Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

“La carità non abbia finzioni”

Inserito il 22 Agosto 2019 alle ore 16:37 da Don Gianni Antoniazzi

Sono parole testuali di Paolo ai cristiani di Roma (12,9). Ogni tanto è necessario ricordare la carità evangelica a chi si dice cristiano, libero da precomprensioni e, soprattutto, da ideologie politiche

Sora è un comune negli Appennini fra Roma e Napoli. Lì c’è un parroco definito “leghista”, don Donato Piacentini. Il 16 agosto, in occasione di San Rocco, ha predicato che non serve l’accoglienza agli immigrati, ma il servizio agli Italiani in difficoltà (vedi nota*). Ne è nata una polemica. Giustamente, il vescovo, monsignor Gerardo Antonazzo, ha preso le distanze: “la scelta della diocesi – ha ricordato – è l’accoglienza e qualunque pensiero contrario … si deve addebitare esclusivamente a discutibili scelte personali”.

Ascoltiamo il Vangelo. “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero straniero e mi avete ospitato” (Mt 25). Più chiaro di così! L’accoglienza è per Cristo stesso. Gesù, poi, conosce la natura umana. Sa che essa è miope, ed è più facile voler bene ai lontani che ai vicini. Per questo comanda una carità a partire da chi è prossimo (Mt 22,37): il coniuge, i famigliari, i colleghi e gli amici. Saltare questo passaggio falsifica quelli seguenti. Nella misura in cui i lontani diventano famigliari, subirebbero anch’essi un rifiuto. L’amore che inizia dal vicino, se è sano, non si chiude però in un rapporto a due. Esso si apre ad una vita più ampia: se non si accolgono le persone vicine si finisce per rifiutare il “lontano” che sta in chi amiamo e anche in noi stessi. Talvolta le distanze e i conflitti più gravi si creano fra le pareti famigliari e nella propria vita personale (Gen 2-3). Infine, la carità diventa tale quando, lasciato il piano del linguaggio, degli annunci e delle ideologie, si passa a quello della vita.

Non “chi dice” ma “chi fa” entrerà il regno dei cieli. Saggio è colui che ascolta e mette in pratica; gli altri sono case sulla sabbia. Tante parole sui social partoriscono vento: sono finzione e pretesti elettorali. Quando poi la carità diventa concreta risponde in modo diverso alle differenti necessità. In ospedale c’è una risposta distinta a seconda delle malattie e, allo stesso modo, la carità non è un protocollo sempre uguale: ogni volta ci si china sul fratello, lì dove esso si trova. Per questo è sottoposta al criterio del finito: non adempie alle infinite esigenze della storia, ma soltanto a qualcuna. Chi aiuta un figlio in difficoltà può essere criticato perché non ha fatto altrettanto per gli altri. Ma chi critica soltanto merita le parole di Dante: “non ti curar di lor, ma guarda e passa” (Inf. III, 51).

don Gianni

(*) Citazione delle parole di don Donato Piacentini: «Quanti anziani abbandonati, quante persone hanno bisogno della nostra vita, hanno bisogno di un sorriso e di una luce per dissipare le tenebre di giornate cupe che non finiscono mai. Dove sono gli uomini che se ne fanno carico? Non voglio essere polemico, ma non sono sulle navi che si vanno a soccorrere persone che hanno telefonini, oppure catenine d’oro, catene al collo, e dicono che vengono dalle persecuzioni. Quali persecuzioni? Guardiamoci intorno, guardiamo la nostra città, guardiamo la nostra patria, guardiamo le persone che ci sono accanto. E io quante ne conosco».

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