Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

ColtivaReTe

Inserito il 30 Gennaio 2014 alle ore 11:01 da Redazione Carpinetum

Nota della Redazione: diamo spazio a questa iniziativa che ci è stata proposta. Potete contattarli direttamente o lasciare i vostri commenti a questo articolo.

Fare la spesa è anche un modo per tessere relazioni tra famiglie -nonché tra famiglie e produttori – e dunque far vivere la comunità territoriale. ColtivaReTe propone alle famiglie di Carpenedo le pratiche tipiche del Gruppo di Acquisto Solidale: incontri e acquisti collettivi.

Attraverso gli acquisti collettivi si scoprono le realtà di buona economia del nostro territorio  (agricoltori biologici, cooperative sociali, commercio equo e solidale), se ne provano i prodotti, se  ne approfondisce la conoscenza (anche sul campo), se ne sostiene la (r)esistenza.

Le modalità di partecipazione pensano a chi ha poco tempo: si prenota via web (per i meno bravi anche di persona) e si ritira i prodotti in via san Donà 195/A (presso la casetta antistante la Plip) in fascia oraria serale. Periodicamente si fa il punto tutti insieme.

Gli ortaggi, la frutta, le farine, il pane e tutti gli altri prodotti presentati in questi primi mesi vogliono rappresentare scelte “di progetto” prima che “di consumo”: dalla ricerca di un equilibrio con il territorio alla progettualità in campo sociale, ma soprattutto la disponibilità ad instaurare relazioni. Il progetto nasce in seno all’associazione GeCo G.A.S. (www.gecogas.it; gecogas@gmail.com) e si basa sul contributo volontario di alcuni soci ma vuole diventare un’“impresa solidale”, economicamente sostenibile, capace di coltivare e servire un’economia a misura d’uomo. Scriveteci o commentate sul blog della parrocchia, organizzeremo un incontro conoscitivo!

Federico Giaretta

Lettera aperta del 2 febbraio 2014

Inserito il 29 Gennaio 2014 alle ore 22:58 da Redazione Carpinetum

Pubblicata anche online lettera aperta del 2/2/2014. Come sempre aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Ricordiamo che il fondo del parroco e le meditazioni vengono pubblicate la domenica, coerentemente con il giorno al quale sono dedicate e cui spesso fanno riferimento. Se questa soluzione non vi piace, scrivete e decidiamo insieme!

L’annuncio del Regno…

Inserito il 26 Gennaio 2014 alle ore 12:48 da Plinio Borghi

L’annuncio del Regno è contemplato nel terzo dei misteri della luce, inseriti nella recita del Rosario da Giovanni Paolo II e che comprendono appunto le parti intermedie fra i periodi forti. Nei primi due misteri si contemplano il battesimo ed il miracolo alle nozze di Cana, negli ultimi due la trasfigurazione sul Tabor e l’istituzione dell’Eucarestia; nel terzo la predicazione della lieta novella (accompagnata dai segni), che inizia proprio da oggi, dove prima e terza lettura prendono spunto dalla profezia di Isaia, quando parla di “grande luce” apparsa nella terre di Zabulon e di Neftali, che erano oppresse dalle tenebre. Bene ha fatto allora il Pontefice ad aggiungere ai gruppi di misteri che affrontavano solo i tempi forti e la resurrezione col suo epilogo pure questo aspetto, il quale, analogamente agli altri, non è relegato alla storia, ma si perpetua nella storia della salvezza, che ci coinvolge ancora oggi e continuerà a farlo finché non sarà conclusa l’avventura dell’uomo sulla terra. Se così non fosse, le sacre scritture avrebbero perso da lunga pezza la loro attualità. Anche di questi tempi le tenebre fanno del loro meglio per offuscare la luce e lo fanno in mille modi e per mezzo di mille inganni, molti dei quali si insinuano attraverso il relativismo, il permissivismo, il modernismo, ecc., nel tentativo di far passare per normale evoluzione le storture di questo mondo. Uno dei veicoli più praticati che usano per prevalere è la divisione al nostro interno e non a caso ogni anno abbiamo dedicato il periodo appena trascorso alla preghiera per l’unità dei cristiani: non sono stati annunciati regni diversi o differenziati, ma un unico Regno per tutti. Lo ribadisce S. Paolo proprio oggi: “Siate in perfetta unione di pensiero e di sentire.. E’ forse diviso il Cristo?”, nel nome del quale tutti siamo stati battezzati. Un altro veicolo è l’odio verso chi pratica altre strade alla ricerca della verità: ebrei e musulmani ne sono i principali destinatari. Infine il veicolo dell’esclusivismo, la pretesa di appropriarsi della verità e di averla solo noi in tasca. Per queste tenebre c’è ancora bisogno di una “grande luce”, che ci viene solo dal Vangelo, nella certezza e con la forza che ci derivano da quel che disse Gesù stesso: non prevarranno.

