Un invito perentorio
Inserito il 26 Giugno 2022 alle ore 10:08 da Plinio BorghiUn invito perentorio è connotato ben diversamente da qualcosa di “ordinatorio”. Nella vasta gamma delle norme e dei rapporti che regolano la nostra convivenza civile abbiamo tanti esempi dell’uno e dell’altro: dal tono e dall’impostazione riusciamo a classificarli subito. Di solito una regola che impone un comportamento generico, magari priva di particolari sanzioni per l’inadempiente, è annoverata fra quelle ordinatorie. Invece un appello a presentarsi “entro e non oltre” una determinata data, magari con tanto di aspetti punitivi se non si ottempera, è senz’altro perentorio. Ebbene, nella liturgia di oggi riscontriamo entrambi questi aspetti. In prima lettura il rapporto fra Elia ed Eliseo si configura più ordinatorio, senza per ciò perdere di pregnanza: il nuovo designato dal Signore, ricevuto sulle spalle il mantello del maestro, lascia tutte le sue incombenze e lo segue, non prima, però, di aver ucciso un paio di buoi per sfamare la gente e di aver salutato suo padre e sua madre. Nel vangelo Gesù invece affronta in modo assolutamente perentorio chi si dichiara pronto a ricalcarne le orme: a quello che voleva prima provvedere alla sepoltura dei suoi cari risponde “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va e annunzia il regno di Dio”, e per l’altro che gli chiedeva, come Eliseo, di consentirgli di salutare quelli di casa la replica è “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio”. Verrebbe da chiedersi il perché di tanta rigidità, di tanta intolleranza. La risposta è proprio nella solennità di venerdì scorso, quando abbiamo celebrato “Il Sacratissimo Cuore di Gesù”: il nostro Salvatore non ha riservato alle sue pecorelle un angolino del suo cuore, ma tutto e oggi sta appunto andando incontro al grande sacrificio. Possiamo pensare di ricambiare tanto amore centellinando i nostri slanci nella titubanza più fastidiosa? Certo che darsi totalmente non è facile, lo sa anche il Maestro, che al primo che si offrì con le parole “Ti seguirò ovunque tu vada” fece presente che “Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” mentre tutto il resto del creato ha il proprio nido o la propria tana, ma i benefici di ritorno sono incommensurabili. Infine, se pensiamo che la sequela sia un vincolo privativo della libertà, S. Paolo nella seconda lettura dimostra esattamente il contrario: “Cristo ci ha liberati perché restassimo nella libertà”. Svincolati da Lui, saremmo in balia della nostra carne; guidati dallo Spirito, non siamo più sotto la legge