Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Orario Sante Messe nel giorno dei defunti

Inserito il 29 Ottobre 2015 alle ore 08:14 da Redazione Carpinetum

Il 2 novembre la Chiesa celebra la commemorazione dei fedeli defunti.

Oltre alle S. Messe celebrate in cimitero, anche in parrocchia avremo la possibilità di partecipare all’Eucaristia e di pregare in suffragio.

In particolare la sera del 2 novembre alle 18.30 ci sarà la celebrazione nella quale si ricordano tutti i defunti dell’ultimo anno. Per ciascuno di loro sarà accesa una candela e sarà ricordato il nome. Ci saranno anche le Sante Messe delle 8.30, delle 10.00 delle 17.00.

Lettera aperta del primo novembre 2015

Inserito il 28 Ottobre 2015 alle ore 18:39 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta dell’1°/11/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Nessuna porta è chiusa

Inserito il 28 Ottobre 2015 alle ore 18:10 da Don Gianni Antoniazzi

Quale indicazione ci ha dato il Sinodo? È presto per parlarne, perché manca il documento definitivo del Papa. I giornali però hanno fatto molta confusione e qualcosa va chiarito subito

Si è concluso il sinodo sulla famiglia. Cosa ne è uscito? Va detto che manca il passaggio conclusivo ovvero il documento del Papa. Qualcuno però vuole ugualmente capire le indicazioni concrete. Ebbene: le domande poste nel Sinodo sono forse più incisive ancora delle risposte.

Riporto qualche considerazione.
Cambia un poco il volto della Chiesa. Al Sinodo molti hanno parlato con franchezza, anche vivace, ma senza mai divisioni. La Chiesa, pur sempre fedele al suo Signore, si è dimostrata capace di dialogo e cambiamento e, senza divisioni, prosegue unita nel rinnovamento.
Il Sinodo, dunque, è rimasto al riparo da veleni e dissidi (Card. Parolin) e il consenso dei voti ha sempre superato i 2/3, fatto insperato.

Il documento finale è pervaso di vita e misericordia. Quest’ultima parola ricorre 31 volte e sempre con un accento prezioso. Traspare dunque un’immagine di Dio non giudice inflessibile, di fronte al quale nessuno è giusto, ma Padre misericordioso che va in cerca di ogni uomo, pur misero. Tutto questo è forse più importante ancora delle conclusioni sinodali. Anche la famiglia, così come la propone il Vangelo di Gesù, è raccontata con una vitalità e una intensità straordinarie: merita la lettura.

Ci sono poi le questioni più concrete. Andiamo con ordine. Per l’annullamento del matrimonio tutto è più snello. Nei casi più chiari ed evidenti il giudizio spetta al vescovo, pastore della diocesi. In queste occasioni, dunque, non serve un appello oppure un ricorso al Vaticano.
I divorziati non risposati “spesso sono testimoni della fedeltà matrimoniale e vanno incoraggiati a trovare nell’Eucaristia il cibo che li sostenga nel loro stato”.

Quanto invece a chi si è risposato, caso per caso, spetta al sacerdote aiutare il discernimento per comprendere “ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa”. In sostanza: la Comunione sacramentale è dunque frutto di un cammino di conversione, condiviso con un sacerdote. Sarà necessario tener conto del comportamento verso i figli, dei tentativi di riconciliazione, della situazione del partner abbandonato, delle conseguenze della nuova relazione sul resto della famiglia e dell’esempio da dare ai giovani. Tuttavia la porta non viene chiusa a nessuno e per tutti c’è una misericordia possibile.
Non si tratta di un colpo di spugna: il cammino intrapreso dalla Chiesa è ricco di misericordia, ma anche chiaro nel proporre la famiglia quale futuro per i nostri giovani.

