Lettera aperta dell’1° giugno 2014
Inserito il 31 Maggio 2014 alle ore 12:41 da Redazione CarpinetumScusandoci del ritardo informiamo che è stata pubblicata anche online lettera aperta dell’1°/6/2014.
Scusandoci del ritardo informiamo che è stata pubblicata anche online lettera aperta dell’1°/6/2014.
C’è aria di commiato in queste domeniche che ci separano dall’Ascensione e l’ avverto ancor più perché, mentre mi sto avviando a scrivere questa riflessione, assisto ai funerali del nostro ex Patriarca Marco Cè . M’immagino benissimo lo stato d’animo dei discepoli nell’udire tutte quelle parole (amatevi.. ancora un poco e non mi vedrete.. parto, ma non vi lascio soli..vado a prepararvi un posto.. ecc.) che preludono al cambio di un rapporto e lo noto pure nelle parole dell’omelia del commosso Patriarca Francesco, nelle frasi di saluto degli intervenuti e nei testi della liturgia stessa, ancor più incisivi se si pensa a quanto il Patriarca emerito Marco abbia incarnato il Vangelo nella sua vita, dedicandosi con cura all’approfondimento della Parola, anche negli ultimi dodici anni trascorsi dopo il suo impegno pastorale. Personalmente, al di là delle svariate occasioni, porto il ricordo del suo arrivo in diocesi, quando fece tappa al Cristo Lavoratore di Ca’ Emiliani e lo accogliemmo assieme alle autorità civili, e della sua ultima Messa da “titolare”, celebrata nella chiesa dell’Ospedale SS. Giovanni e Paolo in Venezia e animata dalla mia corale gregoriana. Ora ho l’impressione che sia andato ad occupare quel posto che Gesù ha promesso a ciascuno di noi e da là continui a seguirci. Immagino anzi che, appena arrivato, il Padre gli abbia detto: “Accomodati, perché sei stato buono e fedele allo Spirito di Verità appreso dal Paràclito e hai ben osservato i comandamenti”. E’ proprio il motivo conduttore di quest’ultima domenica di Pasqua, quando Gesù riscontra l’amore che diciamo di portargli “semplicemente” nell’osservanza dei suoi comandamenti, la quale si riassume anche nel modo con cui viviamo la nostra vita, nel come ci atteggiamo con gli altri, nella reciprocità più spontanea, nella solidarietà verso i più deboli e diseredati. Marco Cè ha saputo tradurre tutto ciò anche nel suo stemma, che ora è inciso sul suo sarcofago: “Christus Ipse Pax”, Cristo è Egli stesso la pace. D’altronde, quando dopo la resurrezione si presenta più volte agli Apostoli, non ripete sempre: “Pace a voi”? Facessimo tesoro di più di questo basilare messaggio e dessimo più sostanza alla parola “pace”! Anche nelle campagne elettorali, imbevute di odio, rancori, insulti, rivalità speciose, in parole povere diseducative!
C’è una responsabilità che ci viene direttamente dalla fede. Quella di partecipare alla storia come persone responsabili e mai come spettatori passivi. Il Signore Gesù non ha guardato la nostra condizione stando fuori dalla nostra vita di uomini. Ha assunto un corpo, ha partecipato alle nostre vicende. Ha pagato fino alla morte di croce ed ora, sempre coi segni della passione, resta con noi fino alla fine. Discepoli di questo Cristo non possiamo restare indifferenti alle sorti del tempo presente. Un cristiano è libero di esprimere in coscienza un voto secondo la sensibilità e la cultura personale. Anche astenendosi si potrebbe talora indicare un atteggiamento coraggioso.
In linea generale però noi partecipiamo sempre e con responsabilità alle vicende del nostro tempo da uomini che fanno la fatica di tirare la carretta e si rendono protagonisti in ogni servizio, anche per quello del bene comune e della cosa pubblica.
Ritengo che il minimo dovere di ciascuno di noi sia quello di votare. Se non si compie questo passo rischiamo poi di non diventare in alcun modo responsabili per le conseguenze politiche della storia presente. I nostri figli ci chiedono di riflettere e di esprimere una scelta per il bene. È l’occasione per aiutarli.
don Gianni
Pubblicata anche online lettera aperta del 25/5/2014. Come sempre aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Ricordiamo che il fondo del parroco e le meditazioni vengono pubblicate la domenica, coerentemente con il giorno al quale sono dedicate e cui spesso fanno riferimento.
