Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Tornare a parlarsi di persona

Inserito il 7 Novembre 2018 alle ore 20:08 da Don Gianni Antoniazzi

Quand’ero bambino mi insegnavano a stare zitto piuttosto che proferire parole senza alcun senso. In questa società in cui il linguaggio è diventato decisivo è bene riflettere sul modo di comunicare.

Durante un’intervista sul maltempo una donna raccontava che non c’era corrente da giorni, ma in compenso la gente aveva ricominciato a parlarsi senza più guardare i cellulari. In effetto i telefonini, nati per favorire la comunicazione e divenuti beni di massa, stanno facendo il rovescio: esaltano il clamore degli sciocchi, diffondono rabbia, lasciano in silenzio molti saggi.

Il modo più giusto per comunicare è di persona, quando si può comprendere l’interlocutore con la sua postura, dal tono della voce e dallo sguardo e intervenire serenamente con le opinioni personali. Per mancanza di tempo, non ci incontriamo più e usiamo i social network che hanno regole pericolose. Le parole hanno confini stretti, e rischiano di comprimere ciò che è immenso. La verità va rispettata nella sua interezza e va condivisa a voce.

Serve la voglia di raccontare la verità, quando si incontra una persona cara, restando lontani dalle semplificazioni. Le parole diventano allora come finestre spalancate che rimandano sempre oltre se stesse.

don Gianni

Un grido di speranza (II parte)

Inserito il 4 Novembre 2018 alle ore 10:02 da Plinio Borghi

Un grido di speranza (II parte). Come farà il nostro grido ad essere forte e realmente pregno di speranza? Il percorso liturgico dei primi due giorni di questo mese l’ha raccontato in tutte le salse, perché è andato a ripescare tutte le letture che si rifanno ai capisaldi della nostra salvezza, Apocalisse compresa. In teoria il punto di arrivo, la vera sintesi di quali siano i binari che fanno correre la nostra vita nella giusta direzione è oggi, quando nel vangelo ci viene riproposto il dialogo di Gesù con lo scriba. Non è un fatto puramente strutturale che le tre virtù teologali siano la fede, la speranza e la carità. È una questione vitale: nessuna di esse può prescindere dalle altre due. Non c’è speranza se la fede non è vera, magari meno di un granello di senapa, ma vera; non esiste fede che non sia sostanziata dalla carità, come ci continua a ricordare San Paolo: se anche avessimo la fede, senza carità saremmo come bronzi che suonano a vuoto. E la carità ci consente di sperare, appunto perché su quella saremo pesati, come vedremo ancora nelle prossime domeniche di questo percorso escatologico. Ecco che di tutte le norme comportamentali, gonfiatesi nel tempo, Gesù fa un concentrato unico: ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e tutta la tua forza; amerai il prossimo tuo come te stesso. Sfido chiunque a trovare un sano principio che non rientri in questo alveo o un comportamento men che lecito che non strida con queste semplici ma complete direttive. Lo stesso scriba riconosce al Maestro che ciò vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Purtroppo è nella nostra natura saper deragliare anche dai binari più sicuri e andare allo sbaraglio come ciechi, ma se ci ravvediamo nessuno ci prende a calci: l’infinita misericordia di Dio è reale e il suo altrettanto infinito amore non vuole che nessuno si perda. Tuttavia, Egli deve udire il nostro grido di speranza, come ha fatto Gesù con Bartimeo, il cieco di domenica scorsa, grido che non può prescindere dal rimetterci in carreggiata ovvero sui binari suddetti. Guai se al momento topico dovessimo essere colti fuori dal tracciato! La sequela di Cristo, che consiste nel mettere in pratica il Vangelo, sarà la giusta garanzia per mantenerci saldi onde evitare di continuare a deragliare con facilità. Se così sarà, anche noi, come lo scriba, riceveremo il riconoscimento di saggezza e il conforto della sua valutazione: “Non sei lontano dal regno di Dio”.

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