Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Immacolata: una pienezza di vita

Inserito il 30 Novembre 2023 alle ore 16:08 da Don Gianni Antoniazzi

Bisogna far crescere il rapporto fra maschi e femmine. È importante togliere negli affetti la violenza e la prevaricazione. Il problema è se le difficoltà presenti vengano dal troppo “pieno” o dal troppo “vuoto”.

Il mese scorso, l’Istituto Universitario europeo di Fiesole (Firenze) ha deciso di togliere la parola “Natale” dai suoi documenti per “rispetto” alle altre religioni e ai non credenti. Per la stessa ragione, da tempo sono abolite recite, canti e altro materiale “di fede”.

Eccolo il pensiero occidentale: tutto proteso al vuoto. Così anche il titolo di “Immacolata”: nella testa della gente, significa “senza” macchia, “senza” peccato. No: l’idea del Vangelo è opposta: Maria è piena di vita e di grazia (Κεχαριτωμένη).
Ora chiediamoci: perché è in crisi la relazione fra maschi e femmine? Per eccesso di mascolinità (di mentalità patriarcale?)? O non forse per il vuoto e la carenza dell’uomo?

Sui social comincia a girare un articolo di Susanna Tamaro, quella, per intendersi, che ha scritto “Va dove ti porta il cuore”. La sua tesi è che “i rapporti di affetto sono distrutti per la fine del maschio”. Aggiunge: “il patriarcato non centra niente, è la fine della virilità che rende gli uomini fragili e quindi più aggressivi”. Aggiunge: “ho visto la progressiva distruzione della figura maschile… Adesso le ragazze sono tutte sole perché la diversità ormai è immensa tra maschi e femmine. Soprattutto i maschi vivono una perdita di dialogo, di parole e dunque di relazione con la donna. È il grande vuoto nell’educazione maschile”.

Dunque, le tensioni nascono dal vuoto che stiamo creando. Capiamo la proposta dell’8 dicembre: camminare verso la pienezza non verso il nulla.

don Gianni

Cristo, un Re senza inganni

Inserito il 22 Novembre 2023 alle ore 18:33 da Don Gianni Antoniazzi

Oggi celebriamo Cristo Re. I regni umani vivono sull’interesse della cupidigia e si fanno guerra. Il card. Ravasi ha contato 40 conflitti nel pianeta. Cristo è vero Re perché ha il potere di offrire vita, non di toglierla.

Celebriamo oggi Cristo Re. La festa è stata istituita nel 1925. Conclusa la Prima Guerra mondiale si diffondeva il delirio del potere assoluto: in Italia c’era stata la marcia su Roma, in Russia Stalin imponeva il proprio regime, in Germania il nazismo cresceva, Spagna e Portogallo stavano per cadere in mano a regimi totalitari. In molti altri Stati (America latina, per esempio) si diffondevano idee analoghe.

Mentre la gente esaltava il dominio, Pio XI ha proposto questa festa per indicare che la vita non viene dai regimi totalitari, ma da Gesù che cerca il nostro bene.

Attenzione però perché Gesù non ci inganna. Non diventa nostro Re perché risolve a buon mercato ogni nostra difficoltà. Gesù non ci toglie la responsabilità della vita quotidiana. Non fa promesse elettorali. Al buon ladrone non dice: “scendiamo dalla croce” ma “sarai con me nel paradiso”. La vita che Gesù offre è più grande delle nostre attese e, al contempo, esige responsabilità e fiducia.

don Gianni

La Madonna della Salute

Inserito il 15 Novembre 2023 alle ore 18:38 da Don Gianni Antoniazzi

Martedì 21 novembre celebriamo la festa della Salute. Si tratta di un appuntamento di fede radicato nel nostro territorio. Porta con sé un annuncio di straordinaria potenza ma rischia di scivolare verso la magia.

La Basilica della Salute di Venezia, capolavoro del Longhena, è stata inaugurata nel 1687. Quel luogo di preghiera ricorda una pagina faticosa di Venezia: la peste del 1630, quella per intendersi raccontata anche dal Manzoni nei “Promessi Sposi”. Nel momento più buio del contagio, esauriti i ricorsi alla medicina del tempo, la Repubblica Serenissima fece voto di costruire un tempio dedicato alla Vergine e di farvi una processione annuale se il contagio fosse cessato. Da allora, ogni 21 novembre, Venezia adempie a questa promessa.

