Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Lettera Aperta della domenica di Pasqua

Inserito il 28 Marzo 2018 alle ore 18:05 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 1°/4/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Il Risorto è nel tempo presente

Inserito il 28 Marzo 2018 alle ore 17:47 da Don Gianni Antoniazzi

La Pasqua che festeggiamo questa domenica celebra la vittoria della vita sulla morte
Il Signore Gesù Cristo ha mantenuto la promessa e ogni giorno è vicino a ciascuno di noi.

Nella Settimana Santa si alternano molteplici riti: dall’ingresso a Gerusalemme fino al sepolcro vuoto, scoperto dalle donne. Si può rischiare di disperdere l’attenzione su troppi temi.

Il fatto centrale nessuno l’ha visto. L’antico canto dell’Exsultet dice: «O notte beata che hai conosciuto l’ora in cui Cristo è risorto dai morti». La Risurrezione di Cristo, e dei nostri cari, va al di là dell’occhio umano. Supera i limiti di spazio e tempo. Lo Spirito Santo, con la sua potenza, ha reso vivo e presente ovunque (cfr Rm 1,4) il Cristo sepolto. Gesù diceva: «Sarò con voi tutti i giorni»: intendeva che l’avremmo incontrato nella storia presente.

Chi ha fede nella Risurrezione non scappa dal mondo ma, anzi, ama il suo tempo e la realtà che lo circonda. Qui incontra il suo Gesù e nella sua storia quotidiana trova il seme del mondo nuovo che deve venire.

don Gianni

#Perlapacenelmondo

Inserito il 25 Marzo 2018 alle ore 10:15 da Plinio Borghi

#Perlapacenelmondo: dovrebbe essere l’hashtag più diffuso in una giornata come questa, che inizia con la benedizione e la distribuzione dell’ulivo, simbolo di pace per eccellenza. E a chi inoltrarlo, con tutto il bailamme che c’è in giro per il mondo? Beh, non c’è imbarazzo di scelta: prima di tutto a noi stessi, al nostro cervello, come forma di pressione affinché muti il modo di vedere e di pensare e di conseguenza il comportamento. Quando si parla di pace siamo sempre convinti che sia un problema legato alla guerra, la quale viceversa non è che la punta dell’iceberg di una connaturata litigiosità che va ben oltre il semplice istinto. Anche nel mondo animale esiste lo scontro, ma esso è strettamente connesso alla sopravvivenza della specie; noi, intelligenti, andiamo ben oltre, lo esasperiamo fino a ottenere talora l’effetto contrario alla salvaguardia della vita stessa e ad una nostra tranquilla esistenza. A parole siamo tutti operatori di pace, ma non appena qualcuno ci pesta un piede la reazione è immediata e violenta. Addirittura nell’esercitare il compito educativo tenderemmo a forgiare i nostri pargoli perché siano in grado, nel migliore dei casi con un certo controllo, di non farsi sopraffare dall’aggressività e dalla prepotenza altrui. Per non essere ripresi, ci siamo peritati anche di confezionare teorie adatte a giustificare l’atteggiamento prevaricatore. Quante volte Gesù, specie dopo la resurrezione, si è presentato ai suoi proferendo il “pace a voi”! E non era un saluto come un altro, bensì l’affermazione in contro tendenza di un principio reso labile dalla fragilità umana. La sua stessa passione e morte, che questa settimana ci verrà presentata nelle varie versioni, è frutto di odio verso un Uomo che ha avuto il coraggio di metterti in mora solo con la sua presenza e i suoi discorsi “scandalosi”. Perfino nell’ultima cena, fra i suoi stessi apostoli, albergava la trama e l’inganno. Il suo stretto “fiduciario”, vista la mal parata, l’ha rinnegato tre volte. Dobbiamo allora gettare la spugna? No, bensì ricaricarci e puntare alla pace a cominciare da chi ci sta attorno: famiglia, parenti, vicini di casa; e allargare via via il cerchio fino a sgretolare la base di quell’iceberg di cui si parlava. Non dobbiamo temere di passare per remissivi o rinunciatari, men che meno di rimetterci in personalità. Ogni conquista, per quanto piccola, costituirà sempre un passo in più verso quel clima che ci dovrebbe contraddistinguere come cristiani.

