Lettera aperta del 3 giugno 2018
Inserito il 30 Maggio 2018 alle ore 20:38 da Redazione CarpinetumAbbiamo inserito nel sito lettera aperta del 3/6/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Il 2 giugno del 1946, gli Italiani preferirono la Repubblica alla Monarchia. C’è un episodio che don Mario Ronzini racconta volentieri. Prima di quel Referendum la gente di un paesino disperso andò dal parroco a chiedere come votare. Il sacerdote non si sbilanciò, ma rispose che se in famiglia c’era confusione si usava dire che era diventata una “repubblica”.
Veniamo a noi: visto che dal 4 marzo ad oggi non sono ancora stati in grado di fare un governo, è facile contestare la confusione che regna sovrana nelle menti illuminate di chi si propone alla guida della Patria. Il Signore Gesù però non ha mai fatto una sterile contestazione di piazza. Così noi cristiani non ci lasciamo sedurre dalla contestazione, ma, con lavoro e passione, continuiamo a offrire ogni contributo possibile al bene comune dell’Italia.
In occasione della Festa della Repubblica invito tutti a voler bene alla nazione e dire una preghiera per i nostri governanti. È urgente ritornare ad un clima costruttivo. Non posso pensare che lettera aperta raggiunga tutta Italia, ma spero almeno che qualcuno fra noi diventi propositivo. Come durante la Messa chiedo di partecipare, cantare ed essere responsabili nella fede, così è anche per questo Stato: esprimo fiducia nel Presidente e nelle Istituzioni e supplico il Signore affinché tutti ci sentiamo soggetti e protagonisti, per il futuro nostro e dei nostri figli.
don Gianni
Il mistero dei misteri. Potrebbe così definirsi la Santissima Trinità, che oggi festeggiamo appena fuori dal tempo pasquale, ma del quale è mirabile corollario. Non fa neppure parte dei venti misteri contemplati nel Rosario, eppure potrebbe racchiuderli tutti, posto che ognuno termina con il “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo”, che è la preghiera che risalta per eccellenza l’identità di Dio, uno e trino. Tutto sommato potremmo anche dire che non è poi questo mistero impenetrabile, tanto è percepibile nella sua essenza. Se abbiamo seguito bene tutta la liturgia del periodo appena trascorso, non ci è sfuggito come il ruolo delle tre Persone si sia alternato nelle rispettive caratteristiche ben distinte, ma senza risultare in alcun caso separato né sovrapposto l’uno all’altro. Il Padre che interviene per indicare in Gesù il suo Figlio prediletto nel quale si è compiaciuto; il Messia che compie il suo mandato di salvezza e nello stesso tempo si presenta come l’immagine concreta del Padre, che nessuno ha mai visto (chi vede me vede il Padre..); lo Spirito Santo che proviene da entrambi, che appare sotto forma di colomba, che viene prima promesso, poi alitato sugli apostoli dallo stesso Maestro, in virtù del quale conferisce loro tutti i poteri e che infine scende per infondere tutta la comprensione di cui c’era e c’è bisogno, all’insegna di una parola d’ordine che è la natura stessa del Dio che il Salvatore ci ha fatto conoscere: l’Amore. Il tutto quindi in un unicum talmente armonico da passare quasi inosservato, impercettibile, come tutte le cose che funzionano alla perfezione. Ecco, la Trinità come segno di armonia potrebbe essere un taglio particolare di contemplarla, per calarla poi nella nostra realtà terrena, specie di questi tempi, quando, oltre a continuare nei contrasti atavici che ci caratterizzano, stiamo facendo di tutto per minarla anche nella natura che ci circonda. È vero che il peccato dei nostri progenitori ha determinato la traumatica uscita da un’oasi di perfetta armonia, ma ciò non ci autorizza ad inseguire il sentiero dell’autodistruzione. Quando ci presenteremo al Giudizio, saremo interpellati anche su questo, oltre che sull’amore per il prossimo, che ovviamente discende dallo stesso principio. Allora stavolta invochiamo la Santissima Trinità, esempio di armonia per antonomasia, affinché ci riconduca e ci mantenga in un mondo quanto più vicino a quel Paradiso terrestre dal quale siamo partiti.
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 27/5/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Ricordo che mia nonna aveva una cura diligente per ciò che le era affidato. In casa non doveva mancare uno spillo. Usava la biancheria avuta in dote da ragazza e la trattava con devozione. Coltivava gli angoli dell’orto e metteva da parte anche i brandelli di carta. Nel suo mondo non c’era spazzatura: riciclava di tutto.
Rispetto a lei il nostro ambiente è un inno allo spreco: dissipiamo le forze, perdiamo occasioni, abbandoniamo la natura e non diamo corpo ai sogni. Non abbiamo neppure l’interesse per stare qualche istante in pace con noi stessi. Nel nostro mondo l’effimero è più importante della sostanza, la ricchezza è più preziosa della saggezza, la notorietà più della dignità, il curriculum più della competenza e il successo vien prima del rispetto di sé (confronta Lowen). Ne soffrono soprattutto i giovani, col risultato che faticano a “conoscere se stessi” (tempio di Delfi).
