Le situazioni di emergenza
Inserito il 3 Maggio 2020 alle ore 18:53 da Plinio BorghiLe situazioni di emergenza sono la prova del nove per misurare la capacità di un pastore nel far da guida al suo gregge. Ogni riferimento al comportamento dei vari governi nel mondo sul modo col quale hanno affrontato la pandemia in atto è puramente casuale, ma non più di tanto. In questa quarta domenica di Pasqua, in cui si celebra come sempre la figura del Buon Pastore, il vangelo sciorina una serie di caratteristiche che qualificano un ruolo così importante e che vanno dal conoscere le proprie pecore ad una ad una, le quali a loro volta conoscono la sua voce, nel saperle condurre fuori, nel camminare sempre davanti ad esse, nell’essere egli stesso la porta delle pecore, nel salvarle dal pericolo, fosse anche il caso di lasciare le altre per provvedere ad una sola, nel dare la propria vita per loro. Quanti di quelli che si ergono a guide possono ritenere in tutta tranquillità di rivestire siffatte doti? La domanda è retorica e lascio ad ognuno la risposta che in coscienza pensa di poter fornire. C’è anche il rovescio della medaglia: quanti di noi si sentono rinfrancati dalla voce dei propri governanti? Quanti sono in grado di intendere e agire per il bene di tutti, a prescindere dagli obblighi, o non si cerca piuttosto di affrancarsi dal gregge ritenendo di essere più intelligenti o più furbi degli altri? E anche qui l’esito è appannaggio di ciascuno. Attenti, però, che Gesù mette in guardia dai cattivi pastori, da chi entra nel recinto da un’altra parte che non sia la porta principale; addirittura li definisce ladri e briganti. Costoro avranno la meglio proprio su chi si arroga il diritto di non sentirsi pecora, di non appartenere al gregge e finisce poi per cadere dalla padella alla brace. Di millantatori, di esperti raffazzonati e di politologi abbiamo un florilegio inesauribile. Basta aprire la tv e se ne affacciano continuamente, senza contare chi imperversa su facebook, whatsapp, youtube o altri social similari; aggiungiamoci coloro che, in crisi di astinenza dal calcio, si sono improvvisati virologi o epidemiologi e il quadro è perfetto. Ci sfugge in genere un particolare: che essere pecora o appartenere al gregge non significa portare il cervello all’ammasso, bensì saper riconoscere la voce della verità e affidarvisi, nonché, parimenti, saper rifuggire da voci che non quagliano. Noi cristiani sappiamo qual è, perché è chiara e dà vita. Nell’impegno sociale, chi guida cerchi almeno di non far confusione, altrimenti è finita.