Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Gli strali di don Armando…

Inserito il 28 Settembre 2014 alle ore 12:24 da Plinio Borghi

Gli strali di don Armando verso baciabanchi e bigotti e, di contro, la promozione di chi invece compie opere meritevoli, pur non essendo tanto allineato nella fede, mi hanno sempre messo in crisi, quanto meno perché, da credente e praticante, ti viene spontaneo chiederti se sei anche coerente e se quello che fai è abbastanza. Qua non sono in gioco i massimi sistemi e cioè se noi apparteniamo o meno alla schiera di quelli posseduti dalla Chiesa, ma non da Dio, o viceversa, bensì il nostro modo di vivere il quotidiano, se facciamo andare il motore a pieno regime e acceleriamo, secondo le nostre possibilità, o lo teniamo al minimo, accontentandoci di gesti formali. Nel Vangelo di oggi Gesù interpella in merito proprio i responsabili della legge, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, coloro che insegnano agli altri come comportarsi e di norma dovrebbero dare l’esempio, e li provoca con la parabola del padre che chiede ai due figli di andare a lavorare nella vigna: uno dice prontamente di sì, ma poi non ci va, e l’altro risponde di no, ma poi ci va. Segue la classica domanda retorica quanto provocatoria: “Chi dei due ha fatto la volontà del padre?” per concludere che “pubblicani e prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio”. Ennesimo momento di crisi! Ma perché? È forse escluso che ci sia chi dice di sì e poi va effettivamente a lavorare? Si deve per forza essere dei convertiti, delle pecorelle smarrite, dei figliuoli prodighi per ottenere misericordia e attenzione? In queste domande risuonano un po’ le lagnanze dei lavoratori di domenica scorsa, pagati per tutta la giornata come quelli assunti l’ultima ora e convengo che la provocazione di Gesù è molto più sottile di quanto non sembri: i credenti, i giusti, hanno molte più chance di compiere del bene e di salvarsi, purché sappiano sfruttare il vantaggio, senza pigrizia o sussiego o precoce senso di appagamento, abbiano l’umiltà di ascoltare la Parola, di adeguarvisi e di incrementare la propria fede. Così facendo, non saranno mai superati da qualcuno che viene dopo. Diversamente… correranno il rischio di aver già ricevuto la loro ricompensa e, al momento opportuno, toccherà agli altri. Dice infatti oggi San Paolo: “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso”. Il resto del brano ci indica come seguire il Maestro ed è pura poesia e catechesi: vale la pena di rileggerlo, con calma.

Lettera aperta del 28 settembre 2014

Inserito il 25 Settembre 2014 alle ore 19:31 da Redazione Carpinetum

Pubblicata lettera aperta del 28/9/2014. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Da alcune settimane abbiamo iniziato a proporre durante la settimana il fondo del parroco, in modo che chi lo desidera possa commentarlo. Le meditazioni di Plinio Borghi invece continuano ad essere pubblicate la domenica, coerentemente con la data liturgica alla quale sono dedicate.

Se i pesci potessero parlare…

Inserito il 25 Settembre 2014 alle ore 19:22 da Don Gianni Antoniazzi

… ci sarebbero meno pescatori? I diritti sono di tutti o solo di chi protesta? Chi non parla (= in-fans), il piccolo, raramente viene considerato.

La Scrittura Divina racconta la vicinanza di Dio a chi è senza figli e nel Vangelo Gesù dimostra predilezione per chi supplica in favore dei propri bimbi. Dio ha pensato all’uomo come genitore di vita ed è vicino a chi soffre perché non ha discendenza.

La Chiesa vorrebbe essere capace di vicinanza a chi cerca un figlio.

C’è però da prestare attenzione anche alle ragioni dei più deboli. Si parla dunque del diritto dei genitori, anche dello stesso sesso, a formare una famiglia, ad avere dei figli. Ma, per natura, il piccolo non avrebbe forse diritto a due genitori diversi? Da decine di migliaia di anni i bambini hanno un padre e una madre. Ebbene: ci scandalizziamo (giusto!) per un terreno modificato artificialmente. Perché dunque inquinare la psiche di un bambino se i genitori ritengono di averne diritto? Solo perché in modo artificiale si può comunque restare incinta? Pare che i diritti dei più piccoli restino dunque all’ultimo posto. Anche perché essi non votano e non possono organizzare manifestazioni.

