Debitori dell’amore
Inserito il 4 Settembre 2011 alle ore 07:56 da Don Danilo BarleseFratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità. (Rm 13, 8-10)
Le esortazioni finali di Paolo nella lettera ai Romani trovano in questo brano una conclusione. Questi tre versetti ricapitolano tutte le esigenze divine nell’amore del prossimo. Lo si può definire la summa della legge. L’ora storica in cui i cristiani vivono conferisce all’esortazione un’urgenza e una radicalità insuperabili. In ultima analisi, l’apostolo postula dai credenti di Roma, ma anche da tutti i cristiani, una vita intessuta di amore e aperta attivamente alla salvezza futura.
I nostri versetti sono contraddistinti da una valutazione positiva della legge del Sinai. Si citano alcuni comandamenti della seconda tavola del decalogo. Infine, si riporta il comandamento dell’amore del prossimo di Lv 19,18 come riassuntivo di quanto Dio ha prescritto al popolo in campo etico. Ma Paolo esclude o accetta la legge divina sinaitica? Il dilemma non ha ragione di essere, perché egli l’esclude come via alla salvezza e l’accetta quale manifestazione della volontà di Dio. Del resto, già in “Romani 3,31” aveva respinto questa obiezione: «Ma allora con la fede non finiamo per abolire la legge? Oh no! Al contrario, confermiamo la legge». La fede esclude il culto della legge come fonte salvifica, ma la conferma in tutto il suo valore di indicazione obiettiva sul che fare. E al cap. 8 aveva parlato dello Spirito quale dinamismo di grazia capace di far sì che «la giusta esigenza della legge fosse compiuta in noi».
C’è poi da rilevare che l’unificazione di tutti i comandamenti in uno solo, il primo e il massimo, ha alle spalle una antica e costante tradizione biblica. L’apostolo però inserisce “il comandamento dell’amore” nel quadro della sua esortazione collegata strettamente con l’annunzio del vangelo.
Dunque l’agape è la piena attuazione della legge. Il motivo ricorre all’inizio ed è ripreso alla fine. Ma Paolo aggiunge altre due caratteristiche. La prima: l’amore costituisce l’unico debito che i credenti sono sollecitati a contrarre gli uni verso gli altri.
La seconda: «L’amore non fa alcun male al prossimo». Paolo si ricollega così alle esortazioni del cap.12, soprattutto alle seguenti: «Non rendere a nessuno male per male»; «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene». Ma in questo contesto emerge pure che il comandamento dell’amore del prossimo assume una precisa dimensione universalistica. “L’altro” (v. 8) e “il prossimo” (vv. 9 e 10) sono in pratica tutti gli uomini. L’amore mutuo tra fratelli si abbina con l’amore senza contropartite per chiunque. Ogni uomo, anche il persecutore, è prossimo da amare.
Don Danilo