Il ricorso ai paragoni…
Inserito il 11 Dicembre 2016 alle ore 10:24 da Plinio BorghiIl ricorso ai paragoni è frequente nel nostro linguaggio e, senza che ci accorgiamo, i nostri discorsi ne risultano alquanto infarciti. Di un ladro colto in flagrante, diciamo che “è scappato come una lepre”; chi, poco agile, inciampa “è caduto come un sacco di patate”; se uno si precipita per la fretta “è partito come un razzo” e così via. Spesso i paragoni sono integrati da iperboli: “Io ti voglio un bene grande come una casa”, si diceva da piccoli alla mamma; e se poi si faceva a gara con i fratelli il secondo rilanciava “e io grande come tutta la città”, “e io grande come tutto il mondo”, “e io grande come tutto l’universo”. Proviamo a prestare un po’ di attenzione ai dialoghi e ci renderemo conto che è così. Probabilmente c’è l’esigenza di sottolineature o forse il bisogno di farsi capire bene senza tante perifrasi. Anche Gesù, da uomo, ha questo problema con i suoi, teme che non passi bene il concetto del Regno e pertanto in diverse circostanze si affida a paragoni e similitudini, sovente accompagnate da parabole. Nel vangelo di oggi, poi, dopo aver disquisito per Giovanni e su Giovanni, coglie l’occasione di “divagare”, esaltando il suo precursore, e conclude con un’affermazione di tutto rispetto: “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista”. Frase esaltante, che gli serve però da trampolino per il seguito. Ed ecco il paragone: “Tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”. Non c’è dubbio che pure il più sprovveduto colga di quale bene enorme stia parlando e di come sia ambizioso il piano di salvezza che il Padre ha su di noi, tutti, al punto di mandare il suo stesso Figlio ad annunciarlo. Un altro aspetto balza all’occhio: nel Regno dei cieli non saremo tutti uguali e la nostra grandezza sarà commisurata non all’intelligenza o al titolo di studio o all’importanza della nostra persona in questa vita, bensì ai meriti che avremo accumulato, all’umiltà che avremo esercitato, a quanto saremo riusciti a farci piccoli per capire e mettere in pratica la lieta novella. Un bell’esempio ci è venuto questa settimana nientemeno che da Maria, la quale, nella sua modestia e pur non comprendendo, con tanta disponibilità risponde all’Angelo: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Che l’Avvento ci aiuti a predisporci con analogo atteggiamento, se vogliamo garantirci quella prospettiva incomparabile, che la nascita del Messia rende concreta.