I testimoni di Geova
Inserito il 3 Luglio 2016 alle ore 12:19 da Plinio BorghiI testimoni di Geova, che vediamo transitare nelle nostre strade e che suonano con una certa cadenza al campanello della nostra porta, sembra abbiano letto con attenzione il brano del vangelo che la liturgia di oggi ci propone, sebbene nei fatti ne utilizzino solo alcuni aspetti e in termini sostanzialmente distorti. Hanno preso per buono il girare a due a due e l’annuncio del Regno, ma lo fanno con aria di superiorità ed esclusività, non certo come agnelli in mezzo ai lupi; soprattutto, non scacciano demoni e non guariscono ammalati. I discepoli descritti dal vangelo, invece, sono investiti degli stessi poteri del Messia: offrono la pace e se questa non viene accettata se ne vanno (senza tornare ad insistere) scuotendo anche la polvere dai loro calzari. Un piccolo appunto: chi sono i discepoli? Sono quelli che hanno uniformato la loro vita su quella del Maestro, che hanno accettato le condizioni che Gesù poneva domenica scorsa; sono l’Eliseo sul quale Elia getta il suo mantello in segno di trasferimento del potere e di continuità del ruolo. Non sono scolari avulsi o seguaci curiosi ovvero apprendisti del mestiere: hanno fatto propria la vita e la croce dell’Unto di Dio. Per ciò, nella “prova generale” di apostolato alla quale il Salvatore li invia, giunto ormai all’epilogo della sua esperienza terrena, li investe di tutte le sue facoltà, istruendoli pure su questioni di metodo: non portare borsa né bisaccia, non fermarsi per strada, non passare di casa in casa, accettare quello che viene loro offerto da mangiare, prima di tutto curare i malati e poi annunciare che il Regno è vicino. E qui la domanda retorica sorge spontanea: quanti nei secoli seguenti, pur sedicenti discepoli di Cristo, hanno adottato questo comportamento? Se così fosse stato, la politica e la stessa presenza di Papa Francesco sarebbero del tutto superflue. È pur vero che i limiti della nostra umanità ci portano a deviare, se non fosse che qui purtroppo abbiamo invertito del tutto la rotta. Anche i settantadue di allora tornarono alquanto gasati nel constatare in particolare come riuscivano a folgorare i demoni, ma Gesù spegne i loro entusiasmi sbagliati (“el ghe dà ‘na stuada”, si direbbe più efficacemente in veneto): “Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Teniamolo a mente quando siamo tentati, soprattutto nel fare del bene, di gratificarci con momenti di compiacimento.