Dal canto suo, invece, il Vangelo ha sempre proposto la strada faticosa ma feconda dell’essenzialità e della cura della propria persona: “Che giova infatti all’uomo guadagnare anche il mondo intero, se poi perde la propria anima?” (Mc 8,36). Che senso ha stare ore intere in Internet per circondarsi di migliaia di amici se poi manca l’affetto anche per uno solo? A mio parere i nostri nonni, col loro stile, vedevano lontano, più di quanto facciamo noi con la tecnologia avanzata del giorno d’oggi.
don Gianni
Una forza rigenerante, chi non la desidera? Forse soltanto da molto giovani non ci si pensa più di tanto, ma non appena si affacciano i primi problemi e le preoccupazioni cominciano a logorare la nostra normale esistenza, è da persone responsabili ricercare i modi migliori per porvi rimedio. Allora, se si tratta di sola tensione fisica ci si affida alle varie attività sportive per scaricarla e compensare, specie al giorno d’oggi, una routine troppo sedentaria. Se però subentra anche lo stress, le risorse si ampliano e vanno dal più elementare yoga al training autogeno o dalle sedute olistiche al trattamento professionale di psicologi e psichiatri, dei quali abbondiamo alquanto. E tutto allo scopo di evitare la somatizzazione e di fornire al nostro corpo nel suo complesso fisico e mentale quell’energia che lo rimetta in carreggiata. Per lo spirito il percorso e le esigenze non sono tanto diversi: cali di tensione e crisi entrano nell’ordine del giorno senza che ce ne rendiamo quasi conto, anzi, spesso succede esattamente il contrario che per il corpo e cioè la calma piatta, frutto dell’abitudine, lo addormenta, vanificando così tutti i benefici che solo la sua vivacità produce. Il particolare che il benessere spirituale e quello fisico vadano di pari passo non è secondario. Oggi la scienza ha compiuto dei grandi passi avanti nella dimostrazione che la loro interazione li aiuta a sostenersi reciprocamente, anche in presenza di malattie importanti. Tuttavia, già San Paolo ci esortava a camminare “secondo lo Spirito”, sostenendo che la legge della carne ci rende prigionieri, mentre quella dello Spirito ci libera. Vale la pena di rileggersi entrambe le sue letture di oggi, quella della veglia e quella della Messa del giorno, per trarne parecchi spunti di riflessione. La solennità della Pentecoste ci ripropone tutta la forza rigeneratrice dello Spirito Santo, che è in noi, con tutti i doni di cui è portatore e che la Sequenza così bene riassume. Sono doni che non vanno conservati in salamoia, ma usati continuamente, proprio perché influiscono positivamente sull’equilibrio della nostra vita, su come la spendiamo e non solo per noi stessi, ma anche nel rapporto con gli altri. Scorriamone il testo ancora una volta e scopriremo la carica che ci dà, qui e in prospettiva della vita eterna. Una prospettiva che ci rende più stabili, che ci inquadra i problemi in un’ottica giusta, che ci garantisce che stiamo “già” vivendo l’eternità anche se “non ancora” in senso compiuto. Che la rigenerazione dello Spirito operi in tutti noi.
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 20/5/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Qualche volta pare che la comunità cristiana stia sullo stesso piano di tutte le altre realtà di questo mondo. Non è così o, meglio, non dovrebbe essere così. Lo Spirito dato in modo eguale a ciascuno suscita e valorizza le diverse ricchezze di ogni uomo. Ognuno di noi ha dignità piena di Figlio di Dio. Il nostro volto è conformato a quello di Gesù di Nazaret. Non c’è dunque una vera gerarchia se non di servizio. Non c’è una carriera nella Chiesa: primi sono coloro che più di altri portano il peso della croce di Cristo. Un mosaico di straordinario valore prende forma quando ogni tessera è disposta al proprio posto. Allo stesso modo la comunità cristiana dovrebbe risultare un’opera meravigliosa. è lacerata quando alcune “tessere” mancano, occupano ruoli sbagliati o vogliono primeggiare sopra le altre.
don Gianni
Volgere lo sguardo al ritorno e organizzarsi di conseguenza. No, non sto parlando del ritorno alle urne, ma dell’invito degli Angeli agli uomini di Galilea che stavano guardando attoniti nel nulla, dopo che Gesù se n’era andato in cielo. Anche se, a ben considerare, non è che i nostri rappresentanti eletti stiano facendo una figura tanto diversa: continuano a guardare stralunati ai risultati elettorali, taluni rivendicando posizioni che non hanno affatto conquistato, altri arroccandosi ad oppositori di governi che non esistono e che forse non riusciranno più a configurarsi. Il vantaggio degli apostoli, dopo il primo momento di sbandamento, è che riceveranno lo Spirito Santo, che farà loro capire il messaggio del Redentore e lo proclameranno nelle varie lingue, ottenendone la comprensione di tutti i popoli. Non penso invece che il nostro Mattarella riesca in analoga performance e, se ce la facesse a produrre lingue di fuoco, sono sicuro che li incenerirebbe tutti. Ne consegue che i partiti, se non la finiranno di guardare al 4 marzo scorso e non si proietteranno in avanti, costi quel che costi, proseguiranno nel parlare linguaggi astrusi, che si continuerà a non comprendere, incrementando nella gente il dilagare del qualunquismo, che già ha prodotto il 4 marzo fenomeni paranormali di improbabili riflussi storici (ogni riferimento alla riproposizione della cartina d’Italia in chiave borbonica non è casuale). Eppure il messaggio della liturgia di oggi è chiaro e valido anche sul piano sociale; basterebbe rileggersi con calma la seconda lettura, dalla lettera di Paolo agli Efesini, e ne ricaveremmo un’esortazione inimitabile: comportarsi in maniera degna della “vocazione” (= mandato) che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di “conservare l’unità dello Spirito” (= fare gli interessi della collettività) per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la “speranza” (= obiettivo) alla quale siete stati chiamati. Tornando a bomba, noi credenti dobbiamo puntare al ritorno del Messia nella sua Gloria, che ci sarà solo dopo che avremo adempiuto al mandato missionario ricevuto e che il Vangelo oggi riporta: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura”. Rimboccarsi le maniche quindi è d’uopo e non restiamo là imbambolati a contemplare il nulla. Non credo proprio che il fenomeno della manna si ripeta.
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 13/5/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.