Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Pandemia, social e falsi maestri

Inserito il 27 Febbraio 2022 alle ore 10:03 da Plinio Borghi

Pandemia, social e falsi maestri: tre ingredienti che hanno reso ancor più attuale, se ce ne fosse bisogno, il vangelo di oggi. Fino a ieri, in linea di massima, se si rompeva la macchina ci si rivolgeva al meccanico o se si stava male si andava dal medico e, sempre in linea di massima, ci si fidava dei referenti seguendone indicazioni, consigli e prescrizioni. È vero che caratterialmente tendiamo a discutere su tutto e di tutto e che ci improvvisiamo esperti di qualsiasi cosa, ma se le cose diventano serie prevale il senso di responsabilità e di norma ci affidiamo alle competenze. È anche vero che è sempre esistito chi è ricorso a guru, guaritori e fattucchiere varie, ma l’ha fatto con tanto riserbo personale. L’avvento dei social ha alquanto scardinato tale logica, amplificando gli effetti di quelle manie di protagonismo che prima si limitavano al chiacchiericcio da osteria o da salotto ovvero che si esaurivano in gruppi ristretti. Peggio, si sono innescate in chi si fa irretire dal sistema una perdita totale del senso critico e un’aggressività nei confronti di chi prende le distanze e lo abbiamo constatato in particolare in questo lungo periodo di pandemia. Ci auguravamo di uscirne migliori, ma mi sa che, ben che vada, raccoglieremo tanti cocci. Gesù, nel brano in lettura, mette in campo un po’ di concetti che, nel tempo, sono quasi diventati dei mantra, tanto erano scontati e riscontrabili. Può un cieco guidare un altro cieco? È chiara la messa in guardia dai falsi maestri che, sapendo di mentire e spesso con palesi obiettivi di strumentalizzazione, pretendono di convincere “chi non capisce come stanno le cose”. Sulla medesima lunghezza d’onda ci arriva l’invito a non guardare la pagliuzza nell’occhio altrui, quando noi siamo obnubilati dalla trave che c’è nel nostro: questo dovrebbe bastare quanto meno a mettere da parte le tentazioni di aggressività che la nostra supponenza, magari infarcita di storture, genera. Come fare allora a regolarsi? A chi credere? La metafora più scontata ci viene dai frutti dell’albero: se la pianta è buona, il suo prodotto è conseguente. Sta a noi saper distinguerne la qualità. Qui ci sarebbe un lungo discorso da aprire su chi sa solo incitare a “non fare”, il negazionista per partito preso, senza proporti alternative valide. Dal nostro Maestro ci arriva un buon metodo: guardare al cuore delle persone, perché le parole che escono ne riflettono la bontà o la cattiveria che sovrabbondano. Invochiamo allora con la colletta il Signore perché sani i nostri cuori divisi.

Lettera aperta del 27 febbraio 2022

Inserito il 23 Febbraio 2022 alle ore 17:05 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 27/2/2022. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

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Chi è lupo e chi agnello

Inserito il 23 Febbraio 2022 alle ore 16:45 da Don Gianni Antoniazzi

Sulle vicende dell’Ucraina viene in mente la favola di Fedro.
Recita così: «Un lupo e un agnello erano presso un torrente. Più in alto stava il lupo, più in basso l’agnello. Il primo, spinto dall’ingordigia, trovò un pretesto per lo scontro: “Perché – disse – mi hai intorbidito l’acqua mentre bevevo?”. E l’agnello timoroso: “Ma scusa, o lupo, come posso aver compiuto quello di cui ti lamenti? L’acqua scorre in giù dalle tue alle mie labbra”. E l’altro, vinto dalla forza della verità riprese: “Sei mesi fa hai detto male di me”. Rispose l’agnello: “Ma se non ero ancora nato!”. Allora il lupo replicò: “Tuo padre disse male di me”. E senza dire altro, afferrò il povero agnello e lo mangiò ingiustamente”. Conclude Fedro: questa favola è stata scritta per quegli uomini che, con falsi pretesti, opprimono gli innocenti».

