Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Il regalo più bello…

Inserito il 22 Giugno 2014 alle ore 12:46 da Plinio Borghi

Il regalo più bello che mai Gesù avrebbe potuto farci è stato proprio quello di donarci il suo corpo e il suo sangue come cibo, attraverso il mandato conferito agli apostoli di fare per sempre memoria di quel gesto da lui compiuto nell’ultima cena. Questo succede ogni qual volta celebriamo l’Eucaristia e trova la sua espressione più significativa proprio il Giovedì santo. La festa odierna, la cui nascita risale al XIII secolo e che è stata consolidata dopo il famoso miracolo di Bolsena, punta ad esaltare gli effetti che l’assunzione del Corpo e del Sangue di Cristo producono: prima di tutto la “simbiosi” col Salvatore stesso, quindi la “comunione” (comune unione) di tutta la Chiesa e infine la garanzia della vita eterna, dove vivremo trasformati in unità di corpo e spirito. Il processo non ha nulla di innovativo che già non percepiamo sul piano umano: entriamo in simbiosi con quello che mangiamo, il modo di mangiare ci accomuna con tutti quelli che si nutrono come noi e gli effetti si vedono; se poi il nutrimento è anche spirituale è conseguente che spirito e corpo diventino tutt’uno per sempre. La bella Sequenza che recitiamo oggi riassume in toto queste aspettative, in sintonia con tutte e tre le letture: il “fenomeno” che è annunziato dai simboli (Isacco, la manna nel deserto, l’agnello pasquale), la comunione all’unico pane sottolineata da San Paolo (noi siamo, benché molti, un solo corpo) e la inderogabile necessità di questo cibo più volte ribadita da Gesù stesso: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Domanda: a quanti momenti della nostra vita dedichiamo la nostra attenzione spasmodica? Uno per tutti, e che ci accomuna parecchio, è il campionato mondiale di calcio in pieno svolgimento; ma ce ne sono ben molti altri. Eppure riguardano situazioni effimere, che danno sensazioni temporanee destinate a dissolversi all’indomani. Perché non riservare allora un trattamento almeno analogo all’Ostia consacrata che vedremo passare in processione o non recarci di quando in quando a ricevere stimoli propulsivi ponendoci in contemplazione del tabernacolo, che racchiude l’essenza della nostra vita? Il Santo curato d’Ars l’ha sempre fatto e ci garantisce che è vero: non occorre parlare, limitiamoci ad ascoltare Lui e lasciamoci coinvolgere dal desiderio di nutrircene.

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