Rispetto ad altre ricorrenze, questa è rimasta legata alla fede. Migliaia di fedeli giungono in pellegrinaggio al Santuario e accendono un cero come segno di supplica personale. In alcuni casi il gesto rischia di scivolare verso la magia, ma resta comunque sano perché moltissimi lo vivono come un incontro con Cristo. La candela accesa, infatti, è sempre un riferimento al Signore Risorto che ci salva. Chi accoglie l’amore dal Vangelo viene risanato. In latino si dice che trova la salus cioè la salute, ma anche la salvezza. Anche per noi accendere una candela significa riconoscere nel Vangelo il proprio benessere, la salvezza anche dalla morte e una Vita compiuta oltre quella.

don Gianni

Cosa pensi della guerra?

Inserito il 8 Novembre 2023 alle ore 21:09 da Don Gianni Antoniazzi

Da giorni, ormai, l’esercito di Israele è entrato nella striscia di Gaza. Molti domandano che anche il parroco esprima un’opinione, come sacerdote e cristiano. La risposta è delicata, ma necessaria.

Parlare della guerra in Gaza non è facile, ma doveroso: il silenzio è la scelta più grave. Anche senza possedere grandi competenze vanno ricordati alcuni riferimenti.

  1. I soggetti: da una parte ci sono le truppe “regolari” di Israele; dall’altra c’è Hamas, organizzazione considerata “terroristica” che vive nella “striscia di Gaza”, piccolo territorio palestinese (360 km2). Hamas “governa” Gaza dal 2007. Non è facile distinguere queste ultime due realtà così come non si capisce chi usi più rabbia e vendetta nelle decisioni.
  2. I palestinesi, abitanti di Gaza, hanno una caratteristica: la popolazione è particolarmente povera (80% sotto questa soglia) e giovane; nel 2011 l’età media era di 17,5 anni (in Italia 44 anni). Non si può chiedere dunque grande sapienza sociale e politica.
  3. Le vicende del “passato”: è quasi impossibile sintetizzare le tensioni che hanno portato a questa situazione. Va detto che nel 1860 gli Ebrei in Palestina erano circa 40.000. È nato allora il Movimento sionista per reagire alle discriminazioni di fede in Francia. Da allora, anche scavalcando direttive provenienti dalle Nazioni Unite, gli Ebrei hanno puntato alla creazione dello Stato attuale e ambiscono a continuare l’espansione.
  4. Culture lontane: i soggetti in conflitto hanno mentalità distanti e non è facile coniugare le prospettive. Basta considerare il diverso ruolo della donna dall’una e dall’altra parte. Ma pensiamo alla banale questione della proprietà: per i palestinesi chi sta sopra un terreno ne determina l’uso (nella spianata del Tempio vi sono due moschee musulmane e dunque i palestinesi decidono gli ingressi); per gli Ebrei invece la proprietà è esercitata da chi sta più sotto e, per ribadire la propria competenza sul Tempio, Israele ha compiuto scavi di ricerca archeologica. Mettere insieme i valori sulla persona, il senso del rispetto, la volontà della pace non è affare semplice.
  5. In ogni caso: la guerra non risolve alcun problema ma esaspera gli animi. Se anche Hamas venisse distrutta resterebbe profondissima la rabbia e la voglia di rivalsa nelle generazioni future.
  6. L’aggressione compiuta da Hamas il 7 ottobre è stata disumana. Per qualcuno fu un suicidio politico; in realtà ha conseguito uno scopo: a causa dei sentimenti di rabbia, Israele e gli stati arabi moderati hanno interrotto le relazioni.
  7. L’attuale reazione di Israele non è condivisibile: la sua durezza è estrema. Ragiona secondo codici legati alla propria cultura e considera un valore l’uso delle armi; tuttavia coinvolge nella vendetta un infinito numero di innocenti (donne e bambini ma anche uomini). Serve tornare alla diplomazia.
  8. L’11 novembre, nel pomeriggio, c’è una riunione in patronato: invito chi può a partecipare. È importante che vi siano queste occasioni nelle quali discutere e far crescere la sensibilità pubblica. C’è la concomitanza con la festa di San Martino: i piccoli potrebbero andare a festeggiarlo in patronato e i grandi seguire l’incontro.

don Gianni

La benedizione per i defunti

Inserito il 31 Ottobre 2023 alle ore 18:36 da Don Gianni Antoniazzi

Quando ci rechiamo alle tombe dei nostri cari eleviamo la preghiera al Signore. Non è una memoria: chiediamo che essi siano avvolti dalla vita e dall’amore del Padre. La Pasqua ci assicura che è una speranza certa.

In alcuni piccoli cimiteri di montagna, all’ingresso, c’è un recipiente di acqua benedetta. Chiunque entra può prendere l’aspersorio, fermarsi a pregare e invocare la benedizione sulla tomba dei propri defunti. Un gesto pieno di fede ma anche dal valore profondamente umano.

