Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori

Inserito il 12 Settembre 2010 alle ore 08:00 da Don Danilo Barlese

Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento.
Ecco il vero Vangelo, di cui Paolo può parlare sempre soltanto personalmente e con traboccante gratitudine. è il miracolo incomprensibile della sua vita, da cui egli non riesce ad allontanarsi e a cui deve sempre far ritorno: il fatto che la grazia di Dio lo abbia «giudicato degno»! E la Grazia stessa era la fiducia, la mano tesa da Dio, la mano che rinfranca e che rafforza, che ha innalzato colui che era indegno rendendolo una persona interiormente capace, ricca e perciò degna, “nobile” in senso sovrannaturale. è  il miracolo della fedeltà eterna di Dio, che si fida di noi, che si affida a noi: questo è il vangelo della gloria.
Paolo torna sulla sua situazione precedente: “prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento”.
Da questa oscurità del peccato giunge colui che è stato chiamato e il suo passato gli resta nella memoria a glorificazione della grazia e per nessun altro motivo. Né per interesse psicologico in sé, né per incapacità di liberarsene. Allo stesso modo il cristiano (Agostino!) confessa il suo passato per esaltare la grazia. Neppure per porsi come modello di convertito.
San Paolo si sente parte di coloro cui è diretta la parola della croce: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Così anche l’essere portati dal buio della mancanza di fede alla sua luce meravigliosa, è la situazione normale; da qui si può intraprendere una missione, un apostolato. Diverso sarebbe se qualcuno peccasse nella fede, nella «conoscenza», dopo aver intrapreso la sua missione: costui perderebbe coscientemente, per quanto lo riguarda, la Grazia.
In questo effondersi al di là di ogni limite della Misericordia di Dio sta l’essenza della riflessione di Paolo: intende evidenziare il venir meno della proporzione, che ancora regnava nell’Antica Alleanza, tra grazia e merito. Fede in senso cristiano è perciò fede in Cristo, figlio di Dio, da cui deriva tutta la grazia del Padre, insieme alla fede e all’amore; ma anche fede e amore insieme con Cristo nei confronti del Padre. Dio Padre e Figlio e Spirito Santo ci fa partecipi della sua stessa Vita. Questa è «sovrabbondanza». Insieme con Paolo, con gratitudine, contempliamo con stupore il fatto incomprensibile che ci è accaduto.
“Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io”.
Non è lontano dal pensiero di Paolo leggere nella grandezza della grazia gratuitamente concessagli, la grandezza della perdizione, in cui la grazia ha brillato e tuttora brilla; perché la confessione è al presente. Damasco resta sempre attuale.
“Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia”: poiché Paolo è stato il primo peccatore, Dio lo ha reso un modello per dimostrare la «magnanima» grazia di Cristo.
Tutto infine sfocia nell’adorazione; la dimensione personale si libera in una formula liturgica di glorificazione e di ringraziamento che coinvolge tutta la Chiesa.

Don Danilo

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