Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

La critica frena le novità

Inserito il 8 Dicembre 2016 alle ore 14:37 da Don Gianni Antoniazzi

Critichiamo quello che non ci piace. Ci aspettiamo qualche novità, ma alla lunga la critica non edifica, anzi deprime chi la riceve e non fa nobile chi la consegna

Nella mia esperienza ho constatato un fatto: come il vento leviga le pietre, così le critiche rovinano le relazioni, in modo lento ma continuo. È vero: il saggio ringrazia per i rimproveri, ma la maggior parte della gente reagisce con rabbia e sensi di colpa. Nell’ultima campagna referendaria, per esempio, c’è è stato un clima tesissimo: a quale risultato ha portato?

Tempo, energie e soldi spesi per nulla. Lo stesso clima si registra dentro la Chiesa Cattolica con asprezza contro il Papa, i vescovi e i preti: basta sfogliare Internet. E così pure nelle nostre parrocchie, tra fratelli, non manca mai l’occasione per creare tensioni. Questo atteggiamento non accelera i cambiamenti, ma rinforza le distanze e finisce per bloccare vita. Meglio trasformare le critiche in proposte costruttive. Per esempio: «Sei sempre occupato e non ti importa di me», può diventare: «ultimamente passiamo poco tempo insieme, manchi…».

don Gianni

Un senso di disagio…

Inserito il 4 Dicembre 2016 alle ore 11:18 da Plinio Borghi

Un senso di disagio, con uno sbiseghesso sotto i piedi, tipo quello che avverti dopo una frenata al limite della collisione, mentre il sangue va in acqua, è quello che mi prende ogni qualvolta affronto il brano del vangelo di oggi. Il contesto, in sé, è quello che conosciamo da sempre in queste circostanze: Giovanni che  nel deserto veste di peli di cammello, mangia locuste e battezza invitando alla conversione. Però ci sono in coda anche farisei e sadducei, ovviamente pieni di riserve mentali, che il Battista intuisce, tanto che li apostrofa come “razza di vipere”. Sapeva evidentemente che il loro gesto era solo “populista”, una sorta di rito per farsi vedere dalla gente e sminuire l’importanza di quel che il precursore del Messia andava predicando. A loro non passava nemmeno per l’anticamera del cervello di abbandonare il riferimento ad Abramo. Ebbene, io mi sento come loro, la mia mente è attratta da ben altri problemi che non quello di far spazio alla venuta del Salvatore; sono fermo nei miei principi, legato alle mie impostazioni, poco aperto al contributo altrui. Il mio cuore a parole dice che è ansioso di accogliere, di fatto è gretto e quando si tratta di tradurre nei fatti la vera accoglienza, tenuto conto che Gesù è nel povero, nell’emarginato, nell’immigrato che bussa, l’istinto è di svicolare, perché l’impatto è con realtà scomode. E se non ci riesco, assumo un atteggiamento esteriore di circostanza, che non corrisponde per niente al mio stato d’animo reale. Ecco perché sentire quella voce che grida nel deserto mi provoca un fastidio da matti, specie se mi sgama e mi avverte che la scure è pronta alle radici del mio albero, se questi non dà frutti “degni di conversione”. Mi sento in pericolo come uno aggrappato ad un appiglio precario che ha il vuoto sotto pronto ad ingoiarlo. Potrò resistere? So che là non posso barare e che detta forza mi arriverà solo se saprò convertirmi sul serio. So che se sarò disposto ad essere battezzato in Spirito Santo e fuoco nessun baratro potrà farmi paura e men che meno avermi. So anche però che, se non sarò pronto a questo, lo stesso fuoco mi brucerà in modo inestinguibile, perché sarò solo pula, che il ventilabro avrà separato dal grano buono. La Giustizia divina non si fa ingannare dalle apparenze, dice la prima lettura. Sarà bene pertanto che approfitti dell’Avvento per fare una profonda riflessione, iniziare una bella revisione e darmi un radicale rimediata.

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