L’attenzione agli altri…
Inserito il 5 Giugno 2016 alle ore 12:03 da Plinio BorghiL’attenzione agli altri, il cosiddetto prossimo (termine a volte troppo generico e che si presta ad essere eluso), è uno dei motivi conduttori intonato ad ogni piè sospinto dal nostro papa Francesco. Poco tempo fa l’ha ben sottolineato disquisendo sull’amore che proviamo e dimostriamo verso gli animali domestici e magari non ci accorgiamo nemmeno del disagio che vive il vicino di casa. Allargando un po’ il discorso, potremmo aggiungere che ci sono tante cose che, pur passandoci sotto il naso, manco ci creano un minimo di preoccupazione. Le stesse notizie tragiche riportate dai quotidiani, se non ci riguardano direttamente, vengono archiviate o, meglio, resettate nel giro di ventiquattr’ore. Se poi ci toccano più da vicino o se i media stessi le mantengono in evidenza, durano qualche altro giorno, ma poi rischiano di destare lo stesso interesse di una soap opera. Stiamo perdendo il senso delle cose, non siamo più capaci di darci una graduatoria di valori. Oggi c’è Gesù che ci richiama, ancora e come sempre, all’ordine mediante l’esempio pratico: si ferma davanti a un funerale che passa, ma non formalmente. Osserva e nota la vedova che piange il figlio morto. Non basta, ha compassione di lei, molta, sottolinea il vangelo. Quante volte ci succede di vedere un funerale che passa! Un tempo almeno ci si toglieva con deferenza il cappello o ci si faceva il segno della croce: era pur sempre un modo per partecipare. Oggi è già molto se ci ricordiamo di averlo visto passare, figurarsi se ci muoviamo a compassione o se azzardiamo una concreta espressione di vero cordoglio. Anche la morte è annoverata in modo asettico fra le cose ricorrenti della vita. Il nostro Maestro, invece, risuscita quel figlio, come già fece il Geremia della prima lettura, soprattutto per dimostrare il livello di coinvolgimento provato: Lui, figlio di Dio ed Egli stesso Dio, origine della vita, esprime così il massimo del suo dolore per quella madre distrutta; a noi sarebbe richiesto un minimo avvicinamento al dolore altrui, meglio se riuscissimo a condividerlo. Ma ci spetta pure riconoscere quanto “vitale” sia aprire il nostro cuore al passaggio di Gesù, riconoscere che solo da Lui deriva quel soffio vitale, non tanto fisico, quanto in grado di rivoltare come un calzino il nostro stato d’animo assopito e insensibile, affinché riviva in noi la solidarietà, che comincia proprio col trattare le angosce degli altri come se ci appartenessero.