A Mestre serve una moschea?
Inserito il 9 Marzo 2014 alle ore 08:07 da Don Gianni AntoniazziIl diritto alla libertà religiosa è vero solo se concretamente offre luoghi di culto. Ma c’è da valutare: una moschea non mette alla prova la fede cristiana, ma l’equilibrio dello Stato.
Il 23 febbraio il Gazzettino, Il Corriere del Veneto e La Nuova Venezia hanno annunciato la costruzione di una grande moschea a Mestre, pagata coi soldi di regnanti arabi. Propongo alcune riflessioni da valutare con serenità.
La questione non tocca la fede. Il Vangelo infatti ci porta a riconoscere in chiunque il volto di Cristo. Il Concilio auspica la libertà di religione. Le parrocchie, questa e molte altre, hanno sempre mostrato attenzione viva ai bisognosi senza chiedere l’appartenenza di fede. La moschea dunque è del tutto compatibile con la fede, ma mette alla prova la fragilità dello Stato.
Nell’Islam fede, politica e azione sociale si sovrappongono. Noi cristiani riconosciamo il valore del servizio mentre “Islam”, letteralmente, significa “sottomissione” dell’uomo a Dio, della donna all’uomo, dell’infedele al fedele. Ho amici musulmani di dignità ed equilibrio straordinari. Tuttavia la preghiera in moschea è guidata dall’Imam che, come abbiamo visto altrove, non sempre è indulgente. Prima di costruire una moschea sarebbe da chiedersi se in questo momento lo Stato abbia la forza per guidare la società laddove ci fossero problemi.
Ancora. Accogliere è un dovere, una gioia, ma anche una responsabilità. Chi accoglie un figlio, per esempio deve accompagnarlo alla maturità: lo educa ai valori, lo introduce nella vita sociale, cerca con lui un lavoro, una dignità. Lo stato sa fare queste cose? Se decidiamo di accogliere una grande moschea a Mestre, abbiamo poi la forza per condurla alla piena integrazione?
Chi è venuto in Italia ha cercato qui un tenore di vita migliore che nel paese d’origine. Tutto è frutto anche di un lungo lavoro sul rispetto di valori profondi. Insieme alla Moschea potremmo chiedere il rispetto dei valori che sentiamo alla base della nostra Nazione?
Per esempio il rispetto della donna: forse non è pensabile che partecipi pienamente alla preghiera in moschea, ma si potrebbe domandare almeno pari dignità nella formazione e nei diritti?
Qui noi usiamo la lingua italiana. In moschea si adopererà l’arabo e non discuto. Ma sarebbe troppo chiedere la “predica” in italiano, comprensibile per tutti?
I missionari prima di tutto fondano scuole, ospedali, danno acqua e insegnano un mestiere alla gente. Lo sa bene il nostro gruppo missioni. Se i regnanti islamici hanno qualche soldino per la moschea, faccio una proposta: che prima diano una cifra (il 50%?) anche per il lavoro agli immigrati.
Per noi la libertà di movimento è un valore. Domando: potremo tutti entrare liberamente nella futura moschea, così come tutti entrano nei luoghi di culto italiani?
Non so se il lettore condivida le mie opinioni o ne abbia di diverse. Per questo però direi di valutare con calma la questione della moschea.
Capisco che Letta abbia portato in Italia qualche soldino dagli Arabi e che adesso da qualche parte una moschea bisogna pur metterla. Mi sta anche bene. Ci siamo indebitati oltre misura ed è comprensibile che chi ha investito meglio di noi voglia comandare in casa nostra. Però un po’ di dignità non ci farebbe male. Dimenticavo: alla Cipressina, in via del Gazzato, c’è ancora il dramma di una situazione esplosiva. L’illegalità e la mancanza di igiene sono sovrane in quella villa usata abusivamente anche da fuori legge.
È passato un anno e lo Stato non sa come risolvere (se non fosse un dramma ci sarebbe oramai da ridere). La cosa riguarda 50 persone appena. E lo Stato (il Prefetto?) è maturo quanto basta per impegnarsi su altre questioni tanto impegnative?
don Gianni