Inserito il 27 Novembre 2013 alle ore 20:02 da Redazione Carpinetum
La sera di sabato 30, alle 20.45 (e non alle 20.00) ci sarà il concerto Gospel “Musica Amica”, del coro “Voci in accordo” diretto da Elena Camerra e in collaborazione con Telefono Amico, organizzato dal gruppo culturale “La Rotonda”. L’ingresso è ad offerta libera. Vi aspettiamo numerosi.
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Inserito il 27 Novembre 2013 alle ore 19:43 da Redazione Carpinetum
Pubblicata anche online lettera aperta del 1°/12/2013. Come sempre aspettiamo i vostri commenti!
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Inserito il 24 Novembre 2013 alle ore 13:23 da Plinio Borghi
Realtà e futuro si fondono entrambi nella festa di oggi, conclusiva dell’anno liturgico in corso: Gesù Cristo, Re dell’Universo. Che sia Re è una realtà incontrovertibile e lo rivendica Egli stesso a Ponzio Pilato: “Tu lo dici, io sono re”. Lo conferma al ladrone sulla croce, che lo supplica di ricordarsi di lui quando entrerà nel suo regno. Per questo, dice Gesù, sono nato (nel seno del Padre) e sono venuto a questo mondo (l’incarnazione): per essere Re. E tutto il Vangelo è imperniato sull’annuncio di questo Regno. Ma Gesù non si accontenta: vuole che tutti gli altri re gli siano sottomessi e tutti i popoli della terra ricondotti a Lui, affinché, solo allora, possa ritornare nella sua Gloria. Questa è la prospettiva futura e qui s’innesca l’obbligo dell’azione missionaria della Chiesa. “Benedirà il suo popolo nella pace”, recita oggi l’antifona alla Comunione. Questa pace così maltrattata e utopistica diventerà cosa reale quando la regalità del Figlio sarà totale. La situazione che stiamo vivendo, purtroppo, ci richiama di più al vangelo di domenica scorsa: guerre, pestilenze, terremoti, soprusi, popolo contro popolo e regno contro regno, persecuzioni e quant’altro, ma non sarà questa la fine del mondo; sono tutte cose che dovremo superare affinché si diffonda la pace vera. D’altra parte, se così non fosse, non avrebbe senso sottolineare ad ogni Eucarestia, nel sintetizzare il mistero della fede: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell’attesa della tua venuta”. Se lo diciamo convinti, dobbiamo esserlo anche rispetto al verificarsi delle condizioni affinché ciò avvenga ed operare con responsabilità in questa direzione, perché Gesù non ci ha detto di star seduti, calmi e tranquilli finché tutto succederà, bensì che siamo noi che dobbiamo farlo succedere e quindi dobbiamo gridare ai quattro venti la verità di cui siamo in possesso, a cominciare dal luogo in cui viviamo (che sta diventando sempre più terra di missione) fino ai confini della terra. Con questo spirito ci apriamo all’Avvento e, da soldati schierati al servizio del nostro Re, ripetiamo con più forza durante la Messa il riconoscimento che gli è dovuto: tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli!
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Inserito il 24 Novembre 2013 alle ore 07:58 da Don Gianni Antoniazzi
Non c’è immagine migliore per l’Avvento che la nascita di un bambino: Dio chiede di essere accolto allo stesso modo nella nostra vita.
Siamo alle porte dell’Avvento, tempo che insegna ad accogliere tutti, senza escludere chi la pensa in modo diverso. Questo esercizio ci aiuterà ad ospitare Dio il quale viene per offrire salvezza, gioia e vita.
Gesù per primo insegna questo valore. A Gerico incontra il capo dei peccatori, Zaccheo. Lo chiama mentre sta nascosto su un albero. Gli dice: “devo fermarmi a casa tua”. Risana il malfattore domandando la sua ospitalità. È il prototipo di ogni incontro: Egli offre fiducia agli uomini e mette se stesso in balia degli altri. In questo tempo sacro è importante salutare, stabilire amicizie, allargare il numero dei conoscenti, riprendere contatto con chi ci ferisce. Un atteggiamento che vale non solo coi fratelli di fede ma ancor più con chi condivide il cammino “di umanità”.
