Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Perché occorre tanto soffrire?

Inserito il 16 Settembre 2018 alle ore 10:01 da Plinio Borghi

Perché occorre tanto soffrire? La domanda sembra un po’ retorica, dati i motivi che stanno a monte dell’avventura terrena dell’uomo. Non lo è però più di tanto, se si guarda a quanta sofferenza ci attanaglia. Non bastassero malattie, guerre e conflittualità varie, che spingono milioni di persone ad abbandonare terre natie e affetti, si aggiunge anche il disagio sociale, frutto di squilibrio personale, di incapacità di affrontare le avversità, di naufragio anche delle minime aspettative, di insufficienti rapporti con gli altri. Fatto un rapido conto, sembra che di persone soddisfatte e felici ne rimangano ben poche. Una volta si abbinava questo status alla ricchezza (i soldi non fanno la felicità, si diceva ironicamente, ma aiutano) e al benessere (basta la salute..), ma oggi si constata che proprio in quelle condizioni e nei popoli più evoluti i suicidi prevalgono: probabilmente ai valori più veri e concreti si sovrappongono riferimenti fasulli ed effimeri, che i meno abbienti non si possono permettere. A leggere i passi che la liturgia ci propone oggi, poi, non è che ci sia tanto da stare allegri: soffrire sembra la normalità. Nella prima lettura Isaia ne subisce di tutti i colori e nel vangelo Gesù è perentorio: “Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” e non prima di aver affermato che “il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso..”. Non male come prospettiva, se si considera che è venuto per prendere su di sé, lui giusto, tutte le nefandezze degli uomini. Qui allora è opportuna una riflessione: non è vero che Dio ci vuole sofferenti e continuamente alla deriva, altrimenti poteva anche risparmiarsi tutto il progetto di salvezza e il sacrificio di suo figlio. La sofferenza fisica è nella natura delle cose e l’altra dipende dalla nostra debolezza umana. Egli ha voluto riscattarle entrambe offrendo il suo appoggio, col quale tutto si supera o si sublima. Isaia non si è sottratto ai suoi persecutori, anzi, si è offerto loro e li ha sfidati: “Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?”. Anche la croce di Gesù si riferisce alla vita ordinaria del cristiano, ma non fine a sé stessa: “Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà”. Far acquistare alla sofferenza una prospettiva diversa la attenua, la alleggerisce, la trasforma in gioia.

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