don Gianni

Tendere la mano…

Inserito il 25 Ottobre 2015 alle ore 11:35 da Plinio Borghi

Tendere la mano in cerca di aiuto o farlo per dare aiuto è un gesto che mi ha fatto sempre tanta tenerezza, specie se a compierlo è un bambino o un vecchio in difficoltà o un povero che chiede l’elemosina. Come non ricordare la sicurezza che ti dava tendere la mano quando sapevi che c’era la mamma o il papà che te l’avrebbe presa con fermezza? Come non guardare con occhio di riconoscenza la guida o il compagno di cammino che afferra la tua mano per aiutarti a superare l’ostacolo? E come non esprimere gratitudine allo sconosciuto che ti consegna l’elemosina senza altezzosità e senza farti sentire a disagio? C’è uno scambio di sensazioni positive in tutto questo, perché pure chi dà aiuto ha bisogno di sapere che l’atto è importante per chi lo riceve. Anche il darsi la mano è ricco di significati, che vanno dal saluto formale a mettere una persona a proprio agio, dalla solidarietà alla complicità, dall’espressione di fiducia al gesto rassicurante e non ultimo alla tenerezza dei due innamorati, che camminando tenendosi per mano manifestano come in nessun altro atteggiamento la loro intimità. Tutti questi pensieri mi si sono accavallati leggendo la liturgia odierna, dalla quale traspare un Dio misericordioso, attento, conduttore del suo popolo, fautore di grandi cose, ma che ha bisogno del nostro aiuto e che noi gli si rivolgiamo per dare la nostra disponibilità. Gesù ne fa sintesi con la guarigione di Bartimeo, il cieco figlio di Timeo (i diseredati nel vangelo, al contrario dei ricchi, sono sempre chiamati per nome, in questo caso c’è perfino la declinazione della paternità!), il quale gli tende la mano e grida forte il suo bisogno di aiuto, al punto di infastidire i seguaci del Messia. Ma questi si ferma e lo chiama, dimostrandosi così “gratificato” da tanta insistenza. E ne ha ben donde, perché infatti lo guarisce ridandogli la vista, ma, come ha fatto in altre occasioni e affinché sia chiaro che nulla gli è piovuto dall’alto, lo congeda con la famosa frase: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. Non ha detto “ti ha guarito”, perché il Maestro non è affetto da falsa modestia, la guarigione è stata opera sua, ma ha fatto capire come la fede sia base per un rapporto efficace, dignitoso e affettuoso. Bartimeo, peraltro, non se n’è andato, ma si è aggregato ai seguaci. Fervorino finale: perché non riflettiamo sull’atteggiamento che assumiamo quando preghiamo?

L’ora solare

Inserito il 23 Ottobre 2015 alle ore 10:11 da Don Gianni Antoniazzi

Desidero ricordare che da questa domenica, 25 ottobre 2015, ritorniamo all’ora solare. Si dorme un’ora in più. Teniamone conto per l’orario delle Sante Messe. Resta lo stesso di sempre, ma di fatto si viene a Messa un’ora dopo.

Lettera aperta del 25 ottobre 2015

Inserito il 21 Ottobre 2015 alle ore 19:12 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 25/10/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

I Santi di ogni giorno

Inserito il 21 Ottobre 2015 alle ore 18:13 da Don Gianni Antoniazzi

L’anno scorso, durante una Messa celebrata a S. Marta, Papa Francesco ha chiesto di imparare la fede dai santi del quotidiano: ammalati, anziani, mamme, padri, preti

Domenica prossima celebreremo la solennità dei Santi. Nel cuore dell’autunno, dopo le vendemmie, i raccolti e la mietitura, contempliamo le tante vite sacrificate per Dio nel nascondimento del tempo quotidiano: sono frutti maturi, segnati dalla fragilità umana, suscitati dall’amore e dalla grazia di Dio in mezzo a noi.

È una festa contro la solitudine: non siamo soli nel cercare il Vangelo. È una comunione vivente di amici e parenti, persone care, sconosciute agli occhi del mondo.

Qualcuno pensa che la Chiesa sia in crisi e ritiene tramontato l’entusiasmo dei primi secoli. Non è così. Mai tanti cristiani sono stati proclamati santi come negli ultimi decenni. Mai abbiamo avuto una numero tanto alto di martiri (qualcuno calcola 4 milioni i martiri cristiani, la metà solo nel ’900).

Facciamo fatica a riconosce il “santo” in mezzo a noi. Forse cerchiamo non l’amico di Dio, il discepolo del Signore, ma l’ecclesiastico di successo, l’opinion leader, il trascinatore di folle, la star mediatica capace di una parola, magari a basso prezzo, su qualsiasi argomento di moda.
La festa dei Santi ci viene incontro e ci dice chi è Santo: colui che ogni giorno, senza pretese di riconoscimento, ascolta e mette in pratica il Vangelo, pur in mezzo a mille incomprensioni, insuccessi e fragilità. Gli amici di Dio sono uomini e donne nascosti, capaci di vivere quotidianamente la lucida resistenza alle nuove idolatrie, nella paziente sottomissione alla volontà del Signore, nel sapiente amore per ogni essere umano, immagine del Dio invisibile.