Soprattutto chi pensa di essere “nel giusto” vinca la pretesa di autosufficienza e l’incapacità di guardare oltre se stesso, perché nessuno di noi è il centro della storia.
don Gianni
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Inserito il 21 Novembre 2013 alle ore 21:22 da Redazione Carpinetum
Pubblicata anche online lettera aperta del 24/11/2013. Come sempre aspettiamo i vostri commenti!
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Inserito il 17 Novembre 2013 alle ore 13:23 da Plinio Borghi
Speranzosi o disperati? Non è facile darsi la carica con tutto quello che constatiamo giorno per giorno attorno a noi. La perdita di punti di riferimento, la rincorsa spasmodica verso sicurezze che crollano in un batter d’occhio per una semplice crisi, il continuo perpetuarsi del malcostume a tutti i livelli (quando mai abbiamo sentito un Papa stigmatizzare così crudamente la corruzione, definendo sporco il pane che i corrotti danno ai propri figli?!), una politica incapace di governare sé stessa, una Chiesa propensa verso un radicale rinnovamento che però non riusciamo ancora a percepire, e così via. Se poi ci aggiungiamo l’incremento della criminalità, che diventa sempre più violenta e gratuita, al punto da non essere tranquilli non solo se usciamo da soli, specie se anziani, ma nemmeno chiusi in casa, lo scempio nei confronti dei minori, che si dedicano con spavalderia al bullismo, allo spaccio e alla prostituzione, il quadro si fa fosco e la tendenza alla disperazione sembra scontata. Anche la liturgia non pare aiutare granché in questo periodo, in cui vengono dipinte a tinte fosche le fasi conclusive della nostra esistenza. Qui necessita un guizzo ci coraggio e gettare il cuore oltre l’ostacolo, come si diceva un tempo ai combattenti. La nostra vita non è altro che un campo di esercitazione: va comunque vissuta, perché dal come la viviamo dipende anche la vera vita, quella che ci aspetta dopo la morte. Bisogna imparare a disegnare il nostro futuro, che non è semplicemente la fine di un’esperienza, altrimenti sì è un vivere da sconsolati, date le premesse, e una conclusione da disperati. Ma per creare un futuro, bisogna ancorarci una volta di più a Chi ti da garanzie. Nel brano dell’Apocalisse letto il 1° novembre Giovanni concludeva che quelli vestiti di bianco erano passati attraverso la grande tribolazione e avevano lavato le loro vesti col sangue dell’Agnello. Oggi a conclusione del vangelo Gesù ci dice: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. Se sapremo seguire con convinzione queste coordinate, riusciremo anche a migliorare, malgrado le nefandezze, la qualità della nostra vita e magari allargare a macchia d’olio questa prospettiva di speranza.
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Inserito il 17 Novembre 2013 alle ore 08:00 da Don Gianni Antoniazzi
Sembra che i nuovi strumenti di comunicazione, al posto di rasserenare, facciano crescere rabbia e rancore. I rapporti sereni e cordiali sembrano appartenere ad un tempo passato.
Per molti l’ira e gli altri vizi capitali appartengono alla mentalità del passato. L’ira sembra però tornata di moda, anche se con sfumature e vocaboli diversi. C’è il rancore, che fa soffrire chi lo prova. Viene dal latino rancere, “andare a male”, e rende l’idea di un uomo che marcisce interiormente per un’ostilità che non riesce a sconfiggere. Alcuni per giorni e mesi ripensano ai torti subiti e al modo per ricambiare l’offesa. Ed è curioso, perché questo sentimento rovina soprattutto i legami più cari, di parentela ed amicizia, che avrebbero potuto essere di consolazione ed aiuto.
