Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

In mezzo come il prezzemolo

Inserito il 9 Gennaio 2015 alle ore 16:20 da Don Gianni Antoniazzi

30 anni fa ci fu la prima telefonata su rete commerciale mobile. Oggi il cellulare è presente nella vita di tutti. Sempre più piccolo, sempre più ficcanaso.

Il 31 Dicembre 1984 Michael Harrison, con un Transportable Vodafone VT1 dal peso di 5 chili “appena”, ha chiamato il padre: era la prima telefonata su rete cellulare commerciale della storia. Era chiamato “trasportabile” perché la Compaq nello stesso anno vendeva un “portatile” (si fa per dire) da 13 chili. Il prezzo andava dalle 5000 sterline in su.
Ora tutto è cambiato. Il cellulare è un computer potente, impiegato solo talvolta per chiamare. In mano a gente esperta è capace di tutto.

Incombe sulla vita quotidiana come un’ombra costante. È fonte di tradimenti e spezza relazioni stabili. Permette di essere localizzati e ascoltati anche nei posti più solitari. Talora complica la vita. Per esempio: qui in parrocchia, per una frase su Facebook, un figlio ha portato i genitori sotto autorità civile per mesi. Fa di tutto: un prete ci trova il breviario, la bibbia, il messale intero e ogni tipo di preghiera e benedizione. Per molti è il vero “tesoro”, più di Cristo, e guai star senza.

In realtà non ha nulla di demoniaco. È uno strumento straordinario. Sta a noi farne buon uso. Certo: con tanta potenza e ampiezza di funzioni chiede saggezza. Non so quanto sia adatto ai giovanissimi. E qui forse di nuovo chiederei ai genitori almeno la prudenza di conservare i codici di impiego lontano dalla portata dei più piccoli.

don Gianni

Governare il tempo che passa

Inserito il 4 Gennaio 2015 alle ore 12:09 da Plinio Borghi

Governare il tempo che passa dovrebbe essere una tendenza primaria: ne abbiamo talmente poco a disposizione che vale la pena di spenderlo alla grande, di viverlo intensamente, di impiegarlo bene, di investirlo, di trascorrerlo nel migliore dei modi, tenuto sempre presente che un giorno ce ne verrà chiesto conto. Invece, ad un rapido esame, ci accorgiamo che spesso lo sprechiamo, ci scorre sotto i piedi senza che ne abbiamo la percezione, non ce ne avanza mai per allargare la sfera della nostra efficienza, così ne abbiamo poco da mettere a disposizione per gli altri e alla fine non ne usciamo neppure soddisfatti, perché siamo degli eterni scontenti: del lavoro, della società, delle prospettive, degli affetti, ecc.. Forse è fisiologico che tali spunti mi vengano sempre quando un altro anno sta per concludersi e uno nuovo si affaccia pieno, ce lo auguriamo tutti, di prospettive migliori. Poi, trascorso il “cambio della guardia” in assordante frastuono, si realizza che tutto sommato questa “cerimonia” del passaggio non è altro che un fatto puramente convenzionale e tutto rientra nella solita routine, senza che la nostra vita si sia arricchita di uno stimolo in più o di un guizzo di novità incentivante. Eppure le occasioni non mancano e non occorre andarle a cercare chissà dove: basta guardarsi attorno con occhi diversi e aprirsi un po’ di più su noi stessi, in primis, e quindi sulle realtà circostanti; basta uscire da quello status di obnubilamento che ci impigrisce e ci impedisce di vedere e, di conseguenza, di rispondere. Non a caso chi presiede ad attività di qualsiasi natura constata che, se c’è bisogno di una mano, la trovi sempre tra chi ha mille incarichi piuttosto che in chi non ha nulla da fare: quest’ultimi ti rispondono sempre che non hanno tempo. A tal proposito il vangelo di oggi, lo stesso del giorno di Natale, è illuminante e va letto e riletto come un esame di coscienza (un tempo lo si leggeva alla fine di tutte le Messe!): “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” dice il prologo del Vangelo di Giovanni. Significa proprio che fare da spettatori passivi equivale a rimanere al buio: si guarda la luce, ma non la si vede. Preghiamo Maria, festeggiata il 1° dell’anno come Madre di Dio, emblema della pronta accoglienza, affinché ci sproni a rispondere ad ogni richiamo di aiuto come ha fatto lei: “Eccomi!”. Avvertiremo allora che il passare del tempo avrà un altro sapore.