Il “collante” necessario per trasformare i pezzi sparsi in un qualcosa di strutturato varia a seconda della materia da trattare. Ciò vale per gli oggetti, per le piante (basti pensare ad un insieme per comporre un giardino), per gli animali (il capo branco, il pastore, di cui si diceva anche domenica scorsa, ecc.) e così pure per gli esseri umani: se da individui vogliamo formare una famiglia, una comunità o una società. In questi casi il collante può essere l’amore, un obiettivo comune, un’ideologia, un superiore, un buon leader e quant’altro. Tutt’e tre le letture che la liturgia propone oggi offrono spunti particolari sul tema. Nella prima, dagli Atti degli Apostoli, le comunità di convertiti sono attratte dalla Parola che è stata loro annunciata, ma la loro coesione vacilla per questioni organizzative e di rivalità: l’istituzione dei diaconi, col compito di attendere alla carità, diventa una sorta di collante. Nella seconda, la funzione è richiamata da Paolo, che ci paragona a pietre vive che devono far perno su Gesù, pietra per eccellenza, scartata dai costruttori e divenuta testata d’angolo per noi stirpe eletta, ma inciampo per chi rifiuta la Parola. Nel vangelo poi è Gesù stesso, che dipanando ogni indugio e titubanza fra i discepoli sulla strada da seguire per arrivare al Padre, proclama con autorità: “Io sono la via, la verità e la vita”. Eccolo il nostro collante per essere strutturalmente cristiani, per essere Chiesa, per realizzare la vera Comunione dei Santi! Nessuno che abbia preso altre direzioni per cercare di giungere alla verità può vantare altrettanta efficacia, nessuno comunque può garantirti una vita che non si logora e un posto prenotato da Gesù stesso nel Regno, al quale fin d’ora apparteniamo. Quanti farebbero carte false per fregiarsi di uno “slogan” altrettanto efficace! Lo dicevamo anche la settimana scorsa: troppi briganti millantano credenziali fasulle, troppi seminano a piene mani promesse che poi sanno già di non poter mantenere, troppi indicano percorsi sui quali loro stessi non si fanno poi trovare. E non parlo solo di politici, sindacalisti o imbonitori di altro stampo, ma anche di guide e pastori che mancano alla consegna ricevuta, che trascurano il loro dovere. Per fortuna abbiamo una Garanzia che non viene mai meno, perché sappiamo come e quanto ci ha amato e ci ama. E tanto ci basta.
Sabato prossimo, 24 maggio, alle ore 16.00, 54 ragazzi della parrocchia riceveranno il sacramento della Crismazione e, per la prima volta, si accosteranno all’Eucaristia. Una tappa preziosa non solo per loro, ma per ognuno di noi, responsabili della crescita nella fede.
Elenchiamo qui di seguito i nomi di questi amici perché possiamo ricordarli personalmente nella preghiera.
Aggiungo poi qualche considerazione. Ricordo la mia prima comunione. A 7 anni sono stato portato ad Eraclea, nella chiesa principale e, di mattino presto, insieme a mia sorella, ho ricevuto l’eucaristia. Unico segno di festa fu andare nell’asilo a prendere la cioccolata, serviti dalle suore. Una giornata quasi ordinaria. Ma da quel giorno non ho mai mollato l’Eucaristia. Dai 10 anni in poi ho partecipato alla Messa ogni giorno. Per mia scelta. Anche vincendo qualche resistenza dei genitori perché talvolta interrompevo il ritmo del lavoro. Alla cresima mi sono preparato con una catechesi del tutto sommaria. Anche in questo caso poche feste. Dopo la cerimonia vi fu un pranzo in casa; il padrino mi consegnò i doni che l’obbligo suggeriva (l’orologio). Eppure sono diventato prete.
In questi anni, nella tappa dei sacramenti, siamo capaci di organizzare un pranzo di nozze. Dopo tuttavia per tanti, anche di parrocchia, la fede diventa un vago ricordo. Non ci siamo. Proprio non ci siamo. A breve dovremo cercare una proposta più appassionante. Ma il cuore mi suggerisce che la cosa dipende da noi adulti, educatori e genitori. Sarà bene guardare al nostro rapporto col Signore Gesù. In fretta.
don Gianni
Pubblicata anche online lettera aperta del 18/5/2014. Come sempre aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Il fondo del parroco e le meditazioni vengono pubblicate la domenica, coerentemente con il giorno al quale sono dedicate e cui spesso fanno riferimento.
