Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Celibato dei preti e crisi di vocazioni

Inserito il 5 Agosto 2012 alle ore 08:00 da Don Gianni Antoniazzi

Da quando ho comunicato che perderemo il cappellano, molti  giovani del campo di Gosaldo, mi hanno chiesto ragione del celibato dei sacerdoti, dicendo che sarebbe causa per la mancanza di vocazioni. Riporto la mia opinione.

So bene che il celibato non è un dogma di fede. La Chiesa l’ha ritenuto opportuno poco alla volta, a partire dal concilio di Elvira nel IV secolo.

In Terra Santa, durante un pellegrinaggio, ho incontrato a Betlemme un sacerdote come me, in tutto e per tutto fedele al Papa. Era cristiano cattolico di rito Maronita e, seguendo la “legittima tradizione” in vigore in quella chiesa, ha scelto di sposarsi prima del sacerdozio (ne parla il Concilio Vaticano II nella Presbiterium ordinis). Ci raccontava che il matrimonio non ha aumentato il numero di vocazioni. Anche lì c’è una grave crisi. La ragione è presto detta: è necessario infatti, che anche la moglie e i figli condividano profondamente la vocazione sacerdotale e una vita improntata al vangelo.

Sono stato a Mosca e ho conosciuto i preti ortodossi. Per lo più sono sposati. Di fatto più di qualcuno è anche separato o divorziato: (come gestire in occidente questo fatto? La canonica resterebbe alla moglie?). È vero che, dopo la Perestroika, in Russia il numero dei sacerdoti negli ultimi decenni è aumentato di 10 volte. Ma bisogna aggiungere che essi vivono in case private, l’impegno per la chiesa comporta solo la celebrazione di una messa al giorno e vivono con lo stipendio dato dalla comunità. Non c’è dunque una vita pastorale paragonabile a quella cattolica. In più ora sopraggiunge questa crisi di identità legata anche ai divorzi.

Quanto poi alla chiesa evangelica, la figura del Pastore è più in crisi di quella del sacerdote cattolico. Anzi: secondo un osservatore “esterno” come Cacciari, la chiesa evangelica, di fatto già “non esiste” più.

A mio modesto parere la mancanza di vocazioni dipende da altri fattori. Il primo: la mancanza di una fede profonda nelle comunità che si dicono cristiane. Vi è un’appartenenza al Vangelo alquanto formale, limitata per lo più ai sacramenti di fanciulli e alla celebrazione delle esequie. In secondo luogo: c’è una crisi ben superiore che non riguarda il cristiano, ma l’uomo. Come uomini facciamo fatica oggi a compiere scelte importanti. Quanti, per esempio, scelgono un matrimonio per sempre? Questo forse è il punto della questione. Ma non sempre è possibile dirlo ad alta voce, perché sembra preferibile attribuire agli altri, nel nostro caso alla Chiesa “inadeguata ai tempi”, i problemi che invece ci riguardano da vicino.

don Gianni Antoniazzi

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