Il primo numero di lettera aperta del 2015

Inserito il 2 Gennaio 2015 alle ore 13:45 da Redazione Carpinetum

Pubblicata lettera aperta del 4/1/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Anno nuovo vita nuova

Inserito il 2 Gennaio 2015 alle ore 12:17 da Don Gianni Antoniazzi

Col sorriso, Papa Francesco ha elencato 15 malattie nella Curia romana. Valgono per ogni attività che si rispetti. Se si legge con umiltà c’è da imparare uno stile nuovo.

Papa Francesco il 22 dicembre, nel discorso per gli auguri natalizi alla Curia romana, ha elencato le quindici «malattie» della Curia stessa. Notiamo gli aspetti più ricchi. Primo: il Papa non tira fuori se stesso dai problemi: grande umiltà! Secondo: non si contrappone il periodo precedente a presunte «nuove ere»: lo sviluppo è in comunione col passato. Terzo: non si esclude che in Curia si possa anche perdere la fede. Quale concretezza! Se tutti fossimo altrettanto disposti a metterci in discussione, in Italia si starebbe davvero molto meglio. Ecco l’elenco delle malattie:
1) La malattia del sentirsi «immortale» o «indispensabile». I cimiteri sono pieni di persone che «pensavano di essere immortali, immuni e indispensabili!». Sarebbe bene visitarli. «Chi non fa autocritica e non si aggiorna è un corpo infermo».
2) L’eccessiva operosità. Gesù «ha chiamato i suoi discepoli a “riposarsi un po’”,  perché trascurare il necessario riposo porta allo stress e all’agitazione».
3) L’impietrimento mentale e spirituale. Talora si diventa “macchine di pratiche” e non uomini di Dio, incapaci di «piangere con coloro che piangono e gioire con coloro che gioiscono!».
4) L’eccessiva pianificazione. Preparare tutto bene è necessario, ma senza mai rinchiudere la libertà dello Spirito Santo.
5) Il mal coordinamento. Se non si sa lavorare insieme si diventa «un’orchestra che produce solo chiasso perché le membra non collaborano».
6) La malattia dell’Alzheimer spirituale è di chi ha «perso la memoria» del Signore e resta legato alle proprie «passioni, capricci e manie». Si finisce prigionieri di se stessi e delle proprie abitudini.
7) La rivalità è un grave contagio e avviene quando le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita.
8) Altra malattia è la schizofrenia esistenziale. È «una doppia vita, frutto di vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare». Colpisce spesso coloro che «perdono il contatto con la realtà, con le persone».
9) Chiacchiere e pettegolezzi. La persona diventa «seminatrice di zizzania» (come satana) e in tanti casi «omicida a sangue freddo» della fama dei propri colleghi e confratelli.
10) «Divinizzare i capi» è la malattia di coloro che «corteggiano i superiori», vittime «del carrierismo e dell’opportunismo».
11) L’indifferenza verso gli altri. «Quando il più esperto non si mette al servizio dei colleghi. Quando si prova gioia nel vedere l’altro cadere invece di rialzarlo».
12) La malattia della faccia funerea. È delle persone «burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia». Sintomo di paura e di insicurezza.
13) La malattia dell’accumulare, «quando si cerca di colmare il vuoto esistenziale accumulando beni materiali, non per necessità, ma per sentirsi al sicuro».
14) Formare circoli chiusi. È la malattia di chi appartiene al gruppetto e non al Corpo di Cristo. Si inizia con buone intenzioni, ma il gruppetto diventa «un cancro».
15) Il profitto mondano, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere e il suo potere in merce per ottenere profitti.

don Gianni

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