don Gianni

Vita e sofferenza

Inserito il 15 Ottobre 2015 alle ore 11:57 da Plinio Borghi

Vita e sofferenza sembrano un binomio ineluttabile, specie se lo condiamo con tutto il nostro pessimismo, capace di farci smorzare anche la gioia di vivere. È chiaro che la nostra condizione umana ci predispone a entrambe, a volte in modo alternato e altre in contemporanea; è altrettanto chiaro che per taluni prevale, in forma più o meno preponderante, la sofferenza e per altri, apparentemente più fortunati, la gioia. Sta a noi saperle gestire per creare il giusto equilibrio e non soccombere passivamente alla prima o bearsi irresponsabilmente della seconda. Potremmo portare ad esempio tante situazioni di persone che hanno saputo perfino vivere con gioia la loro enorme e continua sofferenza, anche senza scomodare i santi conclamati, ma non è questo il punto. Semmai va analizzato il senso che noi siamo disposti a dare all’una e all’altra. Diciamo che la vita è una missione da portare a termine, è un percorso, quasi sempre a ostacoli, che richiede impegno per superarli, ma ci corrisponde anche con altrettante soddisfazioni, se sappiamo coglierle nel modo giusto e tenere conto di quanto la gioia sia intrinsecamente più labile della sofferenza. In tutto ciò la fede ci offre una mano consistente, se cominciamo intanto a vivere il Vangelo non come un giogo, bensì come una cosa impegnativa ma bella: non a caso esso è definito la “buona novella”. Che è un Dio che assume la nostra natura umana, che ne vive tutti gli aspetti e che soprattutto nella sofferenza e nella morte ignominiosa riesce, con la resurrezione, a riscattare tutte le nostre debolezze e a proiettarle oltre la vita stessa. Così ci parlano Paolo e Isaia oggi. E Gesù ci dà anche la chiave per investire al meglio: il servizio agli altri. Chi pensa di farsi strada a gomitate e, nella convinzione di essere al centro del mondo, pretende che tutto gli giri attorno; chi si arroga il diritto di passare sopra a tutto e a tutti e di fare il prepotente; chi si ritiene titolare del diritto alla felicità e se gli altri non ce la fanno chi se ne frega finisce per sbattere il naso e non solo non arriva primo, ma non arriva proprio. Certo, che si voglia o meno seguire il Maestro, c’è comunque da portare la croce, ma un conto è trascinarla stancamente e un conto è abbracciarla con gioia, come fece Lui. In questo caso il binomio più consono a noi cristiani sarà: vita e felicità.

Lettera aperta del 18 ottobre 2015

Inserito il 14 Ottobre 2015 alle ore 19:24 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 18/10/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Cos’è la carità evangelica

Inserito il 14 Ottobre 2015 alle ore 19:01 da Don Gianni Antoniazzi

È importante chiarire cosa sia la Carità evangelica. Non una buona azione, bensì una disposizione costante di apertura all’altro: non solo accondiscendere il fratello, ma edificarlo

Il legame fra genitore e figlio esprime forse la carità più alta. Madre e padre danno tutto: questa scelta fa crescere la famiglia, in ogni senso. Forti di questo dono, i più giovani accolgono le fatiche del passato, camminano nel presente pur ferito, si aprono al futuro anche quando appare sinistro. Quello dei genitori è un amore forte, esigente e concreto.  Chi invece accondiscende al capriccio non è benevolo, ma apre alla regressione, non offre né radici né ali, abbandona i figli nell’immaturità.

Il dono dei genitori, poi, apre anche alle relazioni più ampie: la carità vera è infatti un bene che cresce man mano che viene condiviso.

Così la parrocchia. Diventa famiglia di Dio se, nel donare, segue la dinamica dei genitori. Non può, per esempio, avallare la pigrizia, altrimenti alimenta servi, non uomini capaci di libertà responsabile.

Ancora: la carità della parrocchia, come in famiglia, non resta un gesto verboso, si traduce rapidamente in strade concrete, senza troppo calcolo, perché tutti sperimentano anche l’aiuto di Dio Padre. La carità poi non si impara in una semplice riflessione di gruppo, ma vivendola.
Il modello resta Gesù, il quale non ha risolto tutti i problemi del suo tempo, ma ha testimoniato l’amore di Dio più forte della morte e ha formato i discepoli alla pace di questa speranza. Forse questa è la carità di cui c’è più bisogno oggi: porre segni di speranza e pace. La divisione, la disperazione e l’isolamento sono infatti il motivo della nostra più grande povertà.

don Gianni

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