Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Il peso del tornaconto fa affondare la nostra barca

Inserito il 22 Aprile 2015 alle ore 19:32 da Don Gianni Antoniazzi

La parrocchia di Carpenedo ha qualche appartamento ove si sforza di ospitare immigrati. C’è una famiglia accolta qui vicino e una a Mogliano. Sono due appartamenti grandi (circa 100 metri quadri) dove alloggiano con i rispettivi genitori 2-3 figli ciascuno. Viste le dimensioni dei locali ad uno ho chiesto di ospitare un lavoratore di Treviso che aveva bisogno di risiedere qui per 6 mesi. Avrebbe versato loro un compenso. All’altro ho chiesto di accogliere un veneziano in difficoltà, con un contributo più modesto per l’ospitalità. In tutti e due i casi, però, la risposta è stata negativa, anche se queste famiglie faticano con le bollette. Pare che una volta accomodati non ci si curi degli altri. Il lettore faccia le proprie considerazioni.

Da parte mia credo manchi la reciprocità. La parrocchia si sforza di fare spazio, ma chi è accolto non sembra disponibile a fare altrettanto. Si guarda troppo in fretta al proprio tornaconto.

LA TRAGEDIA

Ora viene la parte difficile. Siamo disperati per la tragedia dei 700 profughi di sabato notte. La più grande dalla fine dalla guerra. Mi unisco al cordoglio e con queste righe mi impegno ad accogliere anche 30-40 immigrati se serve. Cercherò gli spazi: alle mie condizioni per le regole, gli orari e quant’altro.

Bisogna però riflettere su quel che è successo.

Un barcone di profughi a 70 miglia nord dalla Libia ha lanciato una richiesta di soccorso: “Siamo in navigazione, aiutateci”, ha detto un uomo senza disperazione. È arrivato un mercantile (King Jacob) di 147 metri che negli ultimi giorni aveva già compiuto quattro soccorsi.

Gli scafisti hanno mollato la guida del peschereccio e si sono uniti ai migranti. C’è stato un contatto fra le imbarcazioni, il panico e ciascuno ha cercato di aggrapparsi ai soccorsi per primo, provocando di conseguenza il rovesciamento del peschereccio. I morti sarebbero settecento e più. Nella stiva c’erano centinaia di persone tra cui circa 200 donne e 40 – 50 bambini. Tutti chiusi a chiave perché avevano pagato di meno.

Queste situazioni sono accadute altre volte: per non farsi riconoscere chi guida molla il timone, tutti cercano la barca di soccorso e spesso il peso rovescia il proprio mezzo. Ebbene nella nostra cultura, quando arrivano i soccorsi, prima si pensa ai più deboli e poi a chi è in forze. Nei casi come Schettino c’è la condanna e la galera. Certe tragedie accadono quando ciascuno pensa solo al proprio tornaconto. E dunque: bisognava spendere più soldi in azioni militari o bisogna proporre l’altruismo cristiano?

IL VANGELO

Porto nel cuore il Vangelo. Ad essere sincero nella vita sono io a sentirmi nella barca sconquassata dal mare. Capisco che nel mio caso il Signore mi ha sempre dato aiuto, anche quando, come Pietro, guardavo ai miei interessi. Non mi ha portato una barca: è salito nella mia, ha messo pace e ha condiviso la mia sorte.
Per fede cerco di fare altrettanto e propongo agli altri di dare una mano ai disperati. In queste tragedie abbiamo un responsabilità: per il nostro tornaconto di ricchi soffochiamo paesi già poveri. Siamo noi, col peso dei nostri consumi, ad affondare la barca del loro mondo. Mi pare però che il problema dell’Europa sia solo sui soldi da mettere in campo e sul posto dove “stivare” gli immigrati. Si tralasciano quelle riflessioni che vanno al cuore del problema. Forse la questione sta qui: se mettiamo al centro il tornaconto personale faremo affondare la barca della storia. Quella di tutti. Chi pensa al bene dell’altro fa un cammino più sicuro.

don Gianni

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