Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Lettera aperta del 4 ottobre 2020

Inserito il 30 Settembre 2020 alle ore 16:55 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 4/10/2020. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

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Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.

Libertà o rispetto?

Inserito il 30 Settembre 2020 alle ore 16:44 da Don Gianni Antoniazzi

In questi giorni è stato contestato un testo scolastico: un bambino di colore parla in modo sgrammaticato. Sembra giusto: noi Italiani partiamo dal rispetto per tutti e la libertà di espressione è un valore secondario

Mentre la Francia canta ogni forma di libertà, in Italia abbiamo l’attenzione per ogni persona umana.

Per esempio, è scoppiata la polemica circa un testo scolastico per le elementari: fra le immagini un bambino di colore diceva parole sgrammaticate: “Quest’anno io vuole imparare italiano bene”. Il manuale di letture “Le avventure di Leo” per la classe di seconda elementare edito dal Gruppo Editoriale Raffaello è dunque passato sotto il mirino dell’associazione “Educare alle differenze” che ne ha fatto un caso sui social.

In Francia invece prevale la libertà di espressione. Significativo il caso delle vignette satiriche di un famoso settimanale che continua a offendere i sentimenti religiosi. In quel caso i francesi parlano di diritto alla satira e alla libera espressione.

Forse sarebbe meglio riconoscere che questi vignettisti hanno superato il confine e sono passati sul versante della rabbia, della violenza, dell’insulto, privi di equilibrio e razionalità. Cosa viene prima: la dignità delle persone e il rispetto per la loro opinioni, anche religiose, oppure la voglia di vendere qualche copia in più di un giornale che offende la sensibilità altrui? Al solito, si nasconde la povertà umana sotto una patina di cultura di bassa lega.

don Gianni

Ah bravo! E ti va anca in ciesa!

Inserito il 27 Settembre 2020 alle ore 10:02 da Plinio Borghi

Ah bravo! E ti va anca in ciesa! Quante volte ci saremo sentiti ripetere questa frase a fronte di qualche marachella, se eravamo ragazzi, o di comportamenti incoerenti da adulti! Sappiamo qual è il concetto: se pratichi certi ambienti, se sei stato formato con certi principi, dovresti avere un’impostazione più corretta di altri, più esemplare. In realtà non è per nulla scontato, ma fa comodo il richiamo sia a chi sta da questa parte, perché non è neanche bello predicare bene e razzolare male, sia a chi si trova sul fronte opposto per l’ovvio confronto che ne deriva. Poi, alla fine, è nell’ordine delle cose che spesso troviamo esempi sublimi di apertura e di carità fra i cosiddetti lontani e, di contro, una totale mancanza di simili caratteristiche non solo fra i “bacia banchi”, ma addirittura fra gli stessi rappresentanti della Chiesa. Ciò non toglie che in ogni ambito, in ogni società, in qualsiasi espressione religiosa non vi siano analoghe e macroscopiche contraddizioni. Questo non sminuisce le nostre né ci giustifica e oggi il nostro Maestro, proprio per darla sui denti ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, estrae dal suo cilindro senza fondo un altro dei suoi tipici esempi: quello dei due fratelli invitati dal padre ad andare a lavorare nella vigna. Uno risponde prontamente di sì, ma poi non ci va, e l’altro nicchia e tergiversa, ma poi ci ripensa e va. Gesù non si ferma alle formalità, ma va al concreto: chi ha fatto la volontà del padre? Domanda retorica. D’altronde, quante volte ci ha ammonito col «non a chi dice “Signore Signore” è garantito il Regno dei cieli, ma a chi opera il bene concretamente»? Certo, questo non vuol dire trascurare la preghiera o non dare peso anche alla forma, che in talune circostanze diventa pure sostanza, bensì dare la giusta importanza alle cose. San Paolo lo sottolinea in più circostanze quanto pesi la Carità rispetto a tutto il resto e oggi insiste con indicazioni che sembrano collocate ad hoc nel clima elettorale: “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri…”. Mah! Parole al vento come furono quelle del Battista per gli interlocutori di Gesù? Stiamoci attenti, comunque, perché a snobbare alla fine si resta snobbati, specie se ci sembrerà di non aver fatto nulla di male e vedremo invece pubblicani e prostitute precederci nel Regno.

Lettera aperta del 27 settembre 2020

Inserito il 23 Settembre 2020 alle ore 15:21 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 27/9/2020. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

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Sempre pronti

Inserito il 23 Settembre 2020 alle ore 15:12 da Don Gianni Antoniazzi

Sarà il clima autunnale, sarà la fatica della ripresa, ma di fatto i segnali di fiacca si moltiplicano e talvolta soffocano l’iniziativa di chi avrebbe buone intenzioni. L’emergenza sanitaria impone di combattere la pigrizia

L’apostolo Paolo ammonisce i cristiani di Tessalonica: “chi non vuol lavorare neppure mangi” (2Tess 3,10). Alcuni, infatti, pensavano che in pochi giorni ci sarebbe stata la fine del mondo e avevano smesso di lavorare. A costoro l’Apostolo comanda di mangiare il proprio pane e di stare in pace. Chi per pigrizia, aveva smesso di lavorare, avrebbe dovuto attendere il Signore nel digiuno.

