butta a pesce con tutto quello che ha, ritenendosi come minimo un furbo di tre cotte e magari meditando di sottrarre risorse al concorrente: a costui l’unica alternativa resta un bel pugno di mosche. Da che mondo è mondo la sicurezza economica ci deriva solo dall’investire in modo differenziato. No, non ho alcuna intenzione di impostare una lezione di politica commerciale, ma la liturgia di oggi mi ci ha tirato per i capelli. Il nostro Maestro, al quale evidentemente non difetta competenza alcuna, tant’è vero che viene interpellato per la divisione di un’eredità, imposta una lezione di economia e di vita da far invidia ai migliori sul mercato. D’accordo, ha estremizzato un po’ le alternative: in sostanza ha posto la morte, ovviamente imprevedibile e improvvisa, a scompigliare ogni progettualità, anche se è un evento che non va mai trascurato, da alcuno, credente o non credente che sia. Per noi, che ci prepariamo a qualcosa che va oltre, conta ancora di più impegnare le risorse temporali per guadagnare crediti utili per dopo. È la parabola dei talenti che si ripropone: guai lasciarsi prendere dalla paura o dai nostri limiti o, peggio, tendere al fatalismo! È chiaro che né Gesù né Qoelet che gli fa eco in prima lettura ci esonerano dal darsi da fare per migliorare: conta non rendere l’azione fine a sé stessa o a servizio del nostro egoismo, bensì con l’ottica del vero obiettivo, quello che si ha garantito il Redentore con la sua resurrezione. Ci incita in tal senso anche Paolo nella seconda lettura, dove fa un elenco di deviazioni che spesso diventano per noi obiettivi primari che vanificano tutto il progetto di salvezza. L’argomento mi porta a un aneddoto di cui sono stato protagonista nell’ambiente di lavoro (forse l’ho già raccontato, ma a una certa età mi sia consentito qualche volta di ripetermi), quando un collega, noto per essere un po’ libertino e disinvolto nel suo comportamento, se ne uscì esclamando: “Una bella fregatura avranno i frati se non esiste il Paradiso!”. Al quale ho prontamente ribattuto: “Pensa a che bella fregatura prendi tu se invece esiste!”. Il discorso è continuato sulla reciproca posta in gioco: una vita che è un batter di ciglia contro l’eternità. Se non basta la fede per convincerci, facciamolo per fare un buon affare!

Lettera aperta del 31 luglio 2022

Inserito il 28 Luglio 2022 alle ore 18:34 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 31/7/2022. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

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Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.

Il suicidio politico

Inserito il 28 Luglio 2022 alle ore 18:26 da Don Gianni Antoniazzi

Il parroco è pastore di tutti. Non deve esternare preferenze di partito ed esprimere orientamenti
di destra o sinistra. Tuttavia, deve esortare al discernimento e all’impegno nella vita politica.

Nei giorni scorsi è caduto il Governo Draghi e il 25 settembre sono fissate nuove elezioni. Qualcuno si dice contento perché gli ultimi governi non erano frutto di una diretta volontà popolare. Qualche altro invece osserva con stupore e preoccupazione l’attuale situazione politica.

Non è opportuno che il parroco intervenga su questioni di partito, soprattutto in vista di un appuntamento elettorale. Tuttavia, è necessario esortarci a vicenda per il servizio alla “polis” e offrire qualche indicazione di discernimento.

Il Governo Draghi era stato creato in emergenza per superare una delle fasi più delicate della Repubblica. È vero. Non era nato da indicazioni dirette delle urne. Non si può dire però che non corrispondesse al bene comune. Per esempio: pochi giorni prima della caduta, Draghi era in Libia per chiedere gas per gli italiani. Al contempo i partiti (tutti!) erano partecipi nella protesta contro il nuovo rigassificatore a Piombino, necessario per consentire al liquido di importazione di entrare nella rete italiana.

Ecco la situazione: c’è chi pensa al bene comune della Nazione e chi invece valuta solo l’interesse elettorale. Non basta.

Facendo cadere il Governo i partiti espongono l’Italia al pericolo di perdere i contributi europei. Vi sono decine di miliardi di euro da ricevere da qui a ottobre e potrebbero svanire se non venissero rispettate precise tabelle di marcia.