Spero che queste parole siano comprese non come un’indebita ingerenza ma come un invito ad una riflessione ulteriore.

don Gianni

(Chi volesse approfondire l’argomento trova in chiesa dei cartelloni che suggeriscono un corso organizzato dalla diocesi).

La garanzia del lavoro…

Inserito il 21 Settembre 2014 alle ore 12:15 da Plinio Borghi

La garanzia del lavoro (non a caso elemento fondante della nostra Repubblica) è base essenziale di qualsivoglia equilibrio sociale e di conseguenza metro di misura del benessere e del progresso economico. Infatti, la crisi che da anni stiamo attraversando si traduce inesorabilmente nella riduzione degli spazi di lavoro e nell’aumento della disoccupazione. Anche la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) non fa che ripetere quanto sia primario il problema e sollecitare in tal direzione ogni sforzo riformativo. Non credo peraltro che ci siano stati tempi o luoghi in cui la realtà fosse diversa, anzi, spesso si è rallentato il progresso, se questo comportava sacrificio di posti di lavoro (la Cina è uno degli esempi più lampanti). Fanno eccezione poche e marginali situazioni, dove la ricchezza “sgorga” da sotto i piedi, ma in questi rari casi lo sfruttamento è comunque affidato all’attività di terzi. Altra questione invece è come il lavoro venga distribuito, organizzato e alla fine ricompensato: qui il ventaglio si apre alquanto, nascono le differenze imprenditoriali e sociali e le tensioni che ne derivano, arrivando a giustificare in particolare il ruolo del sindacato. Nessuna meraviglia allora se anche il vangelo, molto attento alle questioni ordinarie del vivere, dedica alcuni spaccati all’argomento, dei quali quello odierno è uno dei più noti e controversi. E’ la parabola del padrone della vigna, che arruola in vari momenti della giornata operai e che alla fine compensa tutti allo stesso modo, cosa che ha innervosito allora e che fa venire i crampi allo stomaco ancor oggi. A prescindere dal risvolto religioso, che punta l’attenzione alla similitudine col Regno dei cieli, alla Misericordia divina e al metro di Dio che non è il nostro, per cui gli ultimi saranno primi e i primi ultimi, come conclude la pericope in esame, rimane il risvolto umano e sociale dato dalla premessa: conta di più il compenso o la garanzia del lavoro? Quante volte s’è sacrificato un maggior guadagno alla sicurezza del posto? Ci da più prospettive di investimento di vita una proiezione a lungo termine o una rendita più alta, ma poco duratura? Sembrano domande retoriche, che spesso però smentiamo con i nostri atteggiamenti che non guardano più in là di un palmo dal naso. Riflettiamoci una volta tanto liberi dalle pastoie imprenditoriali e sindacali e con un occhio di riguardo a Chi se ne intende.

Se a guidare sono i ciechi

Inserito il 17 Settembre 2014 alle ore 18:33 da Don Gianni Antoniazzi

Il  Vangelo invita a non seguire guide cieche. Comincia un nuovo anno in parrocchia: riflettiamo un attimo sulle guide del nostro tempo.

Un celebre versetto del Vangelo recita così: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?” (Lc 6,39).

Fra noi molti hanno il ruolo di guidare i fratelli: animatori, catechisti, capi scout, ma anche genitori, insegnanti e responsabili di ogni tipo.

Riflettiamo un istante, perché ogni tempo ha le sue guide cieche.

C’è il codazzo dei sondaggi con lo stuolo dei sondaggisti. Se il 70% è di un’opinione, allora quella diventa la verità da seguire e insegnare. Ma al tempo di Hitler avremmo fatto catechismo coi sondaggi del nazismo o col testo del Vangelo?

C’è il dominio dei mass media. Dettano mode, linguaggi e spese. Domandano di chiudere gli occhi sulla realtà, così che dovremmo stare in poltrona mentre altri penserebbero a guidarci: è gente che cura i suoi interessi e noi si va dritti in fosso.

C’è il democraticismo. Crescere è fatica. Difficile che qualcuno voti per sgobbare. Se conduciamo un gruppo per alzata di mano, più che un progresso avremmo un declino.

C’è poi l’efficientismo. Chi propone sempre la soluzione più produttiva è una guida illuminata? La vita dell’uomo, quella più autentica, non dipende dai suoi beni. Il Vangelo insegna che per star contenti, per viver bene, bisogna donare, non trattenere.

