Lettera aperta del primo febbraio 2015
Inserito il 30 Gennaio 2015 alle ore 17:59 da Redazione CarpinetumPubblicata lettera aperta del 1/2/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Draghi ha annunciato un progetto “straordinario”: la banca centrale darà agli stati fino a 1.000 miliardi e forse più. Il prestito è per chi ubbidisce all’Europa (tradotto: alla Germania) e in caso di difficoltà la banca centrale risponderà per il 20% mentre gli stati per l’80%.
Tutti ad esultare: è finita l’austerità e la crisi.
Ma la vita ruspante di chi sta in trincea dice altro. Intanto sembra che resti in piedi l’enorme apparato della burocrazia e della spesa pubblica, che forse non produce quanto mangia. Anzi, potrebbe ingoiare in uno sbadiglio anche i soldi del contributo. A parte questo mi pare che il vero problema sia l’individualismo. Sempre più, qui in canonica, a chiedere aiuto sono le persone sole. Mi dico: in principio da soli si sta anche bene, perché manca il peso dei rapporti famigliari, le noie sono poche, per la vecchiaia c’è la pensione, per le malattie c’è l’Ulss. Ma col tempo l’inganno viene fuori. Le strutture sociali aiutano per modo di dire tanto che sanità e pensioni sono al collasso. Chi è senza una famiglia affonda per primo. Questa è la realtà: la crisi è una questione umana: ha a che fare con la solidità dei legami e la fiducia fra noi. Qualche soldo in più nelle tasche delle banche risolve poco. Bisogna imparare il soccorso reciproco. Chi aiuta un amico in difficoltà protegge se stesso perché la sofferenza altrui, se non viene curata, prima o poi raggiunge tutti.
Questa iniezione di soldi dice che il malato è grave e da solo non respira. Serve adrenalina.
Per un poco si andrà avanti, ma solitudine ed egoismo torneranno a farla da padroni, perché la Grecia di euro ne ha ricevuto 340 miliardi e non ha risolto niente: eppure vale appena il 2% del Pil europeo.
La soluzione è ricomporre i legami di fratellanza, secondo il Vangelo, e per farlo occorre volontà e un tempo lungo.
Prudenza dunque, perché non è detto che il peggio sia passato.
don Gianni Antoniazzi
Allora siamo o no Charlie? Dapprima sembrava che il sì fosse corale e non si sono visti cartelli che affermassero il contrario, a parte l’immediata presa di distanze della Le Pen. Poi l’emotività iniziale si è smorzata, il polverone si è abbassato e sono emerse via via posizioni differenziate, fino ad arrivare ai sacrosanti distinguo del Papa, il quale, tuttavia, è stato l’unico ad astenersi dal dire di non essere Charlie. Secondo me lo slogan non implicava affatto la condivisione del contenuto o dell’impostazione delle vignette, ma soltanto la difesa della libertà di espressione in generale. Come a dire: “Caro terrorista, se credi di zittirmi colpendo nella direzione che più t’infastidisce, sappi che siamo tutti Charlie”. Altra questione è quella del merito, sulla quale, senza dilungarmi, concordo in pieno con quanto diceva il nostro parroco la settimana scorsa: se la satira si riduce ad offesa gratuita (e ciò non solo nei confronti delle religioni, ma di chiunque) e non è costruttiva, è inutile e deleteria. Aggiungo che, a mio avviso, dovrebbe avere la capacità di mettere in evidenza le contraddizioni in cui ognuno di noi incorre rispetto al proprio credo o alle proprie idee, piuttosto che sbeffeggiare alla spicciolata chi la pensa diversamente, cosa molto più facile e comoda. Con tutto ciò, dissento da quel quotidiano inglese che, all’indomani dei fatti sanguinosi, si è permesso di pubblicare che “se la sono cercata” e da quelli che, nella stessa circostanza, si sono precipitati a mettere le mani davanti: tutto ciò è segno di debolezza e fa il gioco di chi ci vorrebbe soccombenti. Di contro, come vorrei che certe esibizioni di solidarietà si traducessero anche verso i Paesi dai quali non ce ne derivano particolari interessi economici, come la Nigeria! Oggi è la festa della Conversione di San Paolo e, nel contempo, la liturgia sia dell’una che della domenica ricorda la nostra chiamata e il nostro impegno precipuo: la testimonianza del Vangelo. Invochiamo San Paolo che interceda perché anche ai terroristi e ai prepotenti il Signore riservi il dono della folgorazione, sperando di non fare la fine di quel missionario che, imbattutosi in un leone e vistosi senza via di scampo, alzò gli occhi al cielo e pregò: “Signore, ispira a questa belva sentimenti cristiani!”. Il leone immediatamente s’inginocchiò e, levati gli occhi al cielo, disse: “Grazie, Signore, del cibo che anche oggi mi hai mandato”. …!
