Una preghiera più calda
Inserito il 21 Novembre 2018 alle ore 18:55 da Don Gianni AntoniazziCon tutta probabilità cambia la preghiera del Padre nostro: non diremo più “non ci indurre in tentazione” ma non ci “abbandonare alla tentazione”. Un po’ di fatica ma ne vale la pena.
Il Padre nostro non è un’esortazione perché Dio ci ubbidisca, ma fa memoria di quel che Dio già compie per noi. È una preghiera memorativa. Agostino, padre della Chiesa del IV secolo, ripeteva poi che il testo è problematico e richiede una riflessione profonda. Quando però si ama una persona non è difficile capirsi. Anche i passaggi più faticosi diventano chiari. Quando invece il cuore è lontano dall’altro si litiga su tutto, anche sulle frasi più banali.
La preghiera del Padre Nostro diventa chiara quando si ama il Gesù dei Vangeli. Quanto invece alla traduzione, è un altro paio di maniche: non è facile tradurre il testo originale nella nostra lingua. Da una parte le parole del Padre Nostro sono molto ricche, dall’altra la lingua italiana è viva e cambia col tempo. Per anni abbiamo detto “non ci indurre in tentazione”. Qualcuno avrà pensato: «Può Dio Padre “indurci” in tentazione? Può ingannare i suoi figli?» Certo che no. E per questo, anni fa, la conferenza episcopale ha trovato più opportuna la traduzione: «Non abbandonarci alla tentazione». È una traduzione più dolce e simpatica. Non è però una concessione al politicamente corretto. È un modo legittimo di tradurre il senso del testo. Sarà la nostra nuova formula e col tempo ci abitueremo a pronunciarla, perché anche l’orecchio con i suoi suoni avrà bisogno di educarsi.
Per una volta scrivo il testo: καὶ {e} μὴ {non} εἰσενέγκῃς {esporre o abbandonare} ἡμᾶς {noi} εἰς {alla} πειρασμόν {tentazione o prova}, ma qui non sto a fare grammatica. Si sappia che se anche uno continuasse a dire la vecchia formula non pecca di certo, anzi.
don Gianni