E poi c’è il sentimento della rabbia, reazione primitiva e immediata: se il rancore dura a lungo, la rabbia scoppia quando i sentimenti non hanno tempo per elaborare la realtà.
Dicono che in questi anni i molteplici strumenti di comunicazione abbiano messo a dura prova le nostre relazioni, sempre più avvelenate da improvvisi scoppi d’ira e da malumori pesanti. I Vangeli comunicano invece una pace profonda e ricordano che Gesù dalla croce ha perdonato quelli che lo uccidevano. Il cristiano è testimone di relazioni stabili e serene: è l’unico linguaggio che fa trasparire il divino in mezzo alle tenebre del mondo.
don Gianni
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Inserito il 15 Novembre 2013 alle ore 20:11 da Redazione Carpinetum
Pubblicata anche online lettera aperta del 17/11/2013. Come sempre aspettiamo i vostri commenti!
Pubblicato inoltre un nuovo numero della Gazzetta dei Carpini che racconta come i bambini del Germoglio hanno festeggiato San Martino lo scorso 11 novembre 2013.
Segnaliamo infine la pubblicazione del progetto per un programma pastorale parrocchiale di cui raccomandiamo la lettura.
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Inserito il 10 Novembre 2013 alle ore 16:53 da Redazione Carpinetum
Il Gruppo Missioni ha avuto notizie da suor Evelyn nelle Filippine circa la difficile situazione che sta vivendo quel paese. Potete leggerle nel notiziario speciale pubblicato oggi.
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Inserito il 10 Novembre 2013 alle ore 12:24 da Plinio Borghi
Credere nella resurrezione non è cosa facile, anzi, penso sia uno degli ostacoli maggiori da superare anche per uno che si accosta con una certa apertura alla verità che noi proclamiamo, figuriamoci per un miscredente! Tuttavia anche i materialisti confidano in una continuità oltre la vita terrena, sostenendo che ognuno di noi ha innescato un cambiamento in questo mondo e continuerà a riciclarsi, magari attraverso le opere che ha prodotto. Di converso, tutte le religioni e le filosofie hanno sempre rifiutato l’idea che un uomo possa esaurire con la morte la sua esistenza, tanto che si va dalla prefigurazione di una sorta di energia che continui la nostra presenza nel cosmo alla reincarnazione ciclica, in meglio o in peggio a seconda del nostro comportamento, fino a ipotizzare una forma di “illuminazione” che ti stabilizza nel nirvana. Nessuno ha però mai osato tanto da ipotizzare una vita eterna e addirittura il ricongiungimento del corpo all’anima. Con l’aggiunta, spiazzante, di offrire in anteprima la “prova” di tutto ciò mediante l’incarnazione, la morte e la resurrezione dello stesso Figlio di Dio. Diciamocelo francamente: quanti tra di noi stessi hanno un’idea chiara di tutto ciò? Non parlo di comprensione, perché sempre di misteri si tratta, bensì di condivisione corretta dei fondamentali della nostra fede. Se ne sentono tante sul Paradiso, sul Purgatorio e sull’Inferno, proprio da chi dice di crederci davvero, che viene il dubbio di assomigliare proprio a quei sadducei che il vangelo di oggi ci descrive, i quali, non credenti nella resurrezione, provocano Gesù con la domanda: chi ha avuto più mogli o mariti, con chi si ricongiungerà nell’aldilà? Mistificante, ma noi non siamo da meno se non usciamo dai nostri schemi e non ci proiettiamo in una realtà in cui saremo completi e appagati della conoscenza di quel Padre che, sottolinea San Paolo, è fedele a noi anche se noi non lo siamo a Lui. Impariamo dai sette fratelli descritti dal libro dei Maccabei, che hanno preferito la morte, convinti della resurrezione, piuttosto che rinunciare alla fede. Gesù stesso conclude: “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui”. Abbiamo bisogno di altre controprove per avere le idee un po’ più chiare?
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