Ai giovani: riconoscersi debitori

Inserito il 26 Gennaio 2014 alle ore 08:02 da Don Gianni Antoniazzi

Cosa insegnare ai più giovani? Quale valore è più urgente per il tempo presente? Forse il senso di gratitudine per quello che dal passato hanno ricevuto.

L’Italia, pure in crisi, offre ai nostri figli una realtà democratica, libera da miseria, fame e guerra. Per giungere fin qui, in passato molti hanno faticato, compiuto rinunce, dato la vita.

I giovani d’oggi curano l’immagine, cercano il piacere. Ma è corretto allargare l’orizzonte e scoprirsi debitori verso altri che hanno reso possibile il presente. Chi comprende questo fatto non si appiattisce nel godimento, bensì impedisce il declino della società, spera di lasciarla migliore e vi lavora con nuovi sentimenti di responsabilità ed entusiasmo. Chi vive da debitore distingue fra le proprie voglie e ciò che è buono per tutti. Nasce così una mentalità di convivenza tra fratelli, di impegno per la vita e la pace.

Intere generazioni hanno faticato perché noi avessimo un presente dignitoso. Come possiamo dunque accettare una mentalità da “6 meno meno”?. Sì, perché bisogna riconoscere che troppi giovani stanno “in fondo”  nel tempio della vita e sono spettatori, quasi ai margini del reale.

Allo stesso modo dovremo riflettere sulla fede. Quanti martiri hanno versato sangue perché l’annuncio di salvezza giungesse a noi inalterato, libero dai poteri della storia? Tutti ci scopriamo debitori di una fede, pagata a caro prezzo: non restiamo nella comunità da burattini indifferenti, ma con dedizione, a vantaggio di tutti.

don Gianni

Lettera Aperta del 26 gennaio 2014

Inserito il 23 Gennaio 2014 alle ore 07:46 da Redazione Carpinetum

Pubblicata anche online lettera aperta del 26/1/2014. Come sempre aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Ricordiamo che il fondo del parroco e le meditazioni vengono pubblicate la domenica, coerentemente con il giorno al quale sono dedicate e cui spesso fanno riferimento. Se questa soluzione non vi piace, scrivete e decidiamo insieme!

Giovanni il precursore…

Inserito il 19 Gennaio 2014 alle ore 13:06 da Plinio Borghi

Giovanni il precursore è anche oggi alla ribalta, sebbene domenica scorsa avessimo concluso il tempo forte del Natale, e c’è per testimoniare ciò che durante il battesimo aveva visto: i cieli aprirsi, lo Spirito scendere sotto forma di colomba e la voce del Padre rivelare che Gesù era il Figlio amato nel quale si compiaceva. Il Battista indica il Messia che viene verso di lui come “l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. In due parole sintetizza la destinazione sacrificale del Salvatore e lo scopo della sua venuta fra noi: farsi peccato (come direbbe San Paolo) per riscattarci dal peccato stesso. C’era bisogno di questa ulteriore azione di Giovanni (il Maestro aveva già iniziato la sua predicazione) e perché il vangelo ce la propone? Beh, alla prima parte della domanda si può rispondere che il fedele messaggero è scrupoloso e non ritiene esaurito il suo ruolo, tanto è vero che anche dalla prigione in cui verrà successivamente rinchiuso, prima di essere decapitato, invia i suoi discepoli per accertarsi che quello sia veramente Colui che doveva venire o se dovevano aspettarne un altro (l’abbiamo letto nella terza d’Avvento). Alla seconda parte la risposta è affidata alle altre due letture: nella prima il Signore dice ad Isaia “Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra”, cioè a tutti; nella seconda Paolo si definisce apostolo di Cristo e afferma che non solo lui, ma anche il fratello Sòstene e tutti quelli che sono stati santificati in Cristo Gesù sono chiamati ad esserlo. In sostanza il messaggio della pericope di oggi è che ognuno di noi, chi nel ruolo di genitore, chi in quello di educatore o di responsabile o di semplice compagno di strada, è chiamato ad essere un Giovanni Battista. E come tale, testimone del Cristo e latore della buona novella, affinché la luce della fede non abbia mai a spegnersi, sia trasmessa con convinzione, ancorata a certezze da dimostrare non a parole, bensì attraverso l’esempio concreto, tanto credibile quanto trascinante, al punto di diventare talmente contagioso da innescare un’epidemia a livello mondiale. Se alla fine della nostra avventura terrena vi avremo contribuito, potremo dichiarare: “Missione compiuta!”.