Per noi latini “benedire” significa “dir bene” di qualcuno o, al più, invocare la protezione di Dio. Nella cultura semitica significava invece riempire di vita (viene da barà = “creare” o “moltiplicare” sottinteso “vita”). Dio benedice Adamo ed Eva ed essi generano l’umanità. Benedice Abramo perché sia padre e da lui venga una moltitudine di credenti. C’era la benedizione dei campi e del popolo perché avessero una fecondità piena (Gn 1,22; Dt 33,13; 2Sam 6,11 ecc…). Alla benedizione compiuta con fede era legato il dono della Pace messianica, cioè di un’esistenza piena.

Questo gesto, compiuto sui defunti, spetta anche ai laici ed è una preghiera, un’invocazione del tutto legittima. In questi giorni, mentre celebriamo la loro memoria, in chiesa distribuiamo piccoli contenitori di acqua benedetta. Chi lo desidera li prenda e ne faccia uso per la benedizione del Signore sulle tombe dei propri cari.

don Gianni

La santità dei fragili

Inserito il 25 Ottobre 2023 alle ore 16:47 da Don Gianni Antoniazzi

Il 1° novembre celebriamo la Santità. Non si tratta di esaltare persone perfette. Al contrario, glorifichiamo la Pasqua che risana i fragili. Nel numero ci sono i nostri parenti e amici defunti: essi vivono di Cristo.

Mercoledì prossimo 1° novembre celebreremo la Solennità di tutti i Santi. Fra loro ci sono i nostri amici e parenti, i nostri compagni di cammino, che, grazie al Mistero pasquale, vivono col Signore. La loro è un’esistenza piena e se li contempliamo è per capire il giusto valore del tempo presente.

Qui noi viviamo una condizione di passaggio, scandita da un tempo rapido e non ne resterà pietra su pietra. Tuttavia la nostra è un’esistenza decisiva nella quale scegliamo fra la vita e la morte, il dono e il possesso, Cristo Signore o delirio di onnipotenza. Fondamentale vivere fin d’ora da risorti.

La santità, poi, non consiste in privazioni, stenti, digiuni e sacrifici. Questa immagine non corrisponde al Vangelo. È santo chi, pure in mezzo alle difficoltà, scorge la bellezza e la pace: quelle saranno il compimento nella gioia che ci attende.

don Gianni

Il senso della missione

Inserito il 18 Ottobre 2023 alle ore 19:25 da Don Gianni Antoniazzi

In questa domenica, 22 ottobre, celebriamo la giornata missionaria. Ha senso fare “propaganda della fede”, ha senso indicare Cristo se non lo abbiamo incontrato noi per primi? Ha senso fare proseliti?

La Chiesa mondiale sta camminando nel sinodo. Le parole chiave indicate, fin da principio, da papa Francesco erano 3: comunione, partecipazione e missione. L’ultima è la più difficile perché talora equivoca. In passato, su questo tema, ci sono stati errori. Indichiamo un percorso.

Il primo “luogo” di missione sono le nostre famiglie e il nostro ambiente. L’Italia che fino al 1940 era “naturalmente” cristiana ora si è accorta di avere un vuoto di fede. La vera missione si gioca qui.

Secondo: può annunciare Cristo chi l’ha incontrato: altrimenti è propaganda. Non basta aver studiato o avere un “titolo”. Se c’è un’esperienza di fede profonda non si fanno proseliti ma cristiani.

Terzo: la missione non serve per essere più numerosi, ma per donare quello che abbiamo ricevuto gratuitamente. Se siamo contenti della fede, se capiamo che è una ricchezza capace di cambiare la vita, allora diamo agli altri quello che abbiamo ricevuto perché anch’essi possano essere contenti.

Ultimo: la missione non si realizza parlando e dicendo. Parte dall’ascolto, dal fare insieme qualcosa. Prima serve la fiducia reciproca, ascoltare la vita altrui, poi si propone il Vangelo.

don Gianni

Dove porta la “norma di legge”

Inserito il 12 Ottobre 2023 alle ore 08:04 da Don Gianni Antoniazzi

In pochi decenni siamo passati da un’Italia viva, in crescita, ricca di iniziativa e gioventù, a un Paese fiacco, timoroso e deluso, dove il futuro è opprimente. È stata la “norma di legge” a condurci fin qui?

C’è stata la festa “degli Angeli”: si è lavorato più per le autorizzazioni che per le attività svolte. Per far scendere i professionisti dal campanile la parrocchia ha sostenuto una tale burocrazia da far ridere (o piangere) per la demenza. Ieri sera abbiamo toccato il fondo. È arrivata una lettera ufficiale con un elenco minuzioso di punti da osservare per essere “a norma”. Mica sono scemo. Il testo non conferisce protezione o vita alla parrocchia, ma ci scarica la responsabilità in caso di inadempienze.

