A Dio non basta perdonare…
Inserito il 10 Aprile 2016 alle ore 12:41 da Plinio BorghiA Dio non basta perdonare: vuole rimetterti in gioco. La liturgia di questa domenica segue a ruota, nella logica e nel merito, quella di domenica scorsa. D’altronde sarebbe ben triste che il Cristo fosse morto e risorto per salvare gli uomini nella sua misericordia, come recitiamo oggi nel Canto al Vangelo, se poi non desse loro la chance per un rilancio. E che rilancio! Infatti, nel dialogo che s’instaura tra Gesù e Pietro, per ben tre volte gli chiede quanto sia disposto ad amarlo, tanto che alla terza l’apostolo ne rimane addolorato: avverte in questa insistenza un chiaro riferimento, quasi una richiesta di “sanatoria” al triplice rinnegamento perpetrato durante il giudizio, prima del secondo canto del gallo, come il Maestro aveva previsto. Pianse amaramente, quella notte, prendendo atto della sua debolezza e quindi stavolta non si limita al “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”, ma, messo alle corde, aggiunge: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”. La resa è completa, il discepolo, persa la sicumera di quel “Certo”, si fa strumento nelle mani del suo Salvatore e così sarà fino all’epilogo sacrificale che questi già gli predice. Tutte e tre le volte Gesù lo investe di un compito non da poco: “Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle”. Siamo agli antipodi di ciò che succede nel mondo, dove la misericordia è un atteggiamento talmente raro da diventare un titolo da prima pagina. Men che meno è contemplata dalla legge, nella quale del condono, dell’indulto o dell’amnistia tutto si può dire tranne che partano dal cuore. Anche per chi ha pagato il proprio debito, un minimo di riscatto non è facile e, quando gli si fa luogo, non approda a scelte di spessore; della serie “con quel che hai combinato, accontentati di quello che viene, che è già tanto”. Poi ci sono i furbi, che godono di ben altri risvolti, ma questo è riservato ai professionisti del crimine. La logica di Dio, per nostra fortuna, va in tutt’altra direzione e non cambia nemmeno di fronte alla recidività. È la logica del figliol prodigo e del padre misericordioso e quello che fa la differenza non è tanto il tipo di “reato” quanto la genuinità del pentimento (umanamente impossibile da accertare), per cui il riscatto lascia spazio anche a cospicue prospettive. I grandi convertiti, divenuti poi grandi santi, stanno a dimostrarlo. Quindi, conta la grande lezione sociale che ne deriva, ma ancor più prendere atto, ancora una volta, che non possiamo misurare il disegno di Dio col nostro metro.