Inserito il 9 Novembre 2019 alle ore 18:12 da Don Gianni Antoniazzi
La speranza è il bene più prezioso. È ultima a morire. Spesso chiediamo perdono per gli sbagli contro la fede e la carità e ci dimentichiamo delle nostre colpe contro la speranza, che sono le più importanti
I padri latini dicevano che la speranza è un sostegno permanente: “spes ultima dea”. I greci la consideravano una divinità che resta a consolare gli uomini anche quando le altre tornano all’Olimpo. Ecco quant’era preziosa per gli antichi la capacità di mantenere viva l’attesa per un futuro migliore. Si capisce quanto sia grave, oggi, tarpare le ali della speranza, soprattutto nei giovani.
Bisogna chiedere perdono al Signore per i peccati non solo contro la carità o contro la fede, ma più ancora contro la speranza. Sono i più gravi perché soffocano chi vuol realizzare sé stesso. Chi dice: “non cambia mai nulla”, segue il maligno. Se la gente cominciasse a pensare che un mondo nuovo è soltanto un sogno, allora il demonio avrebbe vinto.
Simeone, il vegliardo nel tempio di Israele, è riuscito a mantenere la speranza fino alla fine dei suoi giorni: “Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace perché ha visto la tua salvezza”. Così anche la profetessa Anna. Per questo hanno abbracciato il Messia.
Quant’è importante che le attese dei bambini trovino adulti e anziani che le sostengano con entusiasmo!
don Gianni
Inserito in L'editoriale di don Gianni | Commenti disabilitati su “Spes ultima dea”
Inserito il 3 Novembre 2019 alle ore 10:01 da Plinio Borghi
“Botta e risposta” è una locuzione per significare un confronto acceso, che non concede spazio al benché minimo intervallo. È classica dei battibecchi, ma anche a teatro la si rileva positivamente in chi ha la battuta pronta e, incalzando, non lascia cadere la tensione dello spettatore. Le sacre scritture stesse ci offrono più esempi in tal senso: Samuele, per dirne uno, quando sente la voce che lo chiama e risponde prontamente “Eccomi!”; gli apostoli, quando Gesù li chiama a diventare pescatori di uomini e non frappongono indugio ad abbandonare le reti e a seguirlo. Oggi, poi, il vangelo ci offre una scena speciale: il Maestro si rivolge a Zaccheo, che s’era annidato sul sicomoro per vederlo passare, e si autoinvita a casa sua. Scatto immediato di questo pubblicano incallito e altrettanto immediata conversione. C’è un minimo comun denominatore in queste reazioni: la predisposizione. Non ci può essere prontezza se in qualche modo non si è preparati. Così è per un confronto, per una recita, per uno stato d’animo, per una mente aperta, per una disponibilità acquisita in un rapporto maturo, per la curiosità stessa. Zaccheo era lontanissimo dall’epilogo che lo avrebbe reso protagonista quel giorno, ma la voglia di sapere, di conoscere era tanta da arrampicarsi su una postazione strategica per poter vedere questo Messia che avanzava, come fosse un agguato. A questo punto Colui che è “venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”, come dirà a chi lo contestava per le sue frequentazioni, sorprenderà il curioso con quell’invito perentorio. Questi, però, non fugge, anzi, sorpreso ma felice si mette subito a disposizione. Botta e risposta. Altre chiamate hanno al contrario richiesto più tempo, come quella di Paolo sulla via di Damasco o dello stesso Anania, inviato dal Signore a guarirlo dalla cecità. Non c’era alcuna predisposizione agli eventi e la risposta non poteva essere pronta. Il fatto che il risultato sia stato comunque grandioso non deve però trarci in inganno e favorire un’eventuale posizione attendista: sarebbe un atto di presunzione, anche perché non siamo tutti San Paolo e men che meno sulla via di Damasco. Se da un lato è vero che a cercarci è Gesù, dall’altro ci corre l’obbligo di essere preparati e predisposti, per non perdere l’immediatezza in un’occasione che potrebbe rivelarsi irripetibile. Il nostro rapporto col Salvatore dev’essere sempre di botta e risposta. L’incertezza potrebbe torcersi contro.
Inserito in Meditazioni in libertà | Commenti disabilitati su “Botta e risposta”