Di più: alcuni partiti, facendo cadere il Governo, fanno perdere all’Italia la fiducia internazionale.

Ancora: nel suo ultimo discorso Draghi ha parlato con schiettezza come avrebbe fatto in sede europea. La politica italiana, abituata invece a frasi inconcludenti, ha respinto queste parole. Da noi i partiti preferiscono rimanere nel torbido.

Infine, i partiti ritengono che gli italiani siano privi di cervello e di memoria. È uno sbaglio. Alla lunga hanno più sapienza di quanto si possa immaginare.

don Gianni

Imparare a pregare

Inserito il 24 Luglio 2022 alle ore 10:01 da Plinio Borghi

Imparare a pregare: sembra un paradosso in un ambito pregno di religiosità come il nostro, come lo era senz’altro ai tempi di Gesù, anche a fronte di un episodio come quello di Abramo, riportato nella prima lettura di oggi, che non v’è dubbio fosse ben noto ai discepoli. Pur persone semplici, da bravi ebrei essi dovevano conoscere a sufficienza le sacre scritture e in particolare la predisposizione di Dio ad ascoltare le suppliche del suo popolo prediletto. Eppure, si sono accorti che il loro Maestro aveva un quid in più nel rapporto che intratteneva col Padre e non hanno frapposto indugio a chiedergli: “Signore, insegnaci a pregare”. Gettando l’occhio sulle letture di questa domenica, per associazione d’idee, mi è tornato alla mente quanto fosse diffusa un tempo la pratica da parte della gente incolta di rivolgersi a qualcuno più istruito o più predisposto per farsi scrivere qualche lettera particolare o qualche domanda da inoltrare alle autorità. L’argomento più diffuso erano le domande di assunzione, magari integrate dai relativi curriculum. Mio padre, comune bidello ma con la terza media e una calligrafia invidiabile (pure questa contava per essere presi in miglior considerazione), era spesso sollecitato in questo ruolo, anche da colleghi insegnanti. A me, più tardi, è capitata la stessa cosa, non tanto per la calligrafia, un obbrobrio che avrebbe ottenuto l’effetto opposto, quanto per avere le mani in pasta nei rapporti con la burocrazia. Il maggiore e più generalizzato livello d’istruzione, nonché il superamento di certe obsolete impostazioni burocratiche hanno ridotto di molto la pratica in questione, anche se non del tutto visti gli scarsi risultati sulla padronanza della lingua e del linguaggio appropriato da parte delle persone “studiate”. E il nesso con la premessa? Basta soffermarsi un attimo ad analizzare il nostro modo di pregare paragonato a un’elementare esegesi dell’unica preghiera che Gesù ha consegnato ai discepoli per capire che in sostanza siamo sullo stesso piano: semianalfabetismo religioso e improprietà dei termini nel rivolgerci al Padre la fanno da padroni. L’analisi sarebbe lunga, ma mi limito a osservare che, di norma, si parte dalla seconda parte del “Padre nostro” e, nella migliore delle ipotesi, si passa all’ultima. Sulla prima, dopo duemila anni, abbiamo ancora molta strada da fare. Quindi conviene ancora anche a noi, se vogliamo essere ascoltati, chiedere a Gesù: “Signore, insegnaci a pregare”.

Lettera aperta del 24 luglio 2022

Inserito il 20 Luglio 2022 alle ore 13:52 da Redazione Carpinetum

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Dove spendere le energie migliori

Inserito il 20 Luglio 2022 alle ore 13:48 da Don Gianni Antoniazzi

Non si può far tutto nella vita. Qualcuno sogna di provare ogni tipo di esperienza e progetta magari di viaggiare continuamente. è urgente invece puntare al centro, senza fermarsi e restare in superficie

Assistiamo ad un cambio d’epoca. Diventa evidente giorno dopo giorno. Le categorie che adoperavamo fino anche a 15 anni fa stanno crollando.

Vale, per esempio, per il Sacramento del matrimonio, ma anche per il riferimento alle criptovalute. Vale per i valori: 20 anni fa i giovani crescevano con un orizzonte italiano. Oggi guardano a tutto il pianeta, senza distinzioni.

Cosa c’è di urgente in questo momento? Fare ogni esperienza non è possibile. E neppure si può immaginare di adempiere a 1.000 iniziative per rimediare alla salvaguardia del pianeta, provvedere alla stabilità economica e politica, preservare la pace.