La situazione si sta ripetendo: col pretesto del Covid-19 ci stiamo mettendo a riposo. I segni di pigrizia sono parecchi. Per esempio: abbiamo pubblicato il calendario della parrocchia chiedendo ai gruppi di fare altrettanto. In 3 settimane nessuno ha risposto, se non per organizzare il servizio alle Messe delle 9:30 e delle 12:00. “È un peccato non far niente dal momento che non si può far tutto” (Churchill). Anche nel rispetto delle norme sanitarie c’è un po’ di pigrizia.

Qualche giorno fa una persona è venuta in chiesa ed è andata a sedersi. Durante la Messa ha cominciato a tossire. Ci sarebbe la regola di uscire subito e invece, per tossire con più facilità, questa persona ha pensato bene di togliere anche la mascherina, lasciando molti sbigottiti.

Questa negligenza è figlia di pigrizia. Sta bene allora una frase di Confucio: “La pigrizia cammina così lenta che la povertà non fa grande fatica a raggiungerla”. In effetti stiamo diventando così lenti nelle nostre attività che presto, sulla porta di casa, troveremo la povertà.

don Gianni

Siamo chiamati a scegliere

Inserito il 20 Settembre 2020 alle ore 10:00 da Plinio Borghi

Siamo chiamati a scegliere: la scadenza elettorale ci sollecita uno dei diritti/doveri di maggior rilievo e cioè compiere opzioni responsabili per noi e per la nostra società. In sé, questo significa che non dovremmo ragionare secondo la logica del tornaconto personale, bensì nell’ottica complessiva di quello che riteniamo il bene comune, anche se ciò dovesse cozzare con gli interessi di parte. È con tale spirito che ci rechiamo alle urne? Ho i miei profondi dubbi, al punto che è da lunga pezza che ritengo che l’esercizio del voto non sia per niente libero; non almeno da condizionamenti e preconcetti. Nella migliore delle ipotesi assomiglia sempre più a una corsa di cavalli, scommesse incluse, e nella peggiore a una gara di braccio di ferro, dove i più incitano quello che giudicano il più forte. È il classico modo di pensare che ci contraddistingue e non lo usiamo solo in campo civile, ma pure in quello religioso, tanto che sfido chiunque a non provare un attimo di stizza nel leggere il brano del vangelo di oggi, quando il padrone della vigna corrisponde a tutti lo stesso compenso, che abbiano lavorato un’ora o un giorno. Sappiamo i motivi e Gesù non manca mai di stupirci e di richiamarci ad altre logiche diverse dalle nostre. Quella che, tuttavia, ci sferza in modo più sbrigativo e diretto è la prima lettura: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. … Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri”. Come comportarci per cercare non dico di capire, ma almeno di far collimare il più possibile la nostra visione delle cose col disegno di Dio? In due modi: avere come riferimento ineludibile il Vangelo e sforzarsi di essere il più obiettivi possibile, specie quando accusiamo il Signore di guardare da un’altra parte. “Il Signore è vicino a chi lo invoca”, ripete il salmo responsoriale di oggi. Cerchiamo il confronto con Lui, in particolare quando ci assale il dubbio che il nostro modo di vedere sia un tantino soggettivo ed egoistico. Facciamolo togliendo noi stessi e le nostre pseudo sicurezze dal centro dell’attenzione e ci accorgeremo che le scelte sembreranno più oculate e più giuste. Alleniamoci così anche votando: rivisitiamo ciò che finora ci ha convinto e mettiamoci in panni diversi, così vediamo se rimaniamo saldi nelle stesse idee o se qualche dubbio ci fa vacillare. Sarebbe il primo passo verso una maggiore obiettività.

Il diacono Franco è tornato alla casa del padre

Inserito il 19 Settembre 2020 alle ore 14:55 da Don Gianni Antoniazzi

Cari amici, oggi la figlia del nostro diacono Franco ci ha informati che è andato in cielo.
Noi sappiamo che è accolto dal Padre del Signore Gesù. Con questa speranza certa ci stringiamo alla famiglia e partecipiamo al lutto che li ha colpiti.

Le esequie del nostro diacono Franco saranno celebrate in parrocchia giovedì 24 settembre alle ore 10.30. Presiederà il Patriarca Moraglia.