Siamo gente senza passione?

Inserito il 19 Gennaio 2014 alle ore 08:04 da Don Gianni Antoniazzi

In giro mancano segnali di entusiasmo. Forse nemmeno a Messa avvertiamo profumo di Risurrezione. C’è poca voglia di fare o troppa stanchezza?

Non vedo segnali di entusiasmo e vivacità. Sto a contatto con la gente e anche nella visita alle famiglie raccolgo l’impressione di stanchezza e avvilimento. Qualche complimento lo ricevo per il Papa. Basta.

Il nostro cristianesimo dà l’idea di una fede tiepida e si leggono talora segni di freddezza nei rapporti tra noi che dovremmo essere fratelli. Poche le occasioni in cui troviamo passione. Soprattutto nella vita di certi giovani pare che ci si accontenti di uno stile piatto, in attesa di tempi migliori.

Lo ammetto: dilaga il gioco al ribasso. Da decenni la televisione gratta il fondo del barile, nella vita politica non emergono personalità coraggiose, il linguaggio è sempre aggressivo, talora scurrile. Anche la scuola annaspa senza fiato in paludi poco confortanti.

La Bibbia avrebbe parole severe per descriverci. Ai cristiani di Laodicea Dio rimprovera di non essere né caldi né freddi e poiché sono tiepidi sta per vomitarli (Apocalisse 3,14).

La nostra realtà senza passione è vomitata da Dio? Spero di no, oltre tutto perché a mio parere bisogna tener conto della continua pressione esterna che in questi anni ci carica di pensieri. Forse la strada giusta per ritrovare entusiasmo e passione non è quella di fare più cose, di cercare più forza, bensì imparare a togliere energia ai pensieri verso le cose che facciamo, per trovare maggior riposo nella vita di ogni giorno. Chi riposa nella speranza in Dio ha anche la possibilità di una maggiore energia per l’avvenire. Bisogna provarci.

don Gianni

Lettera aperta del 19 gennaio 2014

Inserito il 17 Gennaio 2014 alle ore 13:24 da Redazione Carpinetum

Pubblicata anche online lettera aperta del 19/1/2014. Come sempre aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Ricordiamo che il fondo del parroco e le meditazioni vengono pubblicate la domenica in coerenza al giorno al quale sono dedicate e cui spesso fanno riferimento. Se questa soluzione non vi piace, scrivete e decidiamo insieme!