È urgente invece pensare alla formazione del pensiero umano. È necessario dedicare energie alla crescita personale e alla costituzione di una nuova immagine di uomo, adatta ai tempi anche futuri.

Bisogna andare alla radice delle questioni: il dramma vero non riguarda il pianeta, la politica o le armi. Queste difficoltà nascono per la fioritura dell’orgoglio, della cupidigia, della rabbia. Di fronte a questi problemi serve una “soluzione generatrice di soluzioni”, ossia la costruzione di un pensiero, che secondo la visione del Vangelo, si esprime nella persona di Gesù.

Chi offre un pesce toglie la fame per un giorno. Chi insegna a pescare risolve il problema nel tempo. Chi forma il pensiero genera un uomo che sa orientarsi. Chi trasmette la fede in Gesù offre l’energia della speranza.

Ecco il fatto più urgente: puntare sulla formazione che genera una conoscenza capace di intervenire sulla storia. Più le persone conoscono e più possono capire e più intervengono nella giusta direzione.

don Gianni

L’eterno dilemma dell’ospitalità

Inserito il 17 Luglio 2022 alle ore 10:03 da Plinio Borghi

L’eterno dilemma dell’ospitalità sta proprio nelle due ipotesi: è meglio cercare di soddisfare l’ospite con la nostra abilità culinaria oppure facendolo sentire a suo agio come fosse in famiglia e gradito, a prescindere da ogni tentativo di sorprenderlo con “effetti speciali”? È chiaro che la scelta sta nelle premesse dell’invito e del tipo di rapporto che esiste con il protagonista, non solo, ma anche nella nostra migliore tendenza: quella di abili intrattenitori e affabulatori, piuttosto che di provetti trasformatori d’ingredienti naturali. Le distinzioni e le alternative potrebbero proseguire all’infinito, a seconda delle diverse esperienze personali, ma io penso che in realtà la questione sia speciosa: ci vogliono entrambi gli atteggiamenti per far luogo ad un’ospitalità completa, senza tentativi maldestri di voler essere più di quello che siamo né superficialità nel disattendere le eventuali aspettative degli interlocutori. La liturgia di oggi ci offre uno spaccato interessante in merito. In prima lettura Abramo si dimostra d’una premura e di un’efficienza superlative nel voler soddisfare i tre ospiti che lo attendevano alle Querce di Mamre: pensa a rifocillarli a dovere, ma sa pure chi si nasconde dietro a quella triplice presenza e la sua deferenza è palpabile. Nel vangelo invece le protagoniste sono le sorelle Marta e Maria, che sembrano riproporre il dilemma di cui in premessa, ma che nella realtà si completano a vicenda, se non fosse che in questo caso è l’Ospite ad essere speciale, un Maestro dal quale pendere dalle labbra. Gesù, nell’affermare che Maria ha scelto la parte migliore, non voleva certamente svilire il ruolo utile di Marta, tutta indaffarata come Abramo nel predisporre la migliore accoglienza, segno che anche da parte sua c’è consapevolezza dell’autorevolezza dell’interlocutore. La mission del quale non è tanto dedicarsi al desco come ospite d’onore, anche, quanto di realizzare il progetto di salvezza, incardinato nell’ascolto e nella messa in pratica della sua parola. I tre di Mamre si congedano predicendo ad Abramo la nascita di un figlio da Sara; il nostro Redentore, che oggi peraltro a Venezia festeggiamo, più da Marta che da Maria a dire il vero, ci ha fatto rinascere come figli del Padre ed è andato a prepararci il posto per il banchetto senza fine. In entrambi si preannuncia un ritorno “verificatore”. A noi il compito di dar seguito a ogni prospettiva, annunziandolo al mondo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza, come dice S. Paolo nella II lettura.

