Aprirsi alla vita…
Inserito il 9 Settembre 2015 alle ore 16:27 da Plinio BorghiNota: a causa di un errore organizzativo, le meditazioni in libertà di domenica 6 settembre 2015 pubblicate in questo blog e nella versione PDF di lettera aperta erano le stesse di domenica 30 agosto. Rimediamo all’errore con questo post e aggiornando la copia del foglio parrocchiale della scorsa settimana, che potete scaricare assieme a quello di questa settimana.
Aprirsi alla vita dovrebbe essere una regola precipua per tutti, giacché siamo stati creati per questo. I figli stessi non ci appartengono: noi siamo solo strumenti per produrli, educarli e consegnarli al mondo e alla loro vita. E invece tendiamo a chiuderci, in noi stessi prima di tutto, a camuffarci, per non mostrarci agli altri come siamo, a costruirci attorno muri su muri, possibilmente invalicabili, dentro dei quali finiamo per essere prigionieri. Perfino con le leggi cerchiamo di consolidare la nostra impenetrabilità e la normativa sulla cosiddetta privacy è una di quelle. Così finiamo per non vedere, non sentire, non parlare per paura di comprometterci, come le famose tre scimmiette, e se fuori aspettano il nostro contributo.. si rivolgano altrove. Il rischio è che, se ci capita di aprire qualche spiraglio, poi lo facciamo verso chi pensiamo possa servirci, tornarci utile, quindi verso colui che conta, il potente, che poi in realtà non ha bisogno di noi, anzi, approfitta della nostra attenzione (o del nostro servilismo) per fregarci meglio. Proprio su questo ci mette in guardia oggi San Giacomo dalla seconda lettura: la vostra fede sia immune da favoritismi personali; e ci richiama che la scelta di Dio è caduta proprio sui poveri, sugli ultimi, sui diseredati, che ha nominato veri eredi del Regno. Siamo in effetti noi i veri smarriti di cuore di cui parla Isaia nella prima lettura, noi che abbiamo tradito il battesimo ricevuto e durante il quale il sacerdote ci ha unto orecchi e bocca perché fossimo aperti alla vita e al mondo, assidui ascoltatori della parola, attenti osservatori della realtà che ci circonda e fedeli trasmettitori della lieta novella. Il Papa ha indetto un anno giubilare straordinario all’insegna della misericordia, termine sintetico dell’esatto opposto in cui di norma amiamo muoverci, e se l’ha fatto non è per rilanciare l’economia della capitale o per stupirci con effetti speciali, bensì per innescare un’inversione di tendenza. Allora rendiamoci conto che siamo sempre noi quel sordomuto che oggi Marco descrive nel vangelo e che viene presentato a Gesù per essere guarito. E il Maestro appronta una gestualità che è poi quella che da sempre si ripete nel rito del battesimo: tocca con la saliva bocca e orecchie (stessa cosa che fece con gli occhi del cieco) e gli dice, ci dice: “Effatà!”, cioè: “Apriti!”. Speriamo di avere fede sufficiente perché produca anche oggi lo stesso effetto di allora.