Pubblicata lettera aperta del 25/1/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Rispetto la satira, ma non mi interessa. La ritengo incivile. È il tentativo di distruggere chi la pensa in modo diverso. Per me le differenze sono una ricchezza e dunque tento di essere costruttivo.
In questo territorio ci sono numerose scuole elementari e medie. Sono frequentate anche da bambini che non conoscono bene la nostra lingua, non sanno scrivere in modo corretto e faticano a seguire le lezioni. Se poi nella loro famiglia tutti parlano un altro linguaggio e guardano canali televisivi di un altro stato, i piccoli non riescono ad avere una piena integrazione nel nostro mondo.
Mi piacerebbe realizzare un “doposcuola” per i piccoli. Metto a disposizione alcune stanze del patronato. Ho chiesto ad un uomo che si intende di organizzazione scolastica di darmi una mano. Ora avrei bisogno di molti insegnanti. Vorrei infatti il rapporto da uno ad uno: un maestro per alunno, sempre lo stesso, due volte la settimana.
Ritengo che la più alta forma di carità sia la formazione razionale e culturale dei più giovani. Se vogliamo compiere un passo significativo per il futuro non possiamo ignorare questo tipo di problema.
Chiedo a chiunque avesse passione per l’insegnamento di darmi una mano: basta lasciare nome e numero di telefono in segreteria.
Vorrei cominciare a settembre, ma se fosse possibile anche prima, per esempio a marzo, così da aiutare chi è in difficoltà a concludere bene l’anno scolastico. Solo per elementari e medie.
don Gianni Antoniazzi
Girare il mondo in TV è indubbiamente interessante. Sono i programmi che seguo più volentieri, perché mi aprono finestre inimmaginabili su realtà che nemmeno i più abili pennaioli saprebbero adeguatamente descrivere. Gli spunti che ricevo mi fanno conoscere cose nuove e mi stimolano ad approfondire taluni aspetti conosciuti in modo soltanto superficiale. Tuttavia, sarebbe improprio affermare che in tal guisa si è viaggiato stando seduti in poltrona: recarsi poi sul posto e coinvolgere oltre al cuore e alla mente tutti i cinque sensi che abbiamo a disposizione è tutt’altra cosa. Non solo, ma seguire poi le trasmissioni che ti ripropongono luoghi già visitati e sapere che sei stato proprio lì è un’emozione unica. D’accordo, non tutti possono o vogliono dedicarsi a certe avventure e per costoro va bene anche la poltrona, ma almeno il desiderio di esserci, liberare la mente e la fantasia verso quelle mete sono condizioni minimali, altrimenti è tempo perso passivamente, come per tanti altri prodotti televisivi di scarso spessore. Mi sono riaffiorati questi pensieri, che, avrete capito anche in altre circostanze, mi coinvolgono alquanto, proprio esaminando la liturgia di oggi, la quale peraltro è l’altra faccia della medaglia di quanto si esponeva la settimana scorsa: il Battista indica dunque a due suoi discepoli l’Agnello di Dio e questi prendono a seguire Gesù. Erano stati di fatto spinti a cercarlo, volevano farlo e sostanzialmente l’avrebbero anche trovato, ma quando il Messia si gira e chiede loro cosa volessero, essi rispondono: “Maestro, dove abiti?”. Li prende l’impulso (comune anche a noi quando conosciamo persone nuove e interessanti) di saperne di più. E qual è il modo migliore per approfondire la conoscenza? Quello di recarsi sul posto, anzi, nel luogo più personalizzato e intimo che è la dimora. Gesù lo sa e si limita a rispondere in modo molto stringato: “Venite e vedrete”. Quei due, data l’ora, si sono poi fermati ed è bastato per metterli in grado di acquisire una certezza (quello era proprio il “Cristo” tanto atteso) e per trasferirla ad altri, contagiandoli. L’indirizzo per tutti è: volere, ricercare, trovare, approfondire, divulgare e coinvolgere. Se ci limitiamo ad osservare, la salvezza rimane una chimera e il Salvatore un’immagine scialba su di un santino, destinato a scolorire.
