Il tempo dell’attesa…
Inserito il 30 Novembre 2014 alle ore 12:21 da Plinio BorghiIl tempo dell’attesa di norma è pregno di aspettativa, di ansia, di agitazione, di fermento, di tensione appunto (attesa = tendere a..) e quant’altri stati d’animo vogliamo elencare, a seconda di chi, di che cosa e di dove stiamo attendendo: aspettare il proprio turno dal medico non genera la stessa reazione di quando deve arrivare il fidanzato o si guarda l’ora perché il figlio tarda a rientrare. Tuttavia ci sono occasioni in cui si può vivere l’attesa con tutta la serenità e la tranquillità di questo mondo ed è quando si è certi di ciò che sta per accadere, perché è programmato o sicuro. Per fare un esempio banale, quando ero ragazzino si mangiava carne solo la domenica e alle feste comandate ed era una curiosità osservare la mamma che partiva con lo spennare la gallina (eravamo in sei fratelli, più i genitori e spesso la nonna!), poi diffondere in cucina l’odore dei peli scottati, preparare il bollito misto con relativo brodo e gli immancabili tortellini: si pensava alla festa imminente con calma gioiosa, tanto la cosa era scontata. Lo stesso varrebbe per noi cristiani in Avvento: la fede ci dà la certezza della venuta del Signore e non importa se Marco, nel vangelo di oggi, ci propone di vegliare perché non conosciamo l’ora in cui il “padrone” farà ritorno, perché sappiamo che verrà, perché sappiamo che rivivremo il Natale. Ho usato però il condizionale (varrebbe) in presenza di troppe varianti, che derivano da una fede blanda o scarsa, dal rischio di non capire fino in fondo la grandezza del mistero dell’Incarnazione che stiamo vivendo e dal sopravvento dei nostri impegni, delle preoccupazioni, delle distrazioni mondane che in questo periodo distorcono il vero significato dell’evento. Tutte cose che equivalgono ad addormentarci e a farci cogliere di sorpresa e impreparati. E allora questo periodo forte richiede sì serenità e gioia, ma anche aspettativa, fermento e soprattutto tensione, se vogliamo viverlo alla grande. Per questo la Chiesa usa il viola nei paramenti, non per tristezza, ma in quanto rappresenta bene le sensazioni (c’è sempre nei periodi che precedono i momenti forti) e porta bene alla nostra preparazione. Non ci resta che partire proprio con l’antifona d’ingresso della S. Messa: “A te, Signore, elevo l’anima mia, Dio mio, in te confido: che io non sia confuso. Non trionfino su di me i miei nemici. Chiunque spera in te non resti deluso”.