C’è bisogno di guide sagge, docili al Vangelo, libere dal mondo, con voglia di proporre (senza imporre) quello che Gesù ha saputo suggerire. Si aprirebbero strade di vita vere, per quanto impegnative.

don Gianni

Lettera aperta del 21 settembre 2014

Inserito il 17 Settembre 2014 alle ore 18:20 da Redazione Carpinetum

Pubblicata lettera aperta del 21/9/2014. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Da alcune settimane abbiamo iniziato a proporre durante la settimana il fondo del parroco, in modo che chi lo desidera possa commentarlo. Le meditazioni di Plinio Borghi invece continuano ad essere pubblicate la domenica, coerentemente con la data liturgica alla quale sono dedicate. Fateci sapere se questa nuova soluzione vi piace.

Ricordiamo che abbiamo ripreso la pubblicazione degli appuntamenti della settimana, inseriti anche su Lettera aperta e all’ingresso della chiesa.

Esaltarsi della Croce…

Inserito il 14 Settembre 2014 alle ore 12:22 da Plinio Borghi

Esaltarsi della Croce non sarebbe proprio il top, dal punto di vista umano. Malgrado che anche Gesù ci abbia assicurato, non più di qualche settimana fa, che il suo giogo è dolce e leggero, noi siamo abituati a pensare alla croce come a un peso da sopportare e quando siamo obbligati a subire qualcosa o qualcuno che è una disgrazia usiamo esclamare: “El xe proprio ‘na crose!”. Invece, da cristiani, dobbiamo introiettare il concetto che dalla Croce è dipesa e dipende la nostra salvezza. “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”, dirà Gesù a Gerusalemme e oggi, in sintonia con la prima lettura, afferma: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”. E così è stato, il Cristo crocifisso è diventato il nostro “Vessillo regale”, cui guardare se vogliamo ottenere la salvezza. Per questo il crocifisso ha assunto nella nostra cultura una forte carica simbolica e iconografica, in quanto segno ineguagliabile di un Dio che “non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso .. diventando simile agli uomini.. e facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”, come dice San Paolo. Con grande costernazione di chi, non riconoscendolo, ha comunque capito che il messaggio è troppo forte e perciò se l’è presa prima con lui, quindi con i seguaci, poi con i cristiani, con la Chiesa e infine con i crocifissi appesi ai muri. Ancora si scatenano persecuzioni e repressioni contro chi professa questo messaggio di salvezza ed i martiri (Iraq, Siria, Nigeria, Turchia, Cina, ecc.) non si contano più. E’ evidente che simili e inqualificabili atteggiamenti non sono che segni di debolezza, oltre che di profonda ignoranza. Sarebbe un peccato che noi non ce ne facessimo carico e non riprendessimo a dare un po’ più di smalto ad una fede spesso assopita, a volte pavida, talora relegata a pura formalità. C’è un motivo conduttore nella Via Crucis, che ripetiamo a tutte le stazioni ed è ripreso anche nella liturgia odierna al Canto al Vangelo, che dice: “Ti benediciamo o Cristo, perché con la tua croce hai redento il mondo”. Una sintesi efficace che ci impegna: non c’è redenzione solo per noi, ma per tutto il mondo ed è compito nostro farlo capire a chi non ci è ancora arrivato. Maria addolorata, che festeggiamo domani, ci sia d’aiuto e una di queste sere, se abbiamo due minuti, diamo una letta all’Inno alla Croce previsto dai Vesperi odierni: è bello e ci farà bene.

Lettera aperta del 14 settembre 2014

Inserito il 10 Settembre 2014 alle ore 22:02 da Redazione Carpinetum

Pubblicata anche online lettera aperta del 14/9/2014. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Da alcune settimane abbiamo iniziato a proporre durante la settimana il fondo del parroco, in modo che chi lo desidera possa commentarlo. Le meditazioni di Plinio Borghi invece continuano ad essere pubblicate la domenica, coerentemente con la data liturgica alla quale sono dedicate. Fateci sapere se questa nuova soluzione vi piace.

Da questa settimana riprende anche la pubblicazione degli appuntamenti della settimana, inseriti anche su lettera aperta e all’ingresso della chiesa.

Il giudizio di Re Salomone

Inserito il 10 Settembre 2014 alle ore 20:11 da Don Gianni Antoniazzi

All’inizio del nuovo Anno Pastorale si fanno i conti con calendari sempre in conflitto. Bambini e ragazzi sono contesi fra gli impegni che noi adulti organizziamo per averli vicini.