Prossimamente pubblicheremo le immagini dell’inaugurazione del Centro don Vecchi 5 che si terrà oggi 14 maggio alle 11 e a cui siete tutti invitati.
Pastori si nasce. L’odore delle pecore, tanto perorato da Papa Francesco, non te lo puoi spruzzare addosso come un profumo qualsiasi: ne devi essere impregnato standone a contatto continuamente. Per farlo, occorre che si verifichino due presupposti: essere riconosciuto da loro e conoscerle ad una ad una. Semplice? Per niente. In primo luogo non è una vita comoda e scontata, ma va costruita giorno dopo giorno finché non si crea quell’osmosi, quella simbiosi necessaria a mantenere il gregge in perfetta efficienza, pronti non solo ad intervenire nella circostanza avversa, ma anche a prevenirla: è il feeling che deve intercorrere tra il tutore e il tutelato. In secondo luogo ci sono in giro troppi “mestieranti” che si vendono a prezzi più accessibili, ma che non sanno alcunché di pascolo, che non hanno acquisito l’odore necessario, che a primo acchito sembrano favorire le tendenze del gregge, ma poi finiscono per disperderlo. Infine abbiamo i veri e propri malfattori, quelli ai quali nemmeno interessa strumentalizzare le pecore, bensì farle fuori tout court. Costoro ovviamente non si serviranno mai della porta per entrare nell’ovile, ma lo faranno di soppiatto. Fuor di metafora, sono quelli che ti fanno vergognare di essere pecora, che inveiscono contro i greggi, ti convincono che la vera libertà consiste in ben altro, fingono di curare i tuoi interessi, ma covano ben altre mire, nella migliore delle ipotesi personali, nella peggiore ideologiche. Tu comunque sei fregato. Ebbene, nel vangelo di oggi Gesù si propone a giusta ragione come il Pastore perfetto e svolge tutta una serie di considerazioni per descriversi e per metterci in guardia. È il più bel discorso “politico” che io abbia sentito pronunciare e che ben si attaglia ad ogni forma di società che l’uomo ha instaurato, compresa quella odierna. Leggetelo con calma e ditemi se non ho ragione. Soprattutto mi piace come fa passare il concetto di quanto essere pecore e gregge di un buon pastore sia una vera libertà e per di più rassicurante. Proviamo ad assumerlo come chiave di lettura di questa ennesima campagna elettorale in corso, leggiamo un po’ con questi occhiali 3D gli assalti di cui siamo e saremo oggetto e poi scegliamo pure i nostri orientamenti. Ci accorgeremo che l’unico e affidabile maestro di vita è proprio il Vangelo.
Scrivo queste righe per invitare i parrocchiani all’inaugurazione del Centro don Vecchi 5, mercoledì prossimo 14 maggio, alle 11.00, in località Arzeroni, raggiungibile seguendo le indicazioni riportate nella piantina pubblicata su lettera aperta dell’11 maggio 2014.
La struttura è pensata per quelle persone bisognose che stanno perdendo l’autonomia. Chi entra in questo ambiente riceve un appartamento che diventa in tutto casa sua: arredato con mobili, quadri, pentole e quant’altro appartiene alla sua storia.
In questo centro i residenti troveranno un’alta protezione, una continua accudienza, una vigilanza familiare notte e giorno.
L’inaugurazione è stata studiata in modo da consentire a tutti i presenti di poter visionare i 65 appartamenti della struttura.
Poi accoglieremo coloro che ne hanno fatto o ne faranno richiesta. Da settembre, a Dio piacendo, inizieremo l’attività al completo. Vi invito dunque a visitare questo Centro che esprime la concretezza dell’amore fraterno. Alla fine della cerimonia ci sarà anche un brindisi per festeggiare la provvidenza di Dio e la generosità dei tanti che hanno reso possibile questa impresa. Vi aspettiamo numerosi e pieni di gioia.
don Gianni
Pubblicata anche online lettera aperta dell’11/5/2014. Come sempre aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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