Consideriamo le vicende dell’Ucraina.
Primo: in 2000 anni di storia l’uomo non è maturato, ma continuiamo a cercare pretesti per la guerra.
Secondo: beato Fedro che, nel primo secolo d.C., a Roma riusciva distinguere il lupo dall’agnello. Gesù nello stesso periodo ricordava che fra le pecore c’è sempre qualche lupo travestito. Nel caso dell’Ucraina non si capisce chi cerchi la guerra.
Terzo: forse è meglio immaginare un racconto con due lupi. In ogni schieramento chi ha potere è un lupo, mentre l’agnello è il popolo che paga per la cupidigia degli altri.

don Gianni

Andare contro corrente

Inserito il 20 Febbraio 2022 alle ore 10:03 da Plinio Borghi

Andare contro corrente, assumere un atteggiamento anticonformista, è per parecchi un vezzo che stimola a prescindere dai sentimenti reali e questo è un guaio, perché si corre il rischio da un lato di limitarsi a quel che si vuol apparire, e sarebbe il meno, e dall’altro di svilire quel poco di buono che c’è nelle impostazioni che si adottano. In buona sostanza si cade nel diffuso equivoco di predicare bene e razzolare male, pratica che spicca in modo particolare negli ambienti politici. Qui non si tratta di ostacolare il flusso dell’andazzo generale: non si riuscirebbe a resistere a lungo; vanno invece invertite le logiche che lo reggono e il prezzo richiesto, sul piano personale e sociale, è sempre pesante. Si riesce a farvi fronte se le argomentazioni tengono, ma soprattutto se sono sostenute da una convinzione percepita, che non si squaglia come neve al sole alla prima opportunità più “comoda” che si presenta. Ancora una volta, ci è maestro sublime in tutto ciò proprio Gesù, che nel vangelo di oggi ci presenta una logica così immediata e stringente che difficilmente può prestarsi all’equivoco. E parte decisamente con un uppercut allo stomaco da far impallidire qualsiasi “radical chic” travestito di ogni tempo: “amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, pregate per coloro che vi maltrattano”. Decisamente troppo e posizione ineludibile. D’altra parte, tutto il messaggio di salvezza ha tale impostazione, a chi si pone alla sequela del Cristo si chiede di essere momento di contraddizione, un’inversione di marcia rispetto al pensiero comune e lo stesso Messia si perita di spiegare il perché nel brano in lettura: se amate solo chi vi ama che novità proponete?, e se fate del bene solo a chi ve ne fa, che merito pensate di guadagnare?, e se date solo nella speranza di essere ricambiati di quale generosità andate cianciando? Anche quelli che vorreste conquistare alla causa fanno così. Sembrano norme elementari e la logica è stringente, ma non è facile. Ma Gesù non si accontenta, anzi, insiste e qui forse un po’ esagera: a chi ti percuote porgi anche l’altra guancia, a chi ti ruba il mantello dà anche la tunica che indossi e così via, tutti detti che conosciamo bene, ma che siamo poco propensi ad accettare senza pensare di perdere la nostra personalità, le nostre prerogative, il carattere “forte” che teniamo ad esibire. Eppure… sarà proprio la nostra apparente debolezza a farci riscuotere tutta la nostra credibilità di cristiani.

Lettera aperta del 20 febbraio 2022

Inserito il 17 Febbraio 2022 alle ore 13:07 da Redazione Carpinetum

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Contributi equivoci

Inserito il 17 Febbraio 2022 alle ore 13:03 da Don Gianni Antoniazzi

Il presidente Draghi ci tiene a distinguere il debito “buono” da quello “nocivo”. Eppure, il nostro governo mantiene contributi che non sempre incoraggiano la crescita e lo sviluppo della struttura sociale

Comincerei con un fatto, perché sia chiaro quello che avviene intorno a noi. Una realtà molto seria del nostro territorio sta cercando un aiuto per la cucina. Si tratta di lavorare nelle ore del pranzo e della cena. Non si tratta di un mestiere “trascendente”: bisogna sistemare i piatti, le pentole, riordinare la cucina, pulire e disinfettare i dispositivi e il pavimento. Non è richiesto un particolare titolo di studio. Talvolta potrebbe capitare l’occasione di cucinare alcune semplici pietanze. Niente di difficile. Il lavoro offre anche la possibilità, se la persona ne fosse capace, di fare una “carriera” più che decorosa. Si tratta di mostrare costanza, interesse, puntualità… insomma, le doti necessarie per vivere.