Tutti conosciamo il celebre episodio di Salomone chiamato a giudicare fra due mamme. Una aveva soffocato il bambino nel sonno e contendeva il figlio dell’altra che dormiva nello stesso letto. Il re comanda a una guardia di tagliare il bambino in due così da contentare le contendenti. Subito però la madre naturale cede il figlio alla compagna, pur di tenerlo in vita. Da questo gesto d’amore il re comprende la verità. Situazioni simili ce ne sono ovunque. Con la crisi di nascite tutti si contendono i pochi bambini rimasti. Polisportive, società, istituzioni, e quant’altro, vogliamo che i giovanissimi frequentino le nostre iniziative da capo a fondo.

Non è mio desiderio possedere i ragazzi del catechismo. È invece opportuno che loro siano contenti. La fede è niente se non è gioia. Se un ragazzo o una ragazza ha troppi impegni sovrapposti agli orari di questa parrocchia, quando vien qui rischia di sentirsi in debito o a disagio. Non va bene.

Lascio dunque libere la famiglie di cercare soluzioni alternative: piuttosto che fare un cammino zoppo in questa comunità preferisco che i figli trovino altrove un orario più consono alle loro esigenze.

Dunque: chi ha impegni contemporanei al catechismo o alla Messa della domenica cerchi una parrocchia vicina con un orario più adeguato. Lo scrivo pensando alla serenità dei figli. Non per disinteresse e tanto meno per pigrizia. Piuttosto che siano contesi fra molte attività, lascio volentieri che i ragazzi vadano dove sono più sereni. In futuro capiranno chi ha cercato il loro bene.

don Gianni

La maglietta rovescia…

Inserito il 7 Settembre 2014 alle ore 12:03 da Plinio Borghi

La maglietta rovescia. Durante una gita, mentre stavamo attendendo l’inizio della Messa, una nostra amica si accorge che una delle partecipanti, che si era tolta nel frattempo la giacca, aveva indossato la maglietta alla rovescia (etichetta e prezzo erano in bella vista sul collo) e glielo fa gentilmente notare. Di rimando questa si gira e le risponde che va bene così: è fatta apposta. L’amica se la mette via e si zittisce. Più tardi, al ristorante, l’altra entra con la maglietta diritta e manco si sogna di dare atto o ringraziare. E si trattava solo di una maglietta, figurarsi se fosse stato qualcosa di più serio o impegnativo! Ha un bel dire Gesù nel Vangelo di come correggere il fratello che sbaglia! Tuttavia il Maestro sa come vanno le cose, tanto che, esperiti inutilmente tutti i tentativi di recupero, dice: “(Quello) sia per te come il pagano e il pubblicano”. Il che non significa che cessi di essere prossimo comunque e come tale vada amato, ma che si è autoescluso dalla comunità. Anche la prima lettura, dal libro di Ezechiele, viaggia sullo stesso tono: ti verrà chiesto conto della morte del malvagio, se tu non avrai fatto nulla per redimerlo. Stavolta è allineato anche San Paolo che conclude: “Pienezza della legge infatti è la carità”. Guarda caso, tutto l’impianto della liturgia odierna è in sintonia sia con il pellegrinaggio che la Parrocchia ha intrapreso questa settimana (banco di prova della tolleranza, dell’aiuto reciproco, della pazienza con gli altri, ecc. ecc.) sia con la presa di posizione del nostro parroco su “lettera aperta” di domenica scorsa, la quale, data la pregnanza dell’argomento, è assurta poi all’attenzione della stampa fino a livello nazionale. La carità non è l’elemosina elargita per lavarsi un po’ la coscienza (e magari col recondito desiderio di essere lasciati in pace), ma è qualcosa di impegnativo e di educativo. Chi ne è oggetto ha l’obbligo di non estraniarsi dalla comunità rifiutandone regole e principi, primo fra i quali, per noi, il Vangelo. Non ho mai letto che Gesù abbia posto mano al portafoglio (forse la sua tunica era anche senza tasche!), anzi, al diseredato che gli chiedeva aiuto, prima di tutto perdonava i peccati. Attenti alla conclusione del vangelo: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. Ne consegue che comunque ci muoviamo Lui è con noi, se lo facciamo nel suo nome, cioè sul suo esempio.

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