Inserito il 31 Maggio 2015 alle ore 12:05 da Plinio Borghi
Un’esplosione d’amore è il minimo che si possa dire sul mistero della Trinità. I fatti che ci accompagnano dall’Avvento all’epilogo dei tempi forti della liturgia, celebrato la settimana scorsa con la Pentecoste, raccontano ampiamente di questo Dio che ci è diventato più familiare come Padre, di questo Messia che ci era stato promesso e che si è rivelato nientemeno che il Figlio di cotanto Padre, di questo Spirito di Sapienza, di Consolazione e quant’altro, ma soprattutto di Amore, che ci ha coinvolti in prima Persona per farci capire fino in fondo la redenzione. Abbiamo preso talmente dimestichezza con questa Trinità, che non ci sembra quasi nemmeno più un mistero. Il concetto che stiamo parlando sempre di Dio e che ogni sua prerogativa non può che far luogo ad una ben precisa Persona, uguale nella divinità e ben distinta nel ruolo, sembra palpabile. Il privilegio che il Creatore si sia coinvolto talmente nella nostra storia da intersecarla e affiancarla ormai sembra logico e scontato. Evidentemente non è così. Lo sarebbe, se non avessimo quelle grosse lacune che ancora non ci consentono di essere allineati al fenomeno trinitario. Prima di tutto la fede, che deve riconoscere la costante attenzione del Padre nei nostri riguardi; quella fede che mette Dio al primo posto di interessi e sentimenti, così da eliminare tutti quegli idoli ai quali siamo troppo tributari: il denaro, il potere, l’egocentrismo, per citarne solo alcuni, i più condizionanti. Indi la consapevolezza del dono della salvezza che Cristo è venuto a portarci, la consapevolezza che Egli è ancora qui, con noi e per noi, come sottolinea l’ultima frase del vangelo di oggi, per cui dovremmo coinvolgerlo in tutte le nostre cose, a partire dalla coerenza nelle scelte, matrimonio e rispetto dell’ordine naturale delle cose in primis. Infine l’Amore che dovrebbe regolare i nostri rapporti sulla base dello stesso amore di Dio verso di noi e ce lo ricorda San Paolo nella seconda lettura. Qui non ho spazio necessario per formulare il lungo elenco delle nostre mancanze d’amore (cose peraltro già trite e ritrite), che sfocia in odio e guerre infinite che l’uomo non ha mai smesso di innescare. Intanto, quando ci segniamo, riflettiamo bene se in effetti tutto ciò che facciamo è veramente nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo!!!
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Inserito il 27 Maggio 2015 alle ore 23:18 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 31/5/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Abbiamo inoltre pubblicato le prime informazioni sulla Sagra di Carpenedo 2015 che si svolgerà dal 18 al 22 giugno.
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Inserito il 27 Maggio 2015 alle ore 17:55 da Don Gianni Antoniazzi
Siamo la società del ritardo e della corsa. Burocrazia e pigrizie pubbliche rallentano opere e aiuti. Ma anche rabbia e distrazioni inutili ci fanno perdere tempo prezioso
Sta per finire il tempo della scuola. Presto si apre quello scandito dai ritmi dell’estate. Viviamo comunque di corsa, ammalati dalla patologia del tempo che non è più nostro.
Per l’accelerazione continua dei ritmi non abbiamo tempo né per la memoria del passato né per vigilare il futuro. Ci sentiamo schiacciati sul presente. È una sensazione diffusa: attraversa tutte le età della vita.
I ritardi sono molteplici: dai mezzi di trasporto alle decisioni per la vita, dall’ingresso a scuola agli appuntamenti con gli amici. Sembra che oramai facciamo fatica ovunque. Anche in chiesa la domenica tanti arrivano un poco in ritardo, qualunque sia l’orario per l’inizio della preghiera. Sempre in debito di tempo rischiamo di perdere le radici: quelle della famiglia e del nostro popolo, ricco di esperienza e di cultura. Viviamo il tempo come una realtà spezzata anche dentro noi stessi: perennemente scalzati dalla nostra profondità. Meglio sarebbe togliere di mezzo ciò che ci ruba il tempo senza riempirlo: la molteplicità degli svaghi virtuali, la serie di interessi smodati, l’incredibile ventaglio di relazioni superficiali costruite sui social-media. Il Vangelo ha insegnato un’austerità nel possesso. L’uomo moderno ha bisogno di essere austero anche nel tempo. Non si vive quando ci sono tanti impegni, ma quando ci sono quelli veri.