Succede che nessuna fra le persone interpellate, anche attraverso le strade ufficiali, ha accettato questa proposta. Poco per volta si capisce che tutti trovano più conveniente stare a casa e percepire il reddito di cittadinanza. Il guadagno, anche sul piano del tempo e della comodità, risulta evidente.

Cosa si può pensare dunque di questo contributo governativo che in alcuni casi favorisce la pigrizia, riduce il senso di responsabilità, impoverisce la struttura sociale del territorio, contrasta decisamente con l’idea di persona suggerita dal Vangelo?

Spero che queste righe non vengano in alcun modo lette secondo precomprensioni di partito. Semplicemente sarebbe ora e tempo di distinguere: altra cosa è dare un sostegno per favorire la vita, farla crescere, svilupparla. Altra cosa è far morire la responsabilità e l’impegno di gente con valori già fragili.

don Gianni

Il denaro non fa la felicità

Inserito il 13 Febbraio 2022 alle ore 10:05 da Plinio Borghi

Il denaro non fa la felicità. È un luogo comune al quale il più scafato è pronto a rispondere: “Ma aiuta!”. Certo, però né la botta né la risposta colgono appieno il senso delle rispettive espressioni, perché ci si ferma all’oggetto come tale, ma non alla sua funzione. Ben pochi sono coloro ai quali i soldi in sè non interessano e d’altra parte oggi rappresentano nei fatti l’unico mezzo di scambio per ottenere tutto ciò che ci serve, compresa la felicità, se rimangono un mezzo. Ma siccome l’appetito vien mangiando, il pericolo è che si tramutino in un fine e allora si crea quello stato di tensione e di ansia che non corrisponde più a quella felicità che, per sua natura, è sinonimo di appagamento e di tranquillità. Il discorso ovviamente non vale solo per denaro, ma anche per tutte le cose effimere cui aneliamo e che perseguiamo perdendo di vista obiettivi di vita più alti e qualificanti. Oggi la liturgia, nel riproporre il tema delle Beatitudini, ce ne indica alcuni, anche se apparentemente in contro tendenza, ma ci mostra pure un Gesù che sembra ce l’abbia con i ricchi, in quanto tali. In effetti non è così e il riferimento alla ricchezza concerne tutte quelle cose che non vengono da Dio, ma ammaliano l’uomo che finisce per confidarvi fino a rimanerne invischiato. Ricchezza è anche l’eccessiva sazietà (guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame), alla goduria incontrollata e disordinata (guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete), e potremmo aggiungere il successo, la carriera, il potere, il prestigio e tutte quelle cose che finiscono per sostituire le vere virtù nel nostro cuore. La prima lettura, dal libro di Geremia, inquadra bene l’argomento: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che ripone nella carne il suo sostegno e dal Signore allontana il suo cuore”. Il paragone col tamerisco della steppa, contrapposto all’albero piantato lungo l’acqua, dalla quale riceve sostegno e vitalità è rafforzativo. Sfido chiunque a dimostrare, al di là delle apparenze o di fatti marginali, di aver conosciuto esempi di felicità completa in chi ha dedicato l’esistenza volando basso. Invece ho visto molti che, pur avendo ceduto umanamente alle cose di questo mondo, hanno saputo poi riscattarsi investendo attenzione nei confronti dei più deboli e dei più emarginati, nel recupero del creato, nel ricercare la soddisfazione non nel plauso falso della gente, bensì nella genuina bene-dizione. Per costoro la “ricchezza” ha aiutato a fare la felicità.

Lettera aperta del 13 febbraio 2022

Inserito il 10 Febbraio 2022 alle ore 18:00 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 13/2/2022. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

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Ragazzi o adulti da sostenere?

Inserito il 10 Febbraio 2022 alle ore 17:41 da Don Gianni Antoniazzi

Sono incredibili i risultati dello studio di una psicologa apprezzata da molti. Se le tesi di questa professionista fossero corrette, sarebbe urgente un forte cambio di passo in noi adulti.

Una persona cara mi ha passato un articolo che ho letto con avidità. È a firma di una psicologa professionista di fama (Stefania Andreoli). Riporta i risultati della vita degli adolescenti degli ultimi tre anni.

