L’epilogo di ogni storia…
Inserito il 15 Novembre 2015 alle ore 11:52 da Plinio BorghiL’epilogo di ogni storia serve a tirare le fila della trama, semplice o complessa che sia. Di solito è utile all’autore per dare continuità al proprio racconto e al lettore, se ne ha ben afferrati tutti i risvolti, per far sintesi. Il Vangelo, la buona novella per antonomasia, non fa eccezione a questa logica e il protagonista, Gesù, ne riassume gli effetti, rivelando come si compiranno gli ultimi avvenimenti e da quali segni potremo cogliere che si stanno avverando. Entra poi nel merito delle condizioni necessarie affinché s’inneschi il suo ritorno nella gloria: la conversione totale di tutte le genti e l’abbassamento ai suoi piedi di tutti i potenti, compito che ha affidato a ciascuno di noi. Però non fa alcun riferimento a quando i fenomeni descritti dovranno aver luogo, perché solo il Padre sa il giorno e l’ora. Era scontato. Infatti, più di qualche volta nelle similitudini riferite al Regno dei cieli (il padrone che arriva all’improvviso, le vergini che attendono lo sposo con le lampade accese, ecc.) il Maestro conclude con l’invito ad essere sempre pronti e a vigilare. Qua entra in campo la nostra capacità di analisi del percorso svolto in quest’anno liturgico, non solo per capire la portata delle prospettive che ci attendono, ma per convincerci che vale la pena di perseguirle. Una cosa balza subito agli occhi: l’attesa e la vigilanza non sottintendono un atteggiamento passivo, bensì dinamico. La sequela di Gesù è ricca di iniziative che vanno in ogni direzione: dall’osservanza dei comandamenti all’ascolto della Parola e alla sua messa in pratica; dall’attenzione all’emarginato alla missionarietà; dalla testimonianza della fede alla coerenza conseguente (da come vi amerete gli uni gli altri sapranno che siete miei discepoli), e così via. Abbiamo visto qualche settimana fa, osservando il giovane ricco, quanto sia difficile staccarsi dalle cose che possediamo, dal nostro modo di pensare, pur sapendo che la ricompensa sarà già qui il centuplo. C’è un relativismo che ci attanaglia e ci porta a personalizzare e quindi a svilire il messaggio universale. Siamo stati riscattati una volta per tutte dal peccato e dalle colpe, ci dice oggi San Paolo, non siamo più obbligati a sacrifici propiziatori di alcun genere, ma è evidente che un minimo di riconoscenza lo dobbiamo a chi si è sacrificato totalmente per noi. Il Salvatore ci rassicura. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Fidiamoci.