Ora legale dal 25 marzo 2018

Inserito il 22 Marzo 2018 alle ore 08:05 da Redazione Carpinetum

Attenzione: ricordiamo che da questa domenica, 25 marzo, si passa all’ora legale.
Le lancette dell’orologio vanno portate avanti di un’ora e di fatto si dorme di meno. Ricordiamolo, perché c’è sempre qualcuno che giunge in chiesa a Messa conclusa.

Lettera aperta del 25 marzo 2018

Inserito il 21 Marzo 2018 alle ore 19:59 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 25/3/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

In cammino verso la Pasqua

Inserito il 21 Marzo 2018 alle ore 18:38 da Don Gianni Antoniazzi

Con la domenica delle Palme che rievoca l’ingresso di Gesù Cristo a Gerusalemme
entriamo nella Settimana Santa, i giorni più importanti dell’anno per la fede di un cristiano.

La liturgia distribuisce le celebrazioni pasquali in una settimana intera. Già con la domenica “delle Palme” acclamiamo Cristo vincitore. Il culmine verrà nel Triduo che inizia il Giovedì Santo: quella sera, nel pane e nel vino, il Signore rinnova il dono della vita. Il giorno seguente lo contempleremo nella sofferenza. Nella Pasqua ci sarà la vittoria completa sulla morte per tutti.

Ma torniamo alle Palme. La liturgia è singolare: c’è il Vangelo festoso dell’ingresso a Gerusalemme e subito la lettura della Passione con la morte in croce. È importante contemplare questi episodi insieme. In realtà la Passione è già una vittoria perché svela l’infinito l’amore di Gesù che trionfa sulla rabbia e la fragilità degli uomini, mentre l’ingresso a Gerusalemme è anche un segno umile: Gesù cavalca un asinello. Così è Dio che non prevarica, ma salva con la mitezza dell’amore.

don Gianni

“Mors tua, vita mea”

Inserito il 18 Marzo 2018 alle ore 10:09 da Plinio Borghi

Mors tua, vita mea è il comprensibilissimo motto latino che, nel corso della storia, è stato variamente interpretato e nelle circostanze più disparate. A seconda dei punti di vista, vale come ultima sfida in un confronto bellico o in un duello; ma non è estraneo a chi agisce scorrettamente per sopraffare un altro, per una carriera a gomitate, per una delazione in cambio della salvaguardia (non occorre fare un salto di molti anni per ricordarsi cosa succedeva durante il fascismo) e così via. Eppure in natura è la cosa più normale che esista e guai se così non fosse: tutto si trasforma e si ricicla nel consueto susseguirsi della vita e ogni vita trae linfa dal declino di altre. Non ci sono tempi uguali per tutto: c’è l’insetto che termina il suo iter vitale in un’ora, un altro in un giorno e l’animale che raggiunge il secolo prima di cedere il passo; così è per le piante: l’esempio più percepibile è quello del seme, che deve morire e marcire per generare il nuovo virgulto. Gesù proprio da questo prende spunto e assimila sé stesso a quel seme, facendo così intendere che, stranamente, lo scopo principale della sua mission era proprio quello di morire, per essere glorificato fino in fondo. Questo discorso, tuttavia, non è solo per lui: vale anche per noi, attaccati come siamo alla nostra vita e alle cose di questo mondo. “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” insiste il Maestro. Sarebbe un discorso astruso, se non avessimo già avuto la prova che proprio dalla morte del Cristo deriva la nostra salvezza: mors sua, vita nostra, il motivo si ripete, ma stavolta non è un atto di egoismo. Se poi vogliamo dirla fino in fondo, a sublimare il tutto c’è proprio la vittoria sulla morte, la Resurrezione, alla quale ci stiamo preparando in questo periodo, attraverso la penitenza e qualche piccolo sacrificio di noi stessi in funzione di una rigenerazione che non ha pari. Il nostro Salvatore ha aperto una strada che poi saremo destinati tutti a percorrere. Rifiutiamo di sacrificarci? Non vogliamo morire? Ci costa rinunciare a qualcosa di noi stessi per gli altri? Saremo destinati al peggio: rimanere soli e isolati, come il chicco di grano che cade dalle mani del seminatore, ma non muore e non darà frutto. Allora il motto di apertura vada innanzitutto rivolto come atto di fede al Signore: la tua morte è la mia vita; e diventi un metodo di comportamento: la rinuncia a me stesso sia vita per gli altri.

