L’essere sbruffoni…
Inserito il 10 Agosto 2014 alle ore 12:34 da Plinio BorghiL’essere sbruffoni è veramente l’aspetto più comico della nostra personalità, specie se poi l’atteggiamento finisce per cozzare contro una realtà che ci sbugiarda e ci costringe a ridimensionarci. Mi diverto spesso ad osservare la sicumera e la teatralità che caratterizza certi venditori (e la televisione è ricca di queste tipiche figure, che un tempo imperversavano nelle piazze dei paesi), non solo, la scena si ripete con taluni pubblici funzionari, con esperti di ogni genere pronti a metterci la faccia in quello che sentenziano e così via. Non parliamo poi di chi pratica sport e competizioni, specie se pericolosi (il pericolo è il mio mestiere!), ma non si può sottrarre alcuno se l’argomento è il calcio o la politica: lì si pontifica alla grande e con la certezza di avere la verità in tasca. Tralascio la spudoratezza di politici e sindacalisti, perché andremmo come il solito a finire sul patetico. Ciò che da comico ci fa scivolare sul tragico è invece il momento del dubbio, con conseguente caduta della maschera, e la facilità con la quale tendiamo ad aggrapparci ad ogni ancora di salvezza, religione compresa, magari snobbata fino a un momento prima. Proprio l’apostolo Pietro (e chi poteva essere altrimenti?) ci offre oggi uno spaccato di questa performance. Gesù, dopo il tentativo andato a vuoto di domenica scorsa, riesce finalmente ad appartarsi sul monte a pregare e dà appuntamento ai discepoli di là del mare di Galilea. Sennonché il maltempo li mette in difficoltà ed Egli corre in loro aiuto camminando sulle acque. Scambiato dapprima per un fantasma, si sente rivolgere da Pietro la famosa domanda, che già sottintende il dubbio: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Non è proprio un impeto di fede, ma, su sollecito del Maestro, ce la fa! Salvo che un improvviso colpo di vento e l’onda conseguente lo fanno vacillare e sprofonda. “Signore salvami!”. È il grido spontaneo e Gesù come lo apostrofa dopo avergli teso la mano? “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” Ecco, appunto. Se facessimo meno i gradassi e cercassimo di essere più veritieri, più noi stessi, con le debolezze e i limiti normali che ci troviamo, quanto meglio sarebbe? Il brano del Vangelo di oggi andrebbe capovolto: prima riconoscere in Gesù il figlio di Dio, poi chiedergli sempre di salvarci e infine lasciarci condurre per mano nella vita, con tutta la fede di cui siamo capaci, che, francamente non è poi molta né tale da consentirci da soli strane avventure.
Mi permetto di aggiungere una ulteriore considerazione a quanto già ben evidenziato qui sopra.
Le parole pronunciate da Pietro, “se sei tu”, portano alla memoria lo stesso incipit con il quale il diavolo tentava Gesù nel deserto.
Sono le stesse parole che si pronunciano per mettere alla prova Dio, per vedere se è in grado di soddisfare un nostro desiderio, per vedere se Dio è veramente Dio, oppure, se invece, non siamo noi che possiamo manovrarlo a nostro piacimento, come Se Dio non possa essere il genio della lampada di Aladino.
Ed è interessante vedere come quelle parole così assurde e fuori luogo (ricordiamoci che Pietro aveva appena assistito con gli altri Apostoli al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci) siano pronunciate da colui sul quale Dio fonderà la sua Chiesa, a ricordo che Dio non ha vergogna delle nostre debolezze, ma che ci ama per quello che siamo, anche se sbruffoni come Pietro.
L’ amore di Dio ci anticipa e ci sostiene sempre. E’ importante ricordarselo e proseguire con gioia il nostro cammino quotidiano di conversione.
Condivido i riferimenti contenuti nel commento e sottolineo che nell’inciso “e chi poteva essere altrimenti” ci sta tutta la tua considerazione sulla nostra fragilità umana, così ben rappresentata da Pietro..