Il concetto di continuità
Inserito il 22 Novembre 2020 alle ore 09:58 da Plinio BorghiIl concetto di continuità non si trova così ben espresso come nella Liturgia. È vero che in generale anche nell’ambito civile è un principio sacrosanto, almeno sul piano del diritto, ma di fatto ogni volta che finisce un ciclo amministrativo chi subentra fa man bassa dei provvedimenti adottati dalla compagine precedente, Ora si sta presentando qualcosa di analogo negli Usa. Qui no, il nostro percorso è come un libro, che al posto di finire con l’ultimo capitolo ricomincia daccapo come fosse il primo, ricalcando peraltro in entrambi gli stessi concetti e le medesime formulazioni. Addirittura il vangelo di domenica prossima esordirà con i riferimenti analoghi a quelli di domenica scorsa (“vegliate perché non sapete l’ora in cui..”). L’intreccio è chiaro e non prelude interruzioni. Oggi festeggiamo nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. In sé il fatto potrebbe sembrare anacronistico: la regalità di Gesù, infatti, sarà proclamata al momento del Giudizio Universale, quando il Figlio dell’Uomo verrà nella sua gloria, come ci ricorda oggi il noto brano di Matteo, e consegnerà al Padre tutti i regni della terra, ormai ricondotti ai suoi piedi. È anche vero, però, che Gesù ha controbattuto a Pilato che lo stava accusando: “Tu lo dici, io sono re, ma il mio regno non è di questo mondo”, tanto che il governatore fece affiggere sul “trono” particolare che gli aveva predisposto “Gesù Nazareno Re dei Giudei”. Ebbene, fra un paio di settimane già canteremo “Il Re sta per arrivare, venite ad adorarlo”. Come si vede, la figura del Messia quale Re permea tutti i periodi dell’anno e d’altronde non poteva essere diversamente se il nocciolo della missione del Salvatore è proprio l’annuncio del Regno, che meditiamo appunto nel terzo dei misteri della luce ed è alla base della lieta novella. E così nelle similitudini che il Maestro snoderà nella sua predicazione, il Regno dei Cieli è più volte richiamato. Tutto ciò considerato, qual è allora il nostro compito? Evidentemente quello di sostanziare in termini missionari la regalità del nostro Redentore, non soltanto con la testimonianza di una fede coerente, ma altresì adempiendo al mandato che Egli stesso ci ha consegnato prima di salire al cielo: evangelizzare il mondo affinché tutti i popoli siano a Lui ricondotti, come accennavo prima. Dell’investitura finale saremo noi responsabili e quindi fautori, e di conseguenza salvati o condannati a seconda di come avremo operato, soprattutto nell’averlo riconosciuto presente nel nostro prossimo.