Lettera aperta del 18 marzo 2018

Inserito il 14 Marzo 2018 alle ore 19:58 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 18/3/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

La forza degli anziani

Inserito il 14 Marzo 2018 alle ore 19:31 da Don Gianni Antoniazzi

Da tempo desidero dedicare un grazie a due volontarie della parrocchia non più giovanissime. Hanno rovesciato l’idea secondo cui da vecchi si diventa inutili. E non sarebbero le uniche: anzi!

Tanti anziani prestano servizio: desidero ringraziarne due in particolare.

Malvina Chiozza Cecchinato, nata qui nel 1923. A 19 anni già insegnava verso Jesolo. In tempo di guerra, quando il ponte sul Piave era distrutto, ogni giorno, scesa dal treno, procedeva in barca sul fiume e, in bici, faceva 16 chilometri per andare al lavoro. Per più di 20 anni ha insegnato a Carpenedo. Fra le sue alunne c’era anche Milena Pavan, morta a 81 anni: lei stessa l’ha accompagnato alla sepoltura. Andata in pensione dopo 42 anni di servizio, ha accudito nipoti e figli di amici. Qualche anno fa, aperto il doposcuola, è tornata in trincea, nell’insegnamento ai bambini: apprezzata, competente, puntuale. Esemplare.

La seconda persona da ringraziare è Ernesta Bonso, nata a Trivignano nel ’27, ma da sempre con noi. Di professione infermiera è sempre attiva sotto tutti i punti di vista. Per decenni ha accudito i malati e ancora oggi ha un dinamismo che le consente di dare una mano agli altri. Di fede granitica, si è resa disponibile con una persona più giovane, a seguire un gruppo di catechismo. Non perde un colpo: indica il Signore e suscita affetto indiscusso fra i bambini.

Guardo con ammirazione queste persone capaci ancora di mettersi in gioco. Giovedì 15 marzo anche don Armando compie 89 anni. Mi chiedo se, al mio turno, avrò la capacità di fare altrettanto.

don Gianni

Camminare guardando in alto…

Inserito il 11 Marzo 2018 alle ore 10:01 da Plinio Borghi

Camminare guardando in alto non è un invito che vale solo per chi percorre le calli veneziane, onde evitare le fastidiose sorprese dei soliti colombi, bensì un monito universale, da applicare sia in senso letterale (chi va a scarpinare in montagna ne sa qualcosa) sia in senso figurativo. Per procedere speditamente occorre sempre guardare avanti: se guardi in giù vedi solo i tuoi piedi e inciampi, perché non avverti l’ostacolo; idem per quanto riguarda la bicicletta: mai fissare le ruote o finisci nelle rotaie del tram. Se però vuoi puntare a obiettivi ambiziosi lo sguardo deve elevarsi, oltrepassare il contingente. È in ogni caso tassativamente proibito voltarsi, come sa benissimo chi mette mano all’aratro. Visti sotto tale profilo, diventano più comprensibili sia il riferimento di Gesù al serpente di bronzo che Mosè pose in alto nel deserto, affinché alzandovi lo sguardo si venisse guariti, sia, per analogia, l’affermazione che “bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. Di primo acchito verrebbe da chiedersi se Dio abbia bisogno di simili “ritualità” per esercitare la sua misericordia o se la missione salvifica del Messia sarebbe stata sminuita se Gesù fosse morto in modo diverso. Perché la croce? È per noi, che solo se costretti a puntare lo sguardo oltre le miserie, le devianze e le tentazioni percepiamo il valore della posta in gioco e forse riusciamo a far sgorgare dal nostro cuore quell’anelito di speranza che ci salva. A dirla tutta, Gesù è la luce della nostra vita e, come tale, va per forza posta in alto per “funzionare”. Concludo con alcuni flash da un commento sulle letture di questa domenica svolto dal compianto don Franco de Pieri: Gesù è risposta di Luce. Ti viene a dire in questa Pasqua: “Sono Io la Luce che è venuta in questo mondo, che resta pur sempre pieno di tenebre”. Ci invita a uscire da ogni forma di tenebra che oscura la mente e il cuore, ad andare incontro alla luce. Nella notte pasquale la Chiesa accende il cero pasquale, che brilla nelle tenebre e a questa luce tutti i presenti sono invitati ad accendere la loro luce, ad illuminare cioè la loro esistenza con la luce che viene dal Cristo. Cristo non ha ancora perso la sua qualità e capacità di illuminare l’uomo. La luce in noi diventa gioia di vivere, diventa amore, perdono, pace, generosità.

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