Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

“Non avete nulla da mangiare?”

Inserito il 5 Maggio 2019 alle ore 08:09 da Plinio Borghi

“Non avete nulla da mangiare?” È la domanda che il Risorto rivolge agli apostoli di ritorno dall’ennesima pesca inconcludente. Il seguito è descritto nel vangelo di oggi ed è noto: rigetteranno le reti, ci sarà ancora una pescata miracolosa, finalmente riconosceranno il loro Maestro nello “sconosciuto” che grida dalla riva, mangeranno insieme pesce arrostito e avranno l’ennesima prova che il Salvatore è realmente risorto col suo corpo; Pietro riceverà col “pasci i miei agnelli” e “pasci le mie pecorelle” il primato di pastore della nuova Chiesa. Tuttavia, a me piace soffermarmi di più sul significato allegorico e sul tono della domanda iniziale. Quante volte ce la sentiamo in qualche modo rivolgere ogni giorno! Da chi bussa alla porta a chi ti chiede l’elemosina fuori dal supermercato, da chi cerca un posto di lavoro con una famiglia da sfamare alle spalle a chi scappa da miseria o guerre in cerca di sopravvivenza e di pace, da chi si accontenterebbe di un po’ di cibo spirituale come un sorriso o un minimo di consolazione per le pene che sta attraversando. Ho citato solo alcuni casi estremi, ma la platea dei bisogni include anche tante altre situazioni intermedie che spesso ci sfuggono e che magari si risolvono con un po’ di collaborazione o di solidarietà. La domanda però va oltre e potrebbe essere ribaltata e rivolta da chi ha verso chi non ha. Sovente non tutti quelli che si trovano in stato di necessità hanno la forza o il coraggio di farsi avanti ed ottenere l’aiuto che gli spetta o che potrebbero conseguire. A chi di dovere, cioè a tutti noi, deputati o meno a farlo, spetta l’obbligo professionale o morale di cercarli e di scovarli: “Figlioli, non avete nulla da mangiare? Venite, siamo qui ad indicarvi le strade opportune per risolvere i vostri problemi, per darvi una mano. Non abbiate paura”. Due toni diversi che racchiudono tutto il nostro modo di essere cristiani. In entrambi i casi, i protagonisti sono gli stessi e in tutti loro si nasconde un solo volto, quello di Gesù. Nemmeno Lui era stato riconosciuto dai suoi, in un primo momento, ma poi “il discepolo che lui amava” (Giovanni) lo gridò a Pietro: “è il Signore!”. Sembra la rappresentazione pratica di quello che il Messia ci ha comandato: riconoscere (altro verbo da usare nella doppia valenza, passiva e attiva) in ognuno dei diseredati il Signore. Se non ci viene spontaneo farlo per amore, facciamolo almeno per convenienza: è su questo che alla fine saremo giudicati.

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