Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Un’aria di smobilitazione…

Inserito il 10 Maggio 2015 alle ore 12:07 da Plinio Borghi

Un’aria di smobilitazione e da passaggio del testimone si avverte nella liturgia odierna, dopo un periodo pasquale che possiamo definire speculare alla Quaresima. Non mi riferisco tanto al numero dei giorni che precedono la Pasqua rispetto a quelli che la seguono fino all’Ascensione, quanto al risalto che si dà alla centralità di Gesù, prima in preparazione e in tensione verso il volano della nostra fede, che è la sua resurrezione, poi nella proiezione, per noi essenziale, verso la sua figura. È stato, questo secondo, un susseguirsi di domeniche in cui l’abbiamo contemplato nella sua fulgidezza e nella sua divina misericordia; indi nella sua concreta realtà di Figlio di Dio incarnato e risorto, in adempimento alla promesse di salvezza che il Padre fece ad Adamo e a quanto preconizzato nelle profezie; e ancora nella veste di Buon Pastore, cui siamo tutti affidati; poi nella funzione di vera vite, senza la quale noi tralci saremmo aridi; infine come mandante dell’unico e onnicomprensivo comandamento: amarsi gli uni gli altri come Egli ci ha amato. Ciò avviene solo rimanendo in lui e con lui, seguendo la sua parola e mettendola in pratica, con un solo “limite”: come lui ha fatto con il Padre, arrivando quindi a dare la sua vita per obbedire al suo disegno. Per quante occasioni cogliamo, non arriveremo mai a eguagliarlo, ma questo non è un buon motivo per demordere, perché non verremo mai giudicati dal risultato, bensì dall’impegno profuso: ogni renitenza andrà a nostro discapito. Se Gesù ci ha affrancato da servi e ci ha reso suoi amici, ci spetta fare altrettanto, specie verso chi è più disagiato. Forse non ci sarà richiesta la vita, come recitiamo nella colletta di oggi, ma di dedicarla in parte al riscatto altrui, questo sì e succede ogni giorno: se non sono i poveri sono gli immigrati, se non sono gli anziani o chi fatica a trovare un tetto (ogni riferimento ai centri Don Vecchi non è casuale) sono i terremotati del Nepal, verso i quali urge in questi frangenti il massimo dell’attenzione e della solidarietà. Essere cristiani non è stata una nostra scelta, siamo stati cercati (“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”, dice Gesù nel vangelo di oggi) e per farci riconoscere ci è stato dato un segno distintivo: l’amore, con quel che ne consegue. Senza di esso, siamo nessuno.

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