Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Lettera aperta dell’8 aprile 2018

Inserito il 4 Aprile 2018 alle ore 19:06 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta dell’8/4/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Siamo del tutto felici?

Inserito il 4 Aprile 2018 alle ore 18:17 da Don Gianni Antoniazzi

La Pasqua c’è stata. Risuona ancora l’acclamazione del Vangelo, il suono delle campane e
il canto gioioso dell’assemblea alla veglia. Adesso però chiediamoci cosa portiamo in cuore.

Quest’epoca professa il diritto ad essere felici, eppure mai la società occidentale è stata così triste come in questo momento. Ce lo confermano i nostri missionari: quando tornano a casa dicono che siamo vecchi, tristi e stanchi.

In effetti siamo gente che cerca la felicità, ma non sa riconoscerla. Herman Hesse scriveva: quando dai la caccia alla felicità non sei maturo per essere contento. È vero, perché non si apprezza quello si possiede. Succede allora che “riconosciamo la felicità solo dal rumore che fa andandosene” (Jacques Prévert). Bisogna imparare ad apprezzare quello che c’è: la primavera, l’affetto sincero di un amico, la vita ricevuta in dono, la situazione di pace che ci circonda. Per noi cristiani, poi, c’è la speranza certa che la morte è solo un passaggio al giorno senza tramonto.

Va anche detto che non si può essere felici da soli. La gioia o è condivisa oppure è nulla. E non può esserlo a scapito di altri perché “non c’è reale progresso se non è di tutti” (A. Einstein). La nostra gioia non è poi un diritto che altri debbano concederci, ma un compito che noi dobbiamo realizzare: saremo contenti quando faremo felici gli altri.

La vita è bella, titolava il film di Roberto Benigni, dove il protagonista aveva scelto di dare tutto per la famiglia. Ecco spiegata la proposta del Vangelo: finchè terremo conto di noi soltanto sarà un inferno, e pienamente meritato, aggiungo io.

don Gianni

“Vogliamo vedere Gesù”

Inserito il 1 Aprile 2018 alle ore 10:01 da Plinio Borghi

“Vogliamo vedere Gesù” disse un gruppo di greci a Filippo nel vangelo in lettura la quinta di Quaresima. Pura curiosità fisica, evidentemente, per constatare chi fosse quell’uomo con idee così distanti dalle loro eppure con tanto seguito. Se ci ricordiamo bene, il Maestro non li accontentò, ma approfittò della richiesta per richiamare gli astanti sulla sua glorificazione e su come si sarebbe verificata (il seme che deve morire per far frutto, l’elevazione da terra per attirare a sé l’attenzione di tutti). Il Messia, il nostro Salvatore non è venuto per farsi vedere, ma per farsi conoscere, per farsi capire e per indicarci la strada sicura della nostra salvezza. Una strada che non sarà diversa da quella percorsa da lui, perché anche noi facciamo parte dello stesso disegno del Padre, anche a noi spetta di fare non la nostra, ma la Sua volontà, come Gesù stesso ha proclamato nell’orto degli ulivi subito dopo aver supplicato che gli fosse allontanato il calice amaro che si apprestava a bere; anche noi siamo seme che deve morire se vogliamo portare frutto, ma la ricompensa non avrà limiti. Oggi siamo all’epilogo del processo di salvezza, oggi abbiamo la prova della vittoria sulla morte, ma attenzione: la resurrezione è solo la “ratifica” di una fede già esistente (“costui è veramente il Figlio di Dio” il centurione l’ha pronunciato prima, a prescindere dai fatti successivi), fondata sulla lieta novella che ci è stata annunciata. L’approccio alla Resurrezione non può avvenire se prima tutta la nostra vita non si è conformata in quella direzione. In seguito, la venuta dello Spirito Santo non sarà per aprirci gli occhi sulla Resurrezione, bensì per aprire la mente alla comprensione di tutto il messaggio, sul quale l’Unto dal Signore ha costruito il processo di salvezza e che fu causa della sua stessa morte, conseguente alle insopportabili contraddizioni che ha messo a nudo. Chi ha aderito alla nostra fede, anche solo a livello ideologico come Gandhi, non l’ha fatto per la Resurrezione in sé, ma per il contenuto e la bellezza del messaggio che l’ha preceduta. Certo, tutto sarebbe stato vano se non fosse intervenuto il trionfo sulla morte, ma è Cristo che si è giocato tutto su questo e ovviamente perché conosceva la nostra labilità, non solo, ma proprio per offrire una prospettiva impareggiabile di vita eterna: sapere di risorgere tutti in Lui non è stimolo da poco per le nostre aspettative. Perciò, ora, basta dubbi e sia per tutti una BUONA PASQUA!

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