L’estate deve restituirci spazi di profondità, di raccoglimento e di preghiera, così da essere noi soggetti e non vittime del passare dei giorni.
don Gianni
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Inserito il 24 Maggio 2015 alle ore 12:41 da Plinio Borghi
Il rapporto intimo di Maria con lo Spirito Santo ha avuto due momenti topici: l’Annunciazione, quando la sua fede e la sua disponibilità le consentirono di concepire il Figlio di Dio, e la Pentecoste, che, lo ricorda sempre il terzultimo dei misteri del Rosario, la colloca nel cenacolo assieme agli apostoli mentre lo Spirito scende su di loro. In questo secondo caso, che segna l’antitesi della Torre di Babele e quindi la nascita di una Chiesa dal linguaggio universale, pure Maria comprende finalmente e appieno il grande disegno dell’Altissimo su di lei, colloca tutti i pezzi del complicato puzzle al posto giusto e riesce a percepire la dimensione del suo ruolo di corredentrice. Potenza dello Spirito Santo! Potenza dei suoi doni e del suo intervento, che la Sequenza odierna esprime in modo magistrale! Mi è molto cara, in una circostanza importante come quella di oggi, l’immagine della Madonna che assume il ruolo di Madre della Chiesa nascente, dopo esserlo divenuta di tutta l’umanità sotto la Croce. Non è una “diminutio”, altrimenti non avrebbe senso che lei, già concepita senza il peccato originale e già in rapporto intimo con lo Spirito Santo, fosse ancora lì per un ulteriore incontro. Evidentemente è facile immaginare che a lei, al contrario degli apostoli e quindi di noi, sia stato riservato di capire tutto quello che c’era da capire e di cui, col tempo, lo Spirito avrebbe reso partecipi pure noi. Afferma Gesù proprio nel vangelo di oggi: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità … e vi annuncerà le cose future”. Pur avendo ancorato la nostra fede a dei dogmi, la ricerca della verità è e resterà sempre un campo aperto (bella pretesa avrebbe avuto Ponzio Pilato quando chiese a Gesù: “Che cos’è la verità?”!) e finché rimarremo su questa terra nessuno potrà mai arrogarsi l’idea di possederla. Quel che conta è di non perdere mai il riferimento di partenza, che è la Pentecoste, dalla quale un tempo, prima della recente riforma liturgica che è seguita al Concilio Vaticano II, si contavano tutte le domeniche successive dell’anno, fino all’Avvento. A conclusione del tempo pasquale un augurio è d’uopo: che la Chiesa dia sempre prova, nelle sue scelte, di essere totalmente ispirata e guidata dallo Spirito, guardando appunto a Maria, che per prima ha dato l’esempio.
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Inserito il 21 Maggio 2015 alle ore 19:36 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 24/5/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 21 Maggio 2015 alle ore 19:01 da Don Gianni Antoniazzi
Sabato prossimo, alle 16.00 del pomeriggio, quasi 70 ragazzi di prima media riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Li porto nel cuore come figli carissimi.
Mentre passano gli anni sembra che i candidati ai Sacramenti siano anche migliori delle generazioni precedenti. In effetti la pasta è ottima: molto dipende dalla nostra educazione. Loro hanno compiuto un cammino prezioso. Accompagnati dalla fede degli adulti ricevono il dono dello Spirito e si accostano per la prima volta all’Eucaristia: grandi anche davanti a Dio.
