Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

C’è un po’ di nostalgia…

Inserito il 27 Novembre 2016 alle ore 09:44 da Plinio Borghi

C’è un po’ di nostalgia, mista ad un pizzico di melanconia, ogni qualvolta si chiude un periodo della nostra vita e ne inizia uno nuovo. Almeno, a me dà questa sensazione. Si sa, il tempo macina tutto e il vissuto è quello che è e tale rimane. Voltare l’ultima pagina del vecchio quaderno ed avviare la prima di quello nuovo è un fatto puramente formale, dato che non c’è soluzione di continuità in ciò che si sta scrivendo, però ti viene da impegnarti ad usarlo meglio, a non riempirlo di errori, a dargli un aspetto più ordinato, con una calligrafia più bella. È l’augurio che in buona sostanza ci si fa ad ogni ripartenza. Poi al primo intoppo i buoni propositi vacillano e si riprende la consueta routine di alti e bassi, sempre più fatalisti e rassegnati. Forse è anche per questo che la liturgia ha voluto ribaltare una tendenza comune e porre in apertura del nuovo anno un tempo forte di reale attesa, che ci debba tenere in tensione per rivivere al meglio quella nascita che stravolge la nostra esistenza. Noi cristiani sappiamo che far memoria non significa ricordare, bensì ripercorrere tutte le fasi della nostra salvezza, che includono la grande speranza del ritorno di Gesù nella sua gloria. Lo ripetiamo spesso ed è un grande mistero, ma pure qui non dobbiamo scivolare in un concetto puramente celebrativo, collocando il fatto in termini temporali al momento della resurrezione dei corpi, seguita dal Giudizio universale: è un ritorno già in atto, in progress, come si direbbe scimmiottando termini più correnti. Succede già ora quello che dice il vangelo di oggi e cioè che “due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata”; il busillis sta nel fatto più volte ribadito: che non conosciamo l’ora in cui il Figlio dell’uomo verrà e quindi non possiamo farci cogliere impreparati. Ecco perché c’è un tempo particolare per  una rinfrescata al quadro delle nostre prospettive e per rinfocolare le nostre speranze, speranze che per la nostra fede sono certezze. Come cattolici dobbiamo imparare a tutti i livelli, personali e comunitari, ad “esporci di più alla Parola di Dio”, come diceva il filosofo Mancini su Gente Veneta di due settimane fa, “altrimenti i pur lucidi e avanzati prodotti del Magistero rischiano di restare marginali”. In sostanza è l’invito che ci rivolge anche San Paolo dalla lettera ai Romani della seconda lettura. Rileggiamola con calma, perché è la traccia per vivere in modo produttivo questo Avvento.

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