Lettera aperta del 20 settembre 2020

Inserito il 16 Settembre 2020 alle ore 18:09 da Redazione Carpinetum

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Coraggio e gentilezza

Inserito il 16 Settembre 2020 alle ore 17:56 da Don Gianni Antoniazzi

In questo periodo stiamo osservando un’aggressività insolita, frutto di debolezza e isolamento prolungati. Forse il Covid-19 ha fatto anche regredire alcune facoltà così da far emergere la parte pre-umana di noi

Martedì scorso, don Roberto Malgesini, sacerdote di 51 anni, è stato ucciso a Como, sotto la sua abitazione. È stato accoltellato da un tunisino senza fissa dimora, di 53 anni, con problemi psichici. L’assassino si è già costituito, ma il fatto continuerà a far discutere. In questo clima da campagna elettorale, l’episodio resterà nella cronaca per il tema dell’immigrazione e della sicurezza. Col tempo, però, speriamo si possa far tesoro anche della gentilezza e del coraggio di quel prete, che ha pagato con la vita la sua vocazione.

Gentilezza e coraggio sono qualità rare in questo momento: quasi assenti nell’ambito della politica e dei social, nel giornalismo moderno e nella convivenza civile. Il Covid-19 ci ha isolati e forse imbruttiti. Dobbiamo riprendere uno stile di coraggio e gentilezza. Il primo non indica un cuore spavaldo e incosciente. No: il coraggio conosce la paura ma, di fronte ai rischi, usa intelligenza ed equilibrio, senza scappare. Così la gentilezza non consiste solo in buone maniere, garbo e cortesia. Essa è anche combattiva, ma vive i momenti di tensione in modo costruttivo, senza distruggere l’altro. È la virtù di chi sa proporre le proprie idee e va sempre incontro all’avversario, trasforma un possibile conflitto in un’occasione per crescere insieme.

Speriamo che don Roberto di Como resti in mente per questi valori, non per meri pretesti elettorali. Ci insegnerebbe a cominciare col piede giusto i mesi che ci stanno davanti.

don Gianni

Non c’è verso: siamo vendicativi

Inserito il 13 Settembre 2020 alle ore 10:07 da Plinio Borghi

Non c’è verso: siamo vendicativi. Se dovessimo metterci di buzzo buono ad analizzare tutti i nostri stati d’animo a fronte di qualche torto o di qualche sgarbo subito, ci accorgeremmo che un “sottofondo” di rivalsa è sempre presente; per alcuni solo un po’ “sotto”, per altri molto più in “fondo”, ma c’è. “Ah, ma io non farei del male nemmeno a una mosca!”, potrebbe dire più di qualcuno. Vero, ma spesso la reazione si gioca sul piano dell’astensione: si toglie il saluto, non si telefona più, si evita di incontrarsi, non ci si mette una pietra sopra o, se lo si fa, però non si dimentica, ecc. Nei casi più attivi si gioca qualche dispettuccio e in quelli più gravi si medita di rendere la pariglia. E queste non sono che il substrato di gesti più eclatanti, che poi stanno alla base dello sgarro da far pagare, dell’onore da rivendicare, magari per generazioni, financo delle guerre, sempre all’insegna che “ciò che mi ha fatto non lo scordo” o che “l’onta va lavata col sangue”. Quasi che un atto di remissione o di perdono siano propri delle persone deboli e senza nerbo. La riprova, se ce ne fosse bisogno, si ha nella litigiosità legale che da sempre intasa i tribunali. Eppure nella stragrande maggioranza dei casi basterebbe girare la frittata: ci piacerebbe che gli altri trattassero noi negli stessi termini, in presenza di pseudo offese analoghe? Ci piacerebbe ottenere un po’ d’indulgenza? Non saremmo pronti a stimare la persona che ci perdonasse o addirittura mettesse una pietra tombale sulle nostre malefatte? Ci avanzerebbe di giudicarlo un debole? La liturgia di oggi, guarda caso, è tutta incentrata sulla bellezza e sulla grandezza del perdono, ma scende anche in modo pesante su chi cova solo sentimenti di vendetta (prima lettura) o di rivalsa (vangelo). In fin dei conti siamo tutti fallaci e tutti abbiamo bisogno di essere perdonati, ma è da mentecatti pretendere che lo facciano gli altri o, peggio, lo faccia Dio che è tanto misericordioso, senza che noi ci sforziamo di muovere un solo dito. L’unica preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre nostro, nella quale chiediamo di essere perdonati come noi ci impegniamo a fare col prossimo che ci è “debitore”. Se però zoppicassimo in questo secondo aspetto, il castigo divino è garantito. Oggi il nostro Maestro non ci da misure riduttive: perdonare settanta volte sette, cioè sempre, ed essere misericordiosi come lo è il Padre vostro. Difficile? Intanto bisogna provarci. Ogni tentativo di svicolare è solo specioso.

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