A pagina 2 (di lettera aperta, NdR) ne ricordo i nomi, uno per uno, così che ciascuno possa anche pregare concretamente per quelli che conosce di più. Fin qui tutto bene. La sfida però nasce dopo questa tappa. Subito comincerà l’estate, una vera divinità col codazzo dei suoi sacerdoti e dei suoi riti. Si deve andare al mare e in montagna, se possibile bisogna fare un viaggio all’estero, in ogni caso non deve mancare il sonno prolungato, soprattutto la domenica: per pregare il Signore la sveglia sarebbe sempre troppo presto, mentre per la spiaggia partire alle 6.00 sarebbe già tardi.
Insomma i prossimi mesi metteranno a dura prova la fede di questi giovanissimi e passeranno sopra di loro come un aratro su un prato da golf. Io mantengo la fiducia, perché il Signore parla al cuore di ciascuno. Il seme del suo amore ha radici così profonde che anche il più lontano fra gli atei non riesce a soffocare. Ciascuno poi ha le proprie responsabilità. Serve preghiera, entusiasmo; servono giovani che diano testimonianza e adulti aperti al servizio. Una comunità di fede piena. Qui talora zoppichiamo un tantino, io per primo.
don Gianni
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Inserito il 17 Maggio 2015 alle ore 12:09 da Plinio Borghi
Il bisogno di una leadership è innegabile e, direi quasi, naturale. Lo sentivamo fin da ragazzini, quando ci organizzavamo in “bande” rionali e guai a non avere un capo banda di indubbio prestigio! Purtroppo anche lì talvolta accadeva come per “I ragazzi della via Paal”, ma questo è un altro discorso. Era presente durante la scuola, sia nelle attività didattiche che in quelle ricreative: la figura di un leader era necessaria per interloquire ed organizzare. La medesima esigenza si è poi imposta nell’ambito del lavoro e del sociale, dove è diventato più difficile scegliere le persone giuste, che fossero carismatiche e rappresentative, doti non sempre facili da mettere insieme. Comunque vige un principio non scritto, ma di buon senso, che impone a qualsiasi livello di dirigenza o di responsabilità di favorire non solo il conseguimento degli obiettivi, ma anche il proprio ricambio. Il peggior leader è quello che, scaduto il suo compito, non abbia saputo creare le condizioni per la continuità e soprattutto per la crescita: lo slogan “muoia Sansone con tutti i Filistei!” ha avuto origini distruttive ed è bene che rimanga circoscritto ai soli fatti che hanno riguardato Sansone. Purtroppo molti dei nostri leader invasati non lo afferrano, anzi, meno competenti sono è più fanno l’opposto, perché temono che altri possano far loro ombra: da qui la discutibilità di molti dei nostri rappresentanti. Altro principio importante è quello di farsi rimpiangere sì, ma non troppo, se è stato fatto salvo il principio precedente. Tutto ciò premesso, è evidente che il nostro Maestro e Salvatore in questo sia stato impeccabile: è stato un leader indiscusso in vita, ha formato una leadership pronta a completare la sua opera dopo che “visivamente” se ne fosse andato, l’ha messa in condizione di non vacillare e di non titubare vincendo addirittura la morte e l’ha consolidata nello Spirito Santo, conferendole altresì ogni potere in suo possesso. Essendo Figlio di Dio ha infine superato se stesso trovando modo di rimanere fra noi anche dopo essersene andato. Come non rimpiangere un siffatto riferimento? I discepoli sono rimasti imbambolati a guardare in alto, finché l’Angelo non li ha scaturiti: non avevano ancora percepito la situazione. A noi, che sappiamo, compete il rispetto per la sua Chiesa, anche se, umanamente, talvolta ci fa rimpiangere Gesù, e possiamo lasciarci andare alla Sua contemplazione senza timore di essere distolti.
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Inserito il 13 Maggio 2015 alle ore 18:50 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 17/5/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 13 Maggio 2015 alle ore 18:24 da Don Gianni Antoniazzi
Domenica prossima, 24 maggio 2015, celebreremo la Pentecoste, LA festa più solenne dell’anno liturgico insieme alla Pasqua
Essere cristiani della Pentecoste significa saper riconoscere l’opera dello Spirito nella vita di tutti.