La dignità del Battesimo…

Inserito il 12 Gennaio 2014 alle ore 13:07 da Plinio Borghi

La dignità del Battesimo sembra scaduta in una società secolarizzata e di livello culturale più elevato. Oh, non è che un secolo fa se ne fosse più consapevoli, ma le tradizioni, gli usi ed i comportamenti degli altri ci condizionavano, anche in campo religioso, per cui nessuno, dal ricco al povero, dal più dotto al più sprovveduto, si sarebbe mai sognato di trasgredire le regole, né gli passava per la testa di addurre motivi per farlo. Oggi invece sembra quasi trend uscire da questi vincoli e reclamare la propria individualità nelle scelte. Per gli altri sacramenti è un’altra questione, ognuno è libero di servirsi come crede dell’uso della ragione, ma nel Battesimo a farne le spese sono i più piccoli e indifesi. “Decideranno da soli quando saranno grandi”, è la frase che si sente addurre più spesso a giustificazione. E perché dare al neonato un nome e un cognome imposti? E se quando è grande non li gradisse (caliamo un velo pietoso su certi nomi, poi!)? E perché non privarli delle eventuali agiatezze familiari, rinviando all’età matura l’uso delle ricchezze? Vorrei proprio vedere se costoro, in possesso di titoli nobiliari altisonanti, ne priverebbero i loro pargoli! E allora perché sottrarli alla dignità del Battesimo, dell’appartenenza a tutti gli effetti alla comunità cristiana in cui sono nati e si apprestano a crescere? Perché aspettare che si sentano pesci fuor d’acqua, prima di correre frettolosamente ai ripari? Forse la risposta sta nel fatto che pure noi adulti difettiamo sempre più della nostra dignità di battezzati e dell’orgoglio di esibirla, malgrado gli immigrati di altre fedi, dai quali siamo invasi, non si peritino per niente di nascondere il proprio credo, anzi. Gesù, l’unico a non avere alcun bisogno di essere battezzato, oggi ci dà una lezione esemplare: va anch’egli al Giordano e convince un Giovanni Battista recalcitrante ad eseguire, proprio “perché conviene che adempiamo ogni giustizia”, dice, cioè pure Lui si adegua. Si compie così la seconda delle tre manifestazioni che stiamo celebrando in questo periodo, la prima, l’Epifania, e la terza alle nozze di Cana, che in origine erano concentrate in un’unica festività. Ebbene, vogliamo buttare alle ortiche questo regalo, perché ci sentiamo superiori allo stesso Maestro, o incominciamo a ridargli valore e come tale farne dono il più presto possibile ai nostri figli?

Quanta acqua questa autonomia

Inserito il 12 Gennaio 2014 alle ore 08:00 da Don Gianni Antoniazzi

Il primo e più difficile compito di un genitore è quello di guidare i figli alla competenza e alla autonomia: un passo prezioso per il loro futuro.

A Gosaldo abbiamo parlato di autonomia. Ho ascoltato gli interventi quasi incredulo e abbattuto.
Abbiamo giovani che potrebbero già essere buoni genitori. Hanno energie, fantasia, salute e intelligenza per contribuire in modo decisivo al superamento delle sfide contemporanee. Li riduciamo a comparse inutili, marionette prive di senso.

I nostri nonni, completata rapidamente la scuola, entravano nel mondo del lavoro e a 13-15 anni imparavano una forte autonomia. Presto erano uomini maturi, a 20 anni anche genitori. Ora la formazione dura 30 anni, l’inserimento nel lavoro è precario, la dipendenza dai genitori sembra eterna, l’autonomia personale un miraggio.

Da una parte avremmo bisogno di giovani molto responsabili, competenti nell’uso della tecnologia, capaci di vivere in ambienti ingannevoli, preparati nelle scelte, esperti nei valori. Dall’altra parte, al posto di sviluppare l’autonomia, trasformiamo i ragazzi in mammoni. In terza media, per esempio, per uscire da scuola serve la giustificazione firmata e la presenza fisica di un genitore. Qualche cosa di analogo accade alle superiori e anche oltre i 18 anni si chiede la convalida degli adulti per “presa visione”.

Nel ’78 era normale che un ragazzo di 10 anni potesse partire da Eraclea e andare a Venezia da solo per stare in Seminario intere settimane senza mai chiamare casa se non in casi estremi: mia madre legge e conferma. Fra qualche decennio, se continuiamo di questo passo, i nostri giovani dovranno andare a prendere i loro figli all’uscita dall’università e saranno costretti a tenerseli nel lettone fino ai 15 anni. Tutto perché vogliamo tutelarci da ogni responsabilità civile e penale. Sono le trappole giuridiche, infatti, ad impedire che i giovani sperimentino e crescano. Il problema sta qui: nessuno vuole responsabilità e in ogni circostanza gli avvocati cercano l’ago nel pagliaio. Di questo passo toglieremo i campi estivi per paura di denunce? Chiuderemo il patronato per evitare i rischi? Dovremo pagare assicurazioni stellari per muovere ogni passo? Se così fosse converrà lasciare i giovani sotto una campana di vetro. E a loro volta i nipoti saranno protetti fino a 50 anni.

A me pare che un rapporto di amore sincero debba rifiutare forme di dipendenza. Quando si vuol bene ad un ragazzo si desidera che diventi presto una quercia robusta. Lasciarlo bonsai è il peggiore dei disastri.

don Gianni

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