I giovani vivono ormai con una depressione quasi cronica. Sono in crescita vistosa i ricoveri in ospedale, non per malattia, ma per fragilità psicologica. Dati alla mano, «i nostri ragazzi stanno facendo schizzare verso l’alto le statistiche di accessi al Pronto Soccorso e agli altri reparti, oltre a quelli allestiti per il Covid… spesso le Pediatrie e le Neuropsichiatrie infantili si trovano a far fronte alla carenza di posti letto. Gli studi psicologici e le agende degli psicoterapeuti sono al collasso, non è raro che un genitore prima di trovare un appuntamento per il figlio o la figlia adolescente debba fare un’infilata di telefonate, come per trovare un tavolo vista mare la sera di Ferragosto» e ancora: «la ricerca Ipsos commissionata un anno fa da Save the Children sull’impatto della pandemia nella vita degli adolescenti ha dato come esito che sono 34mila i ragazzi a rischio di dispersione scolastica in Italia». Abbiamo sempre cercato di dare risposte sbrigative dicendo che era colpa del Covid, come «l’anoressia di una figlia è colpa della taglia delle modelle in passerella, gli incubi dei giovanissimi sono colpa di Squid Game, la bocciatura a fine anno è colpa dei professori».

Secondo la dottoressa però il problema sta anche nell’inconsistenza educativa di noi adulti. Manca in noi quella robustezza, quella fiducia, quella sicurezza che forse apparteneva alle generazioni del passato. Il risultato è sorprendente. Secondo la psicologa quando i ragazzi guardano a noi non trovano riferimenti certi ma un ambiente vuoto, privo di forza. Viene da chiedersi se non sia giunto il momento di smetterla con le risposte veloci e sbrigative e lavorare sulla nostra stabilità per dare sicurezza e credibilità a chi ci guarda.

Da parte mia credo fermamente che l’incontro con il Vangelo e Cristo risorto possano essere due eventi straordinari. Conferiscono la gioia di essere amati da Dio.

don Gianni

Era una pescata tanto necessaria?

Inserito il 6 Febbraio 2022 alle ore 10:03 da Plinio Borghi

Era una pescata tanto necessaria? Viene spontaneo chiedersi se Gesù, per farsi riconoscere dai suoi come Messia, doveva ricorrere a quella lunga messa in scena, per poi alla fine ingaggiarli come “pescatori di uomini”, facendo lasciar loro tutto il frutto di cotanta fatica, oltre alle attrezzature e al mestiere. Sembra quasi che in certe circostanze, nel far luogo ai miracoli, il nostro Maestro privilegi indugiare sugli effetti speciali che non sulla sostanza delle cose, come quella volta che, dormendo o fingendo di dormire, li ha lasciati un bel po’ in balìa della tempesta, prima di calmare il vento e il mare e trovar modo di redarguirli per la loro scarsa fede. Tuttavia, nel Vangelo nulla è messo lì per riempire le righe, ma ogni risvolto ha un significato ben preciso e qui mi par di cogliere un motivo conduttore che presiede le chiamate di Gesù e qualifica le relative risposte: la prontezza e la messa in gioco di quanto contava fino a quel momento, fossero la ricchezza o gli affetti. Balzano alla mente i fatti del giovane ricco e di Zaccheo, come esempi diametralmente opposti, ma anche l’affermazione “chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me” ovvero “chi perde la vita a causa mia la guadagnerà” e via dicendo. Nella fattispecie, quindi, se l’invito fosse giunto a questi primi discepoli a reti vuote, forse più che un’adesione sarebbe parsa rassegnazione, della serie “ma sì, tanto qui non si prende niente e si vive a stento”, e invece a reti stracolme traspare tutto lo spessore della scelta radicale effettuata. Questo non significa che se uno ha poco o nulla da perdere e si pone alla sequela di Cristo abbia scarso merito, ci mancherebbe: quante situazioni sono nate anche da scelte di ripiego e poi hanno virato in vite esemplari e totalizzanti! Conta piuttosto calare la buona novella nella nostra esistenza in modo stravolgente, conta puntare con forza e determinazione alla conquista del Regno annunciato, farsi missionari e non adagiarsi come uno scontato trantran. Mercoledì ci è stato offerto un bell’esempio di tensione. Il vecchio Simeone, preso in braccio il Bambino che gli veniva presentato al Tempio, esclama: “ Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza!”. Il suo vissuto si è riempito di quell’attesa, poi appagata. E Maria? Quale ineguagliabile assunto di totale abbandono al disegno divino! Spunti ne abbiamo a iosa: impostiamoci di conseguenza.

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