Non sempre la vita parla di santità. Ci sono gli spazi dell’egoismo, della fragilità, della cupidigia, della vergogna. Ma in ciascuno c’è del buono. Chi è nello Spirito lo mette in luce. Guai quando metà dei nostri incontri sono spesi a parlar male degli altri, la destra della sinistra e viceversa, gli scout della catechesi e viceversa. È la Babele del tempo presente. Lo Spirito, invece, unisce.
Siamo nello Spirito quando non lucidiamo le sacrestie e non ci accontentiamo del funzionamento, della disciplina, della regolarità, “dell’amministrazione della cenere”. Occorre il coraggio di strade nuove, scottarsi con la brace, stare nella piazza del mondo e gettare la nostra dignità nelle mani della provvidenza di Dio, senza volerci garantire il futuro.
Siamo dello Spirito quando riconosciamo la presenza di Dio anche oltre la Chiesa. Dio è superiore e ha le sue partite personali. Non possiamo chiudere lo Spirito nelle nostre idee piccine e private. C’è da rispettare la libertà di Dio, non il nostro capriccio di stare al centro.
don Gianni
Sabato 23 maggio, alle ore 20.45 c’è la solenne veglia di Pentecoste. È la più importante celebrazione della S. Messa del giorno di Pentecoste. Tutti siamo invitati a partecipare.
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Inserito il 10 Maggio 2015 alle ore 12:07 da Plinio Borghi
Un’aria di smobilitazione e da passaggio del testimone si avverte nella liturgia odierna, dopo un periodo pasquale che possiamo definire speculare alla Quaresima. Non mi riferisco tanto al numero dei giorni che precedono la Pasqua rispetto a quelli che la seguono fino all’Ascensione, quanto al risalto che si dà alla centralità di Gesù, prima in preparazione e in tensione verso il volano della nostra fede, che è la sua resurrezione, poi nella proiezione, per noi essenziale, verso la sua figura. È stato, questo secondo, un susseguirsi di domeniche in cui l’abbiamo contemplato nella sua fulgidezza e nella sua divina misericordia; indi nella sua concreta realtà di Figlio di Dio incarnato e risorto, in adempimento alla promesse di salvezza che il Padre fece ad Adamo e a quanto preconizzato nelle profezie; e ancora nella veste di Buon Pastore, cui siamo tutti affidati; poi nella funzione di vera vite, senza la quale noi tralci saremmo aridi; infine come mandante dell’unico e onnicomprensivo comandamento: amarsi gli uni gli altri come Egli ci ha amato. Ciò avviene solo rimanendo in lui e con lui, seguendo la sua parola e mettendola in pratica, con un solo “limite”: come lui ha fatto con il Padre, arrivando quindi a dare la sua vita per obbedire al suo disegno. Per quante occasioni cogliamo, non arriveremo mai a eguagliarlo, ma questo non è un buon motivo per demordere, perché non verremo mai giudicati dal risultato, bensì dall’impegno profuso: ogni renitenza andrà a nostro discapito. Se Gesù ci ha affrancato da servi e ci ha reso suoi amici, ci spetta fare altrettanto, specie verso chi è più disagiato. Forse non ci sarà richiesta la vita, come recitiamo nella colletta di oggi, ma di dedicarla in parte al riscatto altrui, questo sì e succede ogni giorno: se non sono i poveri sono gli immigrati, se non sono gli anziani o chi fatica a trovare un tetto (ogni riferimento ai centri Don Vecchi non è casuale) sono i terremotati del Nepal, verso i quali urge in questi frangenti il massimo dell’attenzione e della solidarietà. Essere cristiani non è stata una nostra scelta, siamo stati cercati (“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”, dice Gesù nel vangelo di oggi) e per farci riconoscere ci è stato dato un segno distintivo: l’amore, con quel che ne consegue. Senza di esso, siamo nessuno.
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