Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Tirare Dio per la giacchetta…

Inserito il 22 Ottobre 2017 alle ore 08:06 da Plinio Borghi

Tirare Dio per la giacchetta è il primo gradino del soggettivismo, cui si arriva proprio attraverso il tentativo di creare Dio a nostra immagine e somiglianza, dimenticando o fingendo di dimenticare che tutto era caso mai iniziato all’inverso. Senza farlo apposta, a mano a mano che l’uomo ha invertito la logica di partenza mettendo al centro sé stesso e le proprie esigenze, incurante di allinearsi al progetto che il Padre aveva ed ha su di lui, ha di fatto aperto la strada ai detrattori di un Creatore, agli gnostici, agli atei, all’insinuazione che qualsiasi divinità è pura invenzione dell’uomo, il quale ha un bisogno fisico e psicologico di qualcosa di trascendentale. Bel servizio, eccellente, non c’è che dire! La scena che il Vangelo ci descrive oggi, arcinota a tutti tanto da far assurgere a livello di motto comune la famosa frase “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, è emblematica di come si arrivi a tentare d’ingannare il Signore per portar acqua al proprio mulino. Si sa che il Messia che doveva venire era visto come un liberatore del popolo eletto, allora soggiogato dai Romani, e che sacerdoti e farisei non avevano né il coraggio né l’interesse di fare i capi popolo contro l’oppressore. Di contro gli zeloti rimasero delusi da un Gesù che apparentemente predicava un atteggiamento remissivo. Insomma questo Maestro aveva deluso tutti e quindi cercare di farlo cadere in contraddizione perché fosse tolto di mezzo era diventato lo sport preferito. Gesù, come al solito, non si lascia prendere per il naso: “Ipocriti, perché mi tentate?”. In sostanza, avete accettato di servirvi di quella moneta con l’effige di Cesare e allora gli pagate anche le tasse, ma senza sottrarre il dovuto a Dio. Ci sono due implicanze in questa risposta: la prima è che il cristiano non può sottrarsi agli obblighi che l’ordinamento sociale in cui vive gli impongono (vox populi vox Dei); la seconda è che nulla può giustificare un comportamento elusivo dell’attenzione dell’uomo al progetto che Dio ha su di lui. Ovvio che non è facile pensare con la “testa” di Dio (a volte nemmeno con la nostra!), altrimenti non saremmo qui a ragionarci, e per farlo il primo atteggiamento è quello di farsi guidare da Lui, come recitiamo nella Colletta. Dio può servirsi di tutto e di tutti. Ciro il Grande, che non lo conosceva affatto, è pur stato un suo strumento per la liberazione del suo popolo, come ci illustra la prima lettura. Smettiamola allora di fare i furbi con Lui.

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