Il punto è questo: qualcuno ritiene che una “norma di legge” potrà migliorare la nostra esistenza. Così, in pochi decenni le abitazioni e i trasporti, l’educazione e la sanità, l’alimentazione e lo sport, il tempo libero e le relazioni sono state sottoposte a regole sempre più confuse. Che poi questo abbia davvero aiutato la gente è del tutto secondario.

Facciamo un esempio: qualcuno può spendere 15 mila euro l’anno per la salute del suo gatto e qualche altro deve far vivere la famiglia intera con 540 euro al mese. Ma se le regole vengono rispettate tutto va bene. La “norma di legge” scarica le responsabilità finché il cerino acceso resta in mano al più ingenuo (o al più generoso) della catena.

Attenzione: la legge è sana ed è nata per aiutarci a capire quando siamo lontani dalla vita. È diventata poi un cappio al collo così che ogni terreno è minato da regolamenti insidiosi.

Per certi aspetti la dittatura più feroce aveva un vantaggio: si sapeva chi era carnefice (il dittatore) e chi vittima (il suddito). Con questo proliferare di norme non è altrettanto facile sapere chi sta dalla parte del torto e chi della ragione, se lo Stato o i cittadini.

Summum ius, summa iniuria” dicevano i nostri vecchi romani (l’eccesso di legge è la massima ingiustizia) e loro avevano una briciola dei nostri codici. Il problema grave è un altro: ricuperare un minimo di fiducia reciproca. Il resto porta alla tomba.

don Gianni

Indossare l’abito nuziale

Inserito il 4 Ottobre 2023 alle ore 16:57 da Don Gianni Antoniazzi

Nel mese di settembre ci sono stati diversi matrimoni, anche significativi. Sono un motivo di speranza non solo per le famiglie coinvolte, ma per l’intera comunità: spiegano che la vita è bella e festosa.

Nel mese scorso abbiamo celebrato 9 matrimoni e altri 4 ce ne saranno da qui a fine anno. Un numero modesto rispetto agli anni ’80 e ’90 ma pur sempre significativo anche perché alcune di queste coppie si sono inserite nella comunità cristiana e hanno portato festa nel territorio. Di più, domenica scorsa abbiamo vissuto la tappa dei lustri di matrimonio e anche in questo caso la festa è stata rilevante.

Gesù spiega così il senso della vita presente: un re organizzò il matrimonio del figlio. Gli invitati più notabili non si presentarono. Allora il sovrano domandò ai servi di chiudere il rapporto con costoro e di compiere un gesto tanto strano quanto splendido: andare per le strade a raccogliere persone modeste come poveri, storpi e zoppi, finché la stanza non fosse piena. Sono le persone semplici e talvolta fragili a edificare il clima della festa. Sono loro che spesso compiono la volontà del Padre, che cioè la vita sia lieta e ricca di speranza.

In questo periodo ricordo che l’abito nuziale va stampato nell’animo, non impiegato solo nel matrimonio. È un compito importante, vista la tristezza per i molti fatti negativi.

don Gianni

Il vaccino per la Fede

Inserito il 27 Settembre 2023 alle ore 18:03 da Don Gianni Antoniazzi

Talvolta le proposte di fede sembrano sterili: poco efficaci e lontane, soprattutto dai giovani. Avviene quando Gesù risorto è un pretesto, un soprammobile e non il principio e il fine del nostro lavoro.

Ci sono due fatti interessanti da ricordare. Nel 1796 un medico inglese, Edward Jenner, tenace contro il vaiolo, ha “scoperto” il vaccino per sconfiggere quella malattia. Si trattava di iniettare il morbo attenuato per insegnare al corpo la reazione.
Secondo fatto. Nel 1801, passata la Rivoluzione francese, Napoleone firmò un concordato con la Santa Sede. L’anno dopo, nel 1802 emanò degli articoli per concedere il culto religioso e il ripristino della Chiesa in Francia. Quando gli chiesero perché avesse deciso questi passi, il futuro Imperatore fece riferimento alla scoperta di E. Jenner e rispose che Jenner in realtà aveva creato un vaccino. Vale a dire: il modo giusto per spegnere la fede, non era combatterla frontalmente. Bastava inocularne un assaggio attenuato del Vangelo e poi lasciare che la comunità morisse da sola.

All’inizio dell’anno pastorale ricordo questi fatti per non correre il rischio di essere noi a dare un vaccino ai ragazzi. Se la parrocchia proponesse un Vangelo annacquato, i più giovani non vedrebbero l’ora di chiudere il rapporto con Cristo. Se anche in futuro il Signore parlasse alla loro vita, essi avrebbero maturato una sorta di vaccino. Non dobbiamo trasmettere raccontini ma una fede appassionata e mostrare come si incontra il Risorto. Questo vince e convince. Il resto viene dopo.

don Gianni

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