Lettera aperta del 17 luglio 2022

Inserito il 14 Luglio 2022 alle ore 16:38 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 17/7/2022. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

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Redentore: tante strade di Fede

Inserito il 14 Luglio 2022 alle ore 15:48 da Don Gianni Antoniazzi

Alcuni sanno apprezzare soltanto la più elevata ricerca di Dio e rifiutano il resto. Il Vangelo ci presenta invece episodi nei quali Gesù “non spezza la canna incrinata” né “spegne lo stoppino dalla fiamma smorta”

Durante la festa del Redentore c’è di tutto: Messe solenni, pranzi, cene, fuochi e trasgressioni. C’è spazio anche per gli interessi economici. Al Lido, nei primi anni di sacerdozio, trovavo giovani malconci che all’alba si tenevano in piedi a fatica dopo una notte al limite.

La Chiesa non getta a mare il Redentore, ma profitta di ogni occasione per proporre la fede a chiunque cerchi di dare un senso alla vita. Scrivo perché talvolta viene la tentazione di mettere da parte quel che non è orientato a Gesù, o meglio, quel che non corrisponde alle nostre attese personali.

Eppure, il Vangelo apprezza qualunque fede, anche minima. La ricerca iniziale di Cristo può essere motivata da infinite ragioni. Gesù accoglie sempre chi ha davanti e legge la sincerità del cuore.

Accade, per esempio, col Centurione romano. È un uomo senza cultura biblica e distante dalla legge ebraica. Cerca Gesù solo perché spera nella guarigione del servo. Forse scambia il Figlio di Dio per uno sciamano. Gesù, però, non lo respinge. Anzi: parte da questi desideri e arriva a dire che in Israele non ha trovato altrettanta fede. Di più: la frase del centurione verrà introdotta nella celebrazione della Messa: “O Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato”.

Mai respingere, dunque, chi cerca la fede, anche quando lo fa per strade diverse dalle nostre attese.

don Gianni

Perché meravigliarsi se è normale?

Inserito il 10 Luglio 2022 alle ore 10:07 da Plinio Borghi

Perché meravigliarsi se è normale? Quante volte ci viene posta all’attenzione la questione dell’amore per il prossimo! Naturalmente quella sollevata dal vangelo di oggi è la più classica e la più nota, il brano rifugio cui si ricorre per mettere in evidenza quello che è già lapalissiano: l’intensità del sentimento tende a essere inversamente proporzionale alla vicinanza dell’oggetto da amare. Se così non fosse, occorrerebbe insistere tanto sull’argomento? Perché porre bene in rilievo che la vittima dei briganti è stata scansata dal sacerdote e dal levita, mentre solo il samaritano, più estraneo degli altri due, se n’è preso cura? Perché è così da sempre, perché anche noi abbiamo tanto a cuore le sorti di tutti coloro che soffrono in giro per il mondo, siamo pronti anche ad adottarli se serve … a distanza, ma se poi si imbarcano per invadere le nostre coste cominciamo a mettere le mani davanti, o se ad avere disagi è il vicino di casa, lo stesso che magari ci sbatte le briciole della tovaglia sul davanzale, manco ce ne accorgiamo o giriamo volutamente la testa dall’altra parte. Non parliamo del collega che sgomita per fregarci il posto o del concorrente che fa carte false per sottrarci l’affare. Se poi analizziamo il rapporto con i parenti più stretti, specie se c’è di mezzo qualche residuo d’eredità da spartire, è meglio calare un velo pietoso sulle miriadi di incomprensioni e di rotture tragiche in atto. I risvolti anche sociali di questa impostazione sono stati ben sviscerati da papa Francesco sulla sua enciclica “Fratelli tutti”, che ha messo proprio la parabola di oggi come filo conduttore alla base delle sue considerazioni. Perché tanto impegno? Perché ne abbiamo di atteggiamenti, anche atavici, da rimuovere se vogliamo ottemperare all’invito che Gesù in chiusura rivolge al suo interlocutore: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”. Perché abbiamo poco da lavarci la bocca con solleciti alla pace nel mondo, se poi vogliamo un bene da matti solo ai “samaritani” che sono a casa loro e sono anni che teniamo il broncio col fratello. Se crediamo che ci sia un barlume di speranza di pace, dobbiamo cominciare a coltivarla a partire da noi stessi, da chi ci sta attorno e allargare progressivamente il cerchio. Così facendo ne avremo in abbondanza anche per i lontani e l’azione sarà più efficace, in quanto saremo più credibili. Agendo al contrario, contravveniamo in partenza all’unico comandamento: ama il prossimo tuo come te stesso. E allora il resto non serve ad alcunché.

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