Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Ascensione o assunzione?

Inserito il 8 Maggio 2016 alle ore 12:02 da Plinio Borghi

Ascensione o assunzione? Sono termini puramente convenzionali, come quello di “scendere” agli inferi o “salire” al Padre (collocazioni “gerarchiche”), usati tanto per rispondere ad altrettante forme convenzionali che noi usiamo per definire in via breve ciò che trattiamo. Tecnicamente siamo circondati dal cielo, sopra e sotto, per cui ogni altra realtà non fisica appartiene a dimensioni diverse che convivono tranquillamente con la nostra. Difatti nessuno dei quattro evangelisti parla di “ascensione al cielo” del Signore. Matteo non ne parla proprio; Marco, al penultimo versetto, dice “fu assunto in” (termine più passivo che attivo); Luca, lo sentiamo oggi, scrive “si staccò da loro e fu portato verso”; Giovanni nemmeno sfiora l’argomento. Anche negli Atti degli Apostoli, il cui capitolo primo è in lettura nella liturgia odierna, si parla prima di assunzione, poi si dice “fu elevato (sempre passivo) in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo”; subito dopo gli angeli, apparsi agli apostoli attoniti a fissare il cielo, ripetono: “Questo Gesù, che è stato tra voi assunto al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo..”. Se ne desume che, nei fatti, il Figlio dell’Uomo si è solo sottratto alla loro vista (la nube), ma non se n’è andato, tanto è vero che le ultime parole del vangelo di Matteo sono: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Poco prima aveva detto: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni … insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Io amo leggere l’Ascensione in questa chiave. A noi il compito di seguire il Maestro dando gambe alla buona novella, affinché arrivi ovunque (e dando il buon esempio, come si diceva un paio di domeniche fa), a Gesù quello da un lato di affiancarci e dall’altro di prepararci il posto al suo banchetto quando anche noi entreremo nella sua dimensione. Certo, ci vuol fede, almeno quanto quel famoso granello di senapa, altrimenti col fischio che compiremo prodigi. Soprattutto la consapevolezza che Lui ci è a fianco e quando non ce la facciamo, come diceva la nota poesia, Lui ci porta in braccio. L’ultimo versetto di Marco ci rassicura: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano”. Gli Atti stesi da Luca descrivono tutto ciò e non si riferiscono a fatti circoscritti nel tempo. Avvengono ancora. Basta darsi da fare e non intiepidirsi.

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