Il Redentore: rischiare per crescere
Inserito il 18 Luglio 2019 alle ore 10:28 da Don Gianni AntoniazziPer secoli pur di tenere aperti i commerci la Serenissima si è esposta al rischio della peste Chi invece desidera essere sempre garantito e non si gioca, è destinato a spegnere la vita
Il morbo Yersinia Pestis fu riconosciuto e isolato nel 1894. Quando Venezia affrontò la peste del Redentore, nel 1575, la chiamavano semplicemente “morte nera”. Il suo effetto era fulmineo: si pranzava con i vivi e si cenava con i morti.
Venezia sapeva che viaggiando fra i porti del Mediterraneo era facile portare in città la malattia sconosciuta. In precedenza c’erano stati almeno due casi: nel 1348 giunsero in laguna equipaggi mercantili fuggiti da Caffa, morirono 37 mila abitanti su una popolazione di 110 mila. Un fatto analogo avvenne, poi, nel 1478. In quell’occasione Venezia creò il primo ospedale pubblico, il Lazzaretto Vecchio dove venivano portati i malati. Ci fu poi il Lazzaretto Nuovo, dove veniva condotto chi era stato a contatto con persone malate. C’erano isole adibite alla sepoltura e roghi accesi per purificare l’aria. Alcune zone cittadine venivano chiuse e le case sospette murate.
Tuttavia, la città capiva che, chiusi i commerci, per lei non ci sarebbe stato un futuro. Così, passato il pericolo, il Senato prevedeva sgravi fiscali per rilanciare i traffici, intimava gli ufficiali pubblici a riprendere il servizio, incoraggiava l’immigrazione, ripristinava processioni e feste per dimostrare che il morbo era sconfitto.
Nel 1575, Venezia stava perdendo ingenti guadagni: i commerci più preziosi si erano spostati dal Mediterraneo all’Atlantico, e la città, che già aveva perduto Cipro, non voleva chiudersi ulteriormente. La peste arrivò questa volta via terra, da Trento, ed era di origine turco-ungherese.
Venezia capiva che il rischio del contagio era il prezzo da pagare per continuare a vivere. Così morirono in 50 mila su 180 mila abitanti. Fu una scelta legata alla cupidigia del denaro o al desiderio di pensare al futuro? Non è facile rispondere.
Di fatto oggi, in materia di salute e di sicurezza, siamo diventati così sensibili da bloccarci di fronte a qualsiasi difficoltà. Di questo passo siamo destinati a trasformarci in cadaveri viventi.
don Gianni