Pubblicata lettera aperta del 18/1/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Voltaire fu uno dei padri dell’illuminismo francese di fine ‘700: ironico, chiaro nello stile, vivace nei toni, polemico contro le ingiustizie e le superstizioni. Fu un seguace della cosiddetta “religione naturale” e al contempo anticlericale e laico. Scrisse le parole riportate nella vignetta qui sopra.
Le condivido e le propongo con forza, anche se le viviamo in modo incompleto.
La libertà di espressione è sacrosanta, ma perché offendere gratuitamente e con rabbia chi avesse un pensiero e un orientamento di fede?
La libertà di parola è fondamentale. Vale anche quando parla un cretino. Ma perché se la Chiesa si esprime viene accusata di ingerenza?
La satira ha il potere di colpire le fragilità della vita con animo anche leggero. Dobbiamo essere maturi e sicuri al punto da sorridere di noi stessi. E tuttavia: perché usare la satira solo per distruggere e non per edificare proposte di vita?
Uccidere è un’infamia. Farlo come in Francia o Nigeria è da vigliacchi terroristi. Un popolo maturo e democratico come il nostro deve dimostrare rispetto per l’altro e le sue idee in ogni occasione: altrimenti è zoppo, storto, rabbioso, anche se l’odio viene “solo” stampato.
Il punto centrale è questo: quando manca la carità, allora anche la libertà di parola, di stampa, di pensiero e di satira non edificano nulla. Di contro: ogni derisione conduce a un vuoto più grave. Se anche l’Europa è un terreno fecondo per il terrorismo la ragione sta appunto nel vuoto di valori e di proposte per un giovane. Senza amore per l’uomo, ogni parola si trasforma semplicemente in uno schiaffo alla vita: l’ironia e la critica fanno terra bruciata, non costruiscono la società. L’obiettivo non è annullare le differenze con la satira, ma imparare a riconoscere nel diverso una ricchezza. Se non si è capaci di dare dignità alla persona, la libertà di espressione conoscerà presto la sua pietra tombale.
don Gianni
WANTED! Era l’ordine posto sotto la foto del ricercato in America, cosa a noi ben nota tramite i film o i fumetti western. Spesso era accompagnato da una taglia e talvolta dalla scritta “vivo o morto”. L’etimologia del verbo dagli svariati significati (tra i quali volere, desiderare) implica una volontà imperativa, non una mera segnalazione. Il che comporta un vasto coordinamento di forze e una frenetica ricerca di indizi e tracce. Questa settimana stiamo celebrando le manifestazioni di Gesù, prima con l’Epifania e poi con il suo Battesimo. Ripensando ai Magi, mi è venuto spontaneo abbinare il termine in premessa alla loro caparbia determinazione, fatta di anni di studi, di analisi dei segni, di voglia di capire e di trovare a tutti i costi questo Messia preannunciato e che doveva arrivare perché i tempi erano maturi. E soprattutto, Gesù si è fatto trovare da loro. Anche Erode lo cercava alacremente, ma solo per ucciderlo e nella sua ignoranza è stato abilmente depistato. Purtroppo a farne le spese sono stati tutti quei fanciulli martirizzati senza colpa e senza effetto alcuno. Il Battesimo è rappresentato in termini analoghi: è Giovanni Battista che cerca e riconosce il Salvatore, l’Emmanuele, e a lui è dato di assistere al fenomeno dei cieli che si aprono e di udire la voce del Padre pronunciare le note parole di compiacimento. Sarà sempre il Battista ad indicare alla gente Colui del quale parlava: “Ecco l’agnello di Dio che è venuto a cancellare i peccati del mondo!”. Tutte queste “manifestazioni”, quindi, non avvengono “coram populo”, platealmente, ma il Cristo si rivela solo a chi lo cerca con cuore sincero e farsi trovare resta comunque una sua scelta. Così sarà molto dopo sul Tabor, quando una scena simile sarà riservata ai tre apostoli che erano con lui. Così sarà nell’orto del Getsemani quando si lascerà prendere dai soldati. Le manifestazioni e le rivelazioni allora sono veri e propri mandati di missionarietà, che è poi il vero compito della Chiesa: conoscere Gesù (la Parola) e farlo conoscere affinché le tenebre non l’abbiano vinta sulla luce, come si considerava domenica scorsa. Ecco perché mi figuro l’immagine di Gesù con sotto la scritta WANTED e una taglia di valore incommensurabile: il Regno dei Cieli. Ecco perché do per scontato un enorme impiego e dispiegamento di forze per trovarlo.
